Il superiore regionale del Pime padre Vijay Kumar Rayarala sulla peggiore alluvione degli ultimi 100 anni nella parte meridionale del Paese: «Abbiamo visto i militari realizzare persino ponti umani per mettere in salvo donne e bambini»
Quattrocento morti, migliaia di dispersi, quasi un milione di sfollati: questo il drammatico bilancio, non ancora definitivo, delle alluvioni che hanno colpito lo stato indiano del Kerala. Sono centinaia i villaggi sommersi, i soccorsi lavorano da giorni senza sosta per raggiungere le persone ancora isolate, e bloccate sui tetti delle abitazioni per sfuggire alle inondazioni.
Per gli esperti quella che sta colpendo il sud dell’India è la peggior stagione monsonica degli ultimi 100 anni: nelle sole due ultime settimane le precipitazioni registrate sono state superiori del 250% rispetto agli standard degli anni scorsi.
«Tutto il Paese sta seguendo questo dramma – racconta da Eluru, nello stato meridionale dell’Andhra Pradesh, padre Vijay Kumar Rayarala, missionario del Pime e superiore regionale per l’India -. Governo, società civile, e anche la Chiesa locale, dalla Conferenza episcopale alla Caritas indiana: tutti si stanno muovendo per far fronte alle emergenze. Ovunque si organizzano raccolte di cibo e medicinali da inviare nelle zone colpite».
La priorità dei soccorritori al momento è ancora quella di salvare soprattutto chi si trova in pericolo, con gli elicotteri che fanno continuamente la spola per mettere in salvo la popolazione in pericolo. «Anche l’esercito è impegnato in prima linea nei soccorsi. Abbiamo visto i militari realizzare persino ponti umani per mettere in salvo donne e bambini, che hanno camminato sulle loro spalle», racconta ancora padre Vijay.
Finora più di 23mila persone sono state tratte in salvo; sono stati attivati oltre 5000 rifugi per i sopravvissuti e gli sfollati. La situazione è grave: secondo le autorità locali, almeno 83 mila chilometri di strade sono sommerse e inutilizzabili. Decine di migliaia le case andate distrutte, così come più di 40mila di ettari di campi coltivati. Impossibile per ora fare un bilancio dei danni, mentre è già iniziata la corsa contro il tempo per scongiurare il rischio di possibili epidemie, anche a causa della mancanza di acqua potabile.