Ricchi di proprietà nutrizionali, gli insetti potrebbero diventare un cibo comune sulle nostre tavole. L’Africa fa scuola
Bollito di bruchi, sauté di cavallette, cavolo farcito con scarafaggi… Per il momento, simili piatti risultano tendenzialmente ripugnanti o fanno storcere il naso agli amanti della gastronomia. Tuttavia, nel giro di qualche anno, gli insetti potrebbero essere sempre più presenti nei nostri menù. Poco più di un secolo fa, i racconti di esploratori o missionari segnalavano al pubblico europeo che popoli lontani, in Africa e in Asia, mangiavano tutti i tipi di creature, tendenzialmente disgustose per i palati occidentali, abituati piuttosto a razioni di carne di manzo, maiale o pollame.
In molte parti dell’Africa, le popolazioni locali hanno continuato a nutrirsi di insetti e altri piccoli animali che si trovano in natura. Miliardi di grilli, formiche, coleotteri, bruchi, cavallette, termiti adulte o larve fanno la gioia di milioni di persone, consapevoli di nutrirsi controcorrente, rispetto agli standard globali. L’apprezzamento di questi animaletti è considerato nella migliore delle ipotesi un elemento di folklore, ma spesso diventa anche oggetto di scherno. Anche nella stessa Africa. Un esempio sono le Chitoumes di Bobo-Dioulasso, dei bruchi, la cui consumazione “alimenta” l’ironia tra i popoli bobo e mossi in Burkina Faso. Ma i vermi sono una prelibatezza anche nella località di Ngomedzap in Camerun, e non necessariamente altrove nel Paese, dove vengono chiamati mikong mi ngomedzap; mentre le cavallette, makélélé, sono rinomate in alcune regioni della Repubblica Democratica del Congo; infine, le crisalidi, soherina, piacciono molto in Madagascar.
I rari occidentali che dicono di mangiare questo tipo di animali vengono di solito considerati quantomeno “strani”. Sino a una decina di anni fa, gli insetti erano classificati come risorse alimentari “non convenzionali”. Eppure, da diversi decenni, numerosi studi hanno dimostrato che gli insetti hanno straordinari valori nutrizionali e calorici. Già nel 1973, la Fao aveva stimato che 577 specie di insetti venivano consumate dagli uomini e che 100 grammi di termiti erano in grado di coprire il 21,5% del fabbisogno giornaliero in calorie di un uomo, basandosi sul fatto che 1 kg di mais fornisce circa 320 calorie, mentre 100 grammi di termiti ne apportano ben 613.
In questi ultimi anni, a causa della crisi e degli eccessi dell’agricoltura intensiva, la presenza di coleotteri, termiti, farfalle e locuste nelle pentole di tutto il mondo ha conosciuto una vera e propria svolta. Per descrivere questa nuova tendenza è stata scomodata una definizione “dotta”, che si applica a tutti coloro che inghiottono insetti senza fare smorfie: l’entomofagia.
Ma l’Africa non ha atteso che questi animaletti diventassero “di moda” per valorizzare questa ricchezza culinaria, scoperta e riscoperta prima che in altre parti nel mondo. In Burkina Faso, ad esempio, un giovane chimico ha sviluppato una modalità di conservazione e confezionamento di bruchi arrostiti che distribuisce in tutta l’Africa occidentale. Nella regione australe, la specie più consumata, i bruchi della foresta di Mopane (al confine tra Botswana, Zimbabwe e Sudafrica), rappresentano una filiera che vale 85 milioni di dollari di fatturato. Un po’ ovunque, nel continente, si moltiplicano queste iniziative, dando prova che, almeno per gli insetti, l’Africa ha trovato da tempo la ricetta giusta. MM