Una Chiesa che vuole ascoltare tutti i giovani del mondo, accompagnarli, camminare insieme con loro: questo emerge dal documento finale del Sinodo che si è concluso il 27 ottobre
Una sorta di mappa per orientare i futuri passi della Chiesa e ispirare iniziative diverse adatte a ogni regione del mondo. È questo, in estrema sintesi, il contenuto del documento finale elaborato e messo ai voti il 27 ottobre al termine del Sinodo dei vescovi sul tema “Giovani, fede e discernimento vocazionale”. Il documento finale, come ha specificato Papa Francesco, è composto di 167 paragrafi e costruito in tre parti che corrispondono a tre momenti dell’episodio evangelico dei discepoli di Emmaus (Cfr. Lc 24, 13-35): «Camminava con loro», «Si aprirono loro gli occhi», «Partirono senza indugio».
Fin dal primo capitolo si è parlato dell’importanza dell’ascolto dei giovani, anche degli ultimi, e della difficoltà che questo avvenga in ambito sociale e ecclesiale: «In vari contesti si registra una scarsa attenzione al loro grido, in particolare a quello dei più poveri e sfruttati, e anche la mancanza di adulti disponibili e capaci di ascoltare» (Paragrafo 7). È stata riconosciuta anche la pluralità dei mondi giovanili, anche grazie alla composizione stessa del Sinodo che ha reso visibile la presenza e l’apporto delle diverse regioni del mondo. «Il Sinodo riconosce e accoglie la ricchezza delle diversità delle culture – si legge al Paragrafo 10 – e si pone al servizio della comunione dello Spirito». Tra le differenze, si è fatto cenno alle differenze demografiche tra Paesi ad alta natalità e bassa natalità e alle differenze derivanti dalla storia, per cui in alcuni Paesi il cristianesimo è una religione minoritaria e «i giovani che ne fanno parte sono oggetto di persecuzione».
Nel documento finale del Sinodo si trovano riferimenti anche a un problema che interessa maggiormente Paesi non occidentali: quello della colonizzazione culturale. Molti padri sinodali hanno infatti segnalato che nei loro Paesi la globalizzazione punta a sradicare i giovani dalle appartenenze religiose e culturali da cui provengono: «È necessario un impegno della Chiesa per accompagnarli in questo passaggio senza che smarriscano i tratti più preziosi della propria identità» (Paragrafo 14).
La questione dei migranti è stata ritenuta inoltre uno dei tre “snodi cruciali” individuati dai padri sinodali, insieme alle novità dell’ambiente digitale e al problema degli abusi. «La preoccupazione della Chiesa – è scritto al Paragrafo 25 – riguarda in particolare coloro che fuggono dalla guerra, dalla violenza, dalla persecuzione politica e religiosa, dai disastri naturali dovuti ai cambiamenti climatici e dalla povertà estrema: molti di loro sono giovani». Sognano soltanto un futuro migliore e nuove opportunità ed è per questo che decidono di partire. Molti padri sinodali hanno sottolineato che i migranti sono un “paradigma” capace di illuminare il nostro tempo e in particolare la condizione giovanile. La separazione dei migranti dal loro contesto culturale e religioso ha un effetto anche sulle loro comunità di origine, che perdono così alcuni membri importanti e vedono le loro famiglie dividersi. È un tema questo su cui avevano insistito anche alcuni padri sinodali parlando con i giornalisti, consapevoli che poi la Chiesa deve diventare un riferimento importante per i giovani di queste famiglie spezzate. È inoltre risuonato il grido di allarme di quelle Chiese i cui membri sono costretti a scappare dalla guerra e dalla persecuzione e che vedono in queste migrazioni forzate una minaccia per la loro stessa esistenza. Nel documento è stato sottolineato che il Sinodo ha visto l’incontro di molte prospettive tra Paesi di partenza e Paesi di arrivo e dunque «proprio il fatto di includere al suo interno tutte queste diverse prospettive mette la Chiesa in condizione di esercitare un ruolo profetico nei confronti della società sul tema delle migrazioni» (Paragrafo 28).
Cercando di mettere a fuoco chi sono i giovani di oggi, è stata messa in evidenza la diversità dei contesti religiosi, a seconda dei Paesi. Riconoscere le loro differenze e imparare a conoscerli è un presupposto per raggiungere tutti, anche i non credenti. È necessaria dunque una conversione spirituale, pastorale e missionaria della Chiesa, sapendo che il processo sinodale continua anche oltre il Sinodo.
La missione della Chiesa deve essere chiaramente verso le periferie del mondo, come descritto nel Paragrafo 127: «Nessuna vocazione all’interno della Chiesa può collocarsi al di fuori di questo dinamismo comunitario di uscita e di dialogo, e per questo ogni sforzo di accompagnamento è chiamato a misurarsi con questo orizzonte, riservando un’attenzione privilegiata ai più poveri e ai più vulnerabili». Il compito della Chiesa va visto dunque nell’ottica dell’attenzione agli ultimi in tutti i contesti, lavorando poi sulla preparazione di nuovi formatori, sulla formazione di discepoli missionari, sull’accompagnamento al discernimento, alla vita consacrata, al matrimonio.
L’opera importante a cui sono chiamati i giovani in questo quadro è stata riassunta in maniera incisiva dal messaggio finale che i padri sinodali hanno voluto indirizzare ai giovani di tutti il mondo e che è stato diffuso il 28 ottobre. «Quando il mondo, che Dio ha tanto amato da donargli il suo Figlio Gesù, è ripiegato sulle cose, sul successo immediato, sul piacere e schiaccia i più deboli, voi aiutatelo a rialzarsi e a rivolgere lo sguardo verso l’amore, la bellezza, la verità, la giustizia – hanno affermato i padri sinodali -. La Chiesa e il mondo hanno urgente bisogno del vostro entusiasmo. Fatevi compagni di strada dei più fragili, dei poveri, dei feriti dalla vita. Siete il presente, siate il futuro più luminoso».