In Brasile le conseguenze di questa “nuova peste” sono terribili, soprattutto per i neonati delle famiglie più umili, che non hanno a disposizione né fognature degne di questo nome né i soldi per potersi comprare spray insetticidi i cui prezzi sono raddoppiati
Si chiama zika virus e da qualche settimana non si fa che parlare di questo nei quartieri più poveri delle principali città brasiliane, le favelas o come le chiamano alcuni ritenendolo più politicamente corretto, le comunidades. Già perché se è vero che da decenni chi vive in queste zone sovrappopolate di Rio de Janeiro, Recife, Fortaleza o Bahia è già abituato alla dengue, le conseguenze di questa “nuova peste” sono terribili, soprattutto per i neonati delle famiglie più umili, che non hanno a disposizione né fognature degne di questo nome né i soldi per potersi comprare spray insetticidi i cui prezzi sono raddoppiati da quando è stata diffusa l’emergenza dai media locali.
La zanzara vettore sia dello zika e della dengue – che è poi la stessa che trasmette anche la febbre gialla e la febbre chikungunya – si chiama Aedes aegypti e, in Brasile, si sta diffondendo da trent’anni con rapidità anche a causa dello scarso interesse dimostrato dai governi del Paese del samba.
Si riproduce nell’acqua stagnante e vicino ai rifiuti umidi e, anche per questo motivo, la maggior parte delle vittime sono i poveri che vivono in favela dove, oltre a non esserci fognature, la raccolta dell’immondizia non è quasi mai assicurata da uno stato drammaticamente assente.
Tanto per capirci, solo nel 2015 sono stati infettati da una delle 4 varianti di dengue (la più pericolosa è l’emorragica), ben 1,6 milioni di brasiliani, un triste record, uccidendone ufficialmente 863. Nessuno ha però lanciato gli allarmi né intrapreso le disinfestazioni su vasta scala come sta accadendo in questi giorni, dopo il diffondersi rapidissimo dello zika.
Al momento sono già 1,2 milioni i brasiliani infettati da questo virus e la paura è davvero tanta perché, pur essendo nel 25% dei casi asintomatico, zika causa nelle donne incinta la microcefalia per il feto e negli adulti la rara sindrome di Guillán-Barré che porta alla paralisi ed in certi casi alla morte.
Soprattutto nel Pernambuco, regione del nord-est tra le più povere, i bambini nati con il cranio sottosviluppato da ottobre 2015 ad oggi sono già oltre mille, con un incremento del 5000% rispetto a 12 mesi prima, mentre in tutto il Brasile negli ultimi 3 mesi i piccoli microcefali sono già quasi 5mila, un’enormità rispetto ai 200 di tutto il 2014.
Secondo l’infettologo Artur Timerman, presidente della Società brasiliana della dengue, “il Brasile non è pronto ad affrontare lo zika virus, così come non lo è stato prima con la dengue né la febbre chikungunya”, potenzialmente pericolosissima se trascurata. Il motivo è semplice: “manca un comando ed il rischio è che il Paese debba affrontare una triplice epidemia, senza precedenti e dalle conseguenze imprevedibili. Non conosciamo infatti – spiega Timerman – come un virus interagisca con l’altro, né gli effetti di essere infettati in sequenza”.
La situazione è davvero drammatica e la paura ed il timore degli esperti è che entro il 2020 oltre 100mila bambini brasiliani possano essere colpiti da questa gravissima malformazione che causa ritardi gravissimi sia di parola che nella locomozione.
“Il governo brasiliano ha perso almeno otto mesi preziosi” denunciano gli esperti mentre per il vaccino, dicono, nella migliore delle ipotesi, ci vorranno ancora almeno cinque anni, davvero troppi.
Settimana scorsa, intanto, nello stato del Rio Grande do Norte c’è stata la prima vittima da zika virus e l’OMS, l’Organizzazione mondiale della sanità, dopo avere lanciato l’allarme globale ha inviato nei giorni scorsi nel Paese sudamericano la stessa task force dell’Institut Pasteur del Senegal con cui aveva già fronteggiato la pandemia dell’ebola.
Per questo motivo i principali Paesi al mondo, compresa l’Italia, sconsigliano alle donne incinte di viaggiare in questo momento nel Paese del samba, mentre le compagnie aeree statunitensi American Airlines e United Airlines hanno già garantito il rimborso del biglietto a chi, in questo periodo, doveva volare in Brasile.
Carnevale dunque “a rischio” ma la maggior preoccupazione è quella delle atlete che, il prossimo agosto, devono partecipare alle Olimpiadi di Rio. La delegazione dell’Australia ha già fatto sapere che lascerà libere nella scelta se parteciparvi o meno quelle atlete che hanno in programma di diventare mamme, una volta conclusa la carriera agonistica. Non è escluso che anche altre delegazioni seguano l’esempio “aussie” perché, sia chiaro, non c’è nessuna medaglia olimpica che valga la salute di un figlio.