Dagli slum di Phnom Penh a un’abitazione dignitosa. è il progetto di social housing realizzato dall’Officina di Enrico con il sostegno della Fondazione Pime Onlus. Un’inedita forma di solidarietà che interpella anche i nostri stili di vita e di investimento
Tutto è nato, come spesso accade in queste situazioni, quasi per gioco. L’idea è venuta una sera a cena: era l’anno 2012 e un gruppo di amici dell’Officina di Enrico Onlus, associazione di Cinisello Balsamo (Mi) che si occupa di missione e cultura, era in Cambogia in visita a padre Mario Ghezzi, missionario del Pime originario pure lui di Cinisello. Due settimane a contatto con la realtà di Phnom Penh, la capitale cambogiana, e nei villaggi circostanti: due settimane intense, fatte di condivisione, preghiera, incontro e ascolto. Al termine, è nato l’embrione di questo progetto: «Dobbiamo fare qualcosa. Ma davvero!», si erano detti i cinisellesi al rientro in Italia. Il gruppo aveva condiviso parecchio tempo con alcune famiglie e giovani coppie del capoluogo cambogiano. «Una delle cose che ci colpì maggiormente – raccontano – era la difficoltà a costruirsi un futuro. Questi giovani, in molti casi, lavoravano e avevano il desiderio di potersi comprare una casa per mettere le basi per il loro avvenire: un luogo dove far crescere i figli e dove vivere con la propria famiglia». Questi sogni, però, si scontravano con ostacoli quasi insormontabili: «Comprare una casa era pressoché impossibile. Le banche chiedevano un acconto in media del 20% del valore dell’immobile e interessi mensili a doppia cifra. Una situazione che costringeva molte famiglie a restare dove erano, spesso in vecchie baracche ai margini della città, nelle periferie più estreme, in situazioni pesanti di degrado ed estrema povertà».
Da qui è nata l’idea del progetto “Un mattone per la Cambogia”, un’iniziativa di social housing che l’Officina di Enrico ha aperto non solo ai propri associati, ma a tutta la città di Cinisello Balsamo nonché ad amici e conoscenti. La onlus ha raccolto un nutrito gruppo di finanziatori – tra cui la Fondazione Pime Onlus – che hanno creduto nel progetto e, invece di investire i propri soldi nelle più tradizionali operazioni bancarie e finanziarie, hanno messo parte dei propri risparmi in un fondo “etico”. Questo era collegato a una società finanziaria in Cambogia che si occupa di erogare i mutui sul posto. «Le famiglie – raccontano i responsabili dell’Officina – sono state scelte insieme ai missionari, non solo tra quelle cattoliche. I criteri di cui si è tenuto conto erano legati alla possibilità di sostenere il mutuo a tasso agevolato, ottenuto attraverso questa operazione». Dal canto loro, i finanziatori italiani si sono associati alla onlus e hanno prestato un capitale sociale, pari a mille o più euro, per un periodo di 15 anni, con vincolo per i primi cinque. Sono stati erogati mutui a 9 famiglie cambogiane, con tassi che si aggirano attorno al 6% e rate mensili di circa 200 dollari. I soldi, appunto, sono stati trasferiti a una finanziaria locale, che sta erogando i mutui e che garantisce il puntuale rimborso delle rate. I numeri del progetto raccontano non solo l’entità dell’iniziativa, ma anche la passione, l’entusiasmo e l’energia che i volontari dell’Officina di Enrico hanno profuso per realizzare questo sogno.
«Abbiamo raccolto più di 150 mila euro – dicono con soddisfazione – di cui quasi 25 mila a fondo perduto. Tutti gli altri sono prestiti di quindici anni, che verranno restituiti per intero alla scadenza. Per la prima volta abbiamo scardinato l’idea del dono gratuito. Abbiamo coinvolto persone che hanno investito i loro soldi in qualcosa di diverso, di buono». Il tasso di remunerazione dei prestiti è dell’1 o 2 %. In alcuni casi gli investitori hanno scelto di non ottenere interessi, ma il solo rimborso del capitale a scadenza. I fondi sono poi stati inviati alla finanziaria in Cambogia per oltre 200 mila euro. Lo scorso agosto, la finanziaria cambogiana ha cominciato a erogare il rimborso ai finanziatori italiani, con rate semestrali di circa settemila euro.
Le case sono state realizzate e inaugurate la scorsa primavera. Alla presenza di un gruppetto di soci dell’Officina di Enrico che ha voluto essere presente per l’occasione. Una cerimonia sentita e commossa. Le famiglie hanno ricevuto le chiavi delle loro nuove case con gli occhi gonfi di lacrime di gioia. «L’amore nella condivisione di tutti voi ci ha permesso di avere un rifugio sicuro e dignitoso. Non abbiamo molto per potervi ringraziare. Possiamo solamente congiungere le mani alla maniera cambogiana per esprimere il nostro ringraziamento a tutti voi che ci avete aiutato», ha detto Savuen, giovane padre e portavoce delle nove famiglie che hanno trovato casa.
Massimo Pratelli, tra i fondatori dell’Officina di Enrico e uno dei “motori” di questa iniziativa – pure lui presente a Phnom Penh per l’assegnazione delle abitazioni – guarda già avanti: «Siamo molto felici, perché siamo riusciti ad accorciare la catena di massimizzazione del profitto che il Papa ha ripetutamente condannato. Gesù non ha condannato la ricchezza in sé, ma il ricco che tiene tutto per sé. La ricchezza diventa un bene nella misura in cui si offre e viene condivisa. Con il nostro gesto siamo riusciti a spezzare la catena del massimo profitto per saldare i legami della solidarietà, usando il nostro risparmio per far progredire il mondo. La solidarietà è e deve essere contagiosa, mi auguro che anche coloro che ne hanno beneficiato in questa occasione siano in grado di diffonderla in modo tale che la catena non si spezzi mai». «Sarebbe bello – ha aggiunto – ripetere questa esperienza, non solo in missione ma anche a Cinisello, in Italia. Per poter continuare a essere fecondi e aiutare chi è meno fortunato nella nostra quotidianità».