A Milano il 19 e 20 ottobre l’evento “IncontraMI” unisce tutti i giovani impegnati nella missione. Con una conclusione in grande stile a City Life
Da dove si comincia a essere missionari? Forse è questa la domanda che sorge ai giovani che, per la prima volta, provano il desiderio di conoscere il mondo missionario. Da qualche anno gli Istituti presenti a Milano si sono preoccupati di dare una risposta, organizzando un workshop durante la giornata missionaria diocesana di ottobre. Tradizionalmente posti all’ingresso di piazza del Duomo, nel cuore del capoluogo lombardo, gli stand pieni di giovani intercettavano con musica e attività il viavai del sabato pomeriggio, gli appassionati di shopping e il popolo dell’happy hour. Alcuni li scambiavano per associazioni di volontariato, ma il loro scopo era proprio quello di far vedere che nel mondo missionario c’è qualcosa di più.
L’anno scorso il workshop è stato annullato causa maltempo. La squadra degli organizzatori ha deciso di rimandarlo, poi è arrivata la notizia che presto il Pime avrebbe inaugurato il nuovo Centro missionario e, una cosa tira l’altra, l’idea è nata spontaneamente. Racconta così padre Sante Gatto, saveriano di stanza all’Ufficio missionario diocesano, la genesi di “IncontraMI. Missione in rete”, una due giorni di incontro e formazione dedicata a tutti i giovani legati al mondo missionario lombardo: «Non c’è stata una strategia di trasformazione dal workshop a “IncontraMI”: era un’occasione e l’abbiamo colta. Gli obiettivi delle due iniziative sono simili: coinvolgere i giovani, dar loro una voce e farla risuonare per la città».
Anche “IncontraMI”, infatti, prevede di “farsi sentire”. Il programma parte il pomeriggio di sabato 19 ottobre nella nuova sede del Centro missionario Pime con momenti di formazione, riflessione e di attività. Dopo cena Margherita Antonelli sale sul palcoscenico per lo spettacolo teatrale “Secondo Orfea”, un monologo sulla vita di Gesù commovente e divertente allo stesso tempo. La serata continua poi con l’animazione degli A.D.A Amici dell’Africa. La domenica mattina sarà dedicata alla preparazione del gioco a squadre del pomeriggio: una specie di grande caccia al tesoro da vivere in tutta la città, andando per le strade e svolgendo attività per guadagnare punti. Ma soprattutto per coinvolgere più gente possibile raccontando la missione. Il gran finale sarà in uno dei luoghi più “in” di Milano, il nuovissimo quartiere di Citylife: ai piedi dei suoi grattacieli il Coro Elikya aspetta tutti per uno scatenato concerto all’aperto.
Due giorni, uno dedicato agli addetti ai lavori, uno per andare a incontrare le persone (ad extra, diremmo in gergo tecnico) che riflettono i due obiettivi dell’iniziativa: fare rete e testimoniare. Ma, sebbene entrambi siano fondamentali, il primo sembra essere quello più importante. «Non mi faccio aspettative su quanti giovani parteciperanno», dice padre Sante. «Che siano cento o mille non conta per il bilancio finale, perché il risultato sarà chi partecipa. Incontrarsi e mettersi in gioco è già parte della dimensione missionaria: “IncontraMI” farà nascere una fraternità tra persone che portano questo stile di Chiesa in uscita, persone più preoccupate di andare a incontrare che di “portare dentro”. Che è il grande problema dei gruppi missionari parrocchiali, spesso autoreferenziali, chiusi in compartimenti stagni che continuano a fare quello che hanno sempre fatto senza riversare uno stile missionario nella Chiesa. È il grande rimprovero che faceva dom Luciano Pedro Mendes de Almeida ai missionari: “Avete lasciato le vostre terre per costruire ospedali e scuole, ma non avete insegnato alle comunità locali ad essere altrettanto missionarie”. “IncontraMI” è solo il primo passo, è già un risultato raggiunto: ci ha permesso di lavorare insieme, rinnova la nostra proposta come Istituti missionari e come Chiesa, risponde alla necessità di una Chiesa in uscita… E speriamo che l’incontrarsi di tutti i partecipanti farà nascere qualcosa di nuovo».
Di questo è sicura Marta Galimberti, educatrice, che fa parte di Missio Milano ed è tra le organizzatrici di “IncontraMI”. «Sarà un’occasione di incontro e di conoscenza fondamentale per mettere in comunione risorse ed energie, per andare tutti nella stessa direzione. Soprattutto vista la realtà, ormai storica, che la Chiesa vive di mancanza di vocazioni, ma anche semplicemente di persone che si diano da fare nelle parrocchie, negli oratori. Mettersi in rete serve per far circolare meglio le informazioni e le idee, per creare condivisione e per evitare il moltiplicarsi di piccole iniziative poco efficaci. Ma anche per evitare di cadere nella trappola dei giovani vissuti come “proprietà privata” degli Istituti o delle parrocchie. Se vogliamo che nascano nuove strade per la missione questo è centrale: un giovane deve trovare spazio negli Istituti per partire e, una volta tornato, spazio in parrocchia per raccontare».
Raccontare e farsi vedere sarà l’obiettivo del grande gioco a squadre di domenica 20 ottobre. «Vogliamo buttarci dentro Milano e soprattutto dentro Citylife, dove sta nascendo un nuovo modo di vivere», spiega padre Sante. «Anche se non c’è nessuna garanzia di riuscita. Fa parte della scommessa missionaria».
«Chi fa parte della Chiesa in uscita va incontro a tutti, anche a chi della Chiesa non vuol sentir parlare, anche a chi non c’entra niente», dice Marta. «Rischiamo che qualcuno rifiuti quello che abbiamo da dire. Anzi, sicuramente qualcuno ci darà dei matti. Ma se un giovane è davvero convinto di quello che dice, se crede nel messaggio che porta, allora riesce ad essere convincente. Il gioco sarà la realizzazione pratica di questa “Chiesa in uscita” di cui sentiamo tanto parlare. E servirà a far capire che i giovani hanno qualcosa di grande da dire con il loro linguaggio, che non è quello della conferenza, a far vedere che c’è una fetta di mondo che si applica in qualcosa di positivo ogni giorno, non solo per rispondere a qualche catastrofe naturale. Questo è il messaggio che deve passare. La gente deve capire che per andare in missione non devi attraversare mezzo mondo, ma che la prima missione è vicino a noi, al lavoro, a scuola, a casa».