La primavera cristiana del Nepal

La primavera cristiana del Nepal

Nelle aree più periferiche del Paese crescono conversioni e battesimi, soprattutto tra le popolazioni tribali di etnia Tamang. Anche se il tema delle conversioni dall’induismo resta una questione scottante

 

Le elezioni parlamentari di fine novembre e inizio dicembre che in Nepal hanno dato la vittoria a una coalizione di partiti di area marxista – gli stessi che avevano guidato la guerriglia per un decennio fino al 2006 – difficilmente aprirà una nuova era di stabilità e benessere nel paese himalayano. La litigiosità della classe politica e un voto popolare procrastinato per oltre un decennio hanno resto ancora più difficoltoso il cammino dei nepalesi, associato di recente alle conseguenze del doppio, devastante, sisma dell’aprile 2015 e del maggio successivo. Sicuramente non hanno favorito coesione nazionale e decentralizzazione amministrativa, lasciando il Paese e i suoi quasi 30 milioni di abitanti in balia di tensioni etniche e religiose cavalcate in modo spregiudicato dalla politica. Anche con un ruolo dei potenti vicini, Cina e India che si contendono su basi ideologiche e commerciali il controllo di questo Stato che non ha altri confini e non ha sbocco al mare.

La persistenza di interessi, tradizioni e prevaricazioni antichi spiegano anche come il Nepal – che all’apparenza è andato modernizzandosi – almeno nelle aree urbane resti chiuso nella sua identità induista, costringendo le fedi minoritarie a una subalternità di fatto.

Secondo il censimento del 2011, i cristiani nepalesi erano allora 380mila. Tuttavia, i leader cristiani parlano di un dato assai diverso, fino a tre milioni di battezzati. Una discrepanza numerica che deriva dall’obbligo di dichiarare nel censimento la fede della famiglia di origine, e non di quella individuale. In ogni caso, la proliferazione di iniziative religiose e assistenziali di matrice cristiana accompagnano una crescita di conversioni e di battesimi che riguarda, non a caso, soprattutto le aree meno favorite del Paese, spesso anche le più isolate. Come la valle di Lapa, nell’Ovest del Paese, dove i nepalesi – qui in maggioranza di etnia Tamang – accolgono favorevolmente il Vangelo al punto che intere comunità sono ora a predominanza cristiana. È una crescita dovuta, per la verità, più all’azione dei missionari evangelici che della Chiesa cattolica. Anche per una maggiore spregiudicatezza nel proporre attraverso l’adesione alla fede cristiana un’alternativa alla condizione di dipendenza e sovente di povertà estrema a cui gruppi etnici o castali sono costretti nella società indù locale.

Se la nuova Costituzione non indica alcuna religione di Stato, le conversioni dall’induismo restano comunque una questione scottante e le leggi – sia quelle in vigore, sia il nuovo Codice penale in via di definizione – ribadiscono l’illegalità di iniziative di proselitismo, con pene carcerarie previste fino a cinque anni e la successiva espulsione per stranieri condannati per questo reato.