I missionari del Pime e le suore dell’Immacolata assistono i bambini disabili in un immenso slum di Jaipur, nel Rajasthan. «Il loro stato peggiora la percezione negativa di sé associata a povertà e casta»
Dal luglio 2017 il Pime e le Missionarie dell’Im-macolata hanno unito i loro sforzi per un comune progetto a favore dei bambini diversamente abili in uno slum di Jaipur, nello Stato indiano del Rajasthan. Il progetto si chiama “Navchetan”, “Nuova consapevolezza”, ed è portato avanti in loco dall’associazione New Humanity per il Pime e dalla ong locale Jeevandan per le suore dell’Immacolata.
PERCHÉ A JAIPUR?
Lo sviluppo ineguale nelle città e campagne in una grande nazione come l’India continua a lasciarsi alle spalle un crescente numero di persone che vivono in condizioni sempre più disagiate. Il Rajasthan, il “Paese dei re” noto alle rotte turistiche, non fa eccezione. Uno slum è un luogo di approdo per chi ha perso i mezzi di sostentamento. È un’area residenziale informale in cui le abitazioni e i servizi sono inadatti all’abitabilità umana: mancanza di pianificazione nella costruzione, sovraffollamento, vie strettissime, carenza di ventilazione, luce, fogne e strutture sanitarie costituiscono una combinazione di fattori che sfidano la sicurezza e la salute. A Jaipur, la bellissima e turistica “Città rosa”, con 3,6 milioni di abitanti, la popolazione dei 239 slum è passata da 300 mila a 688 mila persone (il 22% del totale) negli ultimi otto anni. Proprio con l’intento di una scelta preferenziale per i poveri e per gli ultimi, i missionari del Pime e le suore dell’Immacolata hanno scelto di assistere i disabili nello slum di Jawaharnagar in cui vivono 25 mila nuclei famigliari.
PERCHÉ LA DISABILITÀ?
La disabilità si aggiunge alla percezione negativa di sé associata alla povertà e alle origini di casta così da inibire un processo di presa di coscienza positiva da parte degli interessati. Al contrario la presa di coscienza valoriale può significare l’inizio di un cammino di rinascita e di libertà. Nella città di Jaipur, 84.304 persone (il 2,7% della popolazione) sono state censite con disabilità di tipo motorio, mentale, visivo, uditivo, comunicativo. Le cause più comuni sono riconducibili a matrimoni fra consanguinei, alterazioni genetiche, problemi durante la gravidanza o alla nascita, infezioni durante la prima infanzia, carenze nutrizionali, inadeguatezza delle condizioni igienico-sanitarie, mancato accesso all’assistenza medica. Nello slum di Jawaharnagar sono stati censiti 50 bambini con disabilità.
PERCHÉ LA RIABILITAZIONE COMUNITARIA?
Nonostante la politica nazionale in materia riconosca le persone con disabilità come valide risorse umane per il Paese e cerchi di assicurare un ambiente che provveda uguali opportunità, protezione dei diritti e piena partecipazione alla vita della società, solo tre dei bambini censiti a Jawaharnagar hanno accesso a centri specializzati e nessuno di loro è stato registrato per il riconoscimento della sua disabilità. Spesso i piccoli sono lasciati soli nelle loro case mentre i membri adulti della famiglia vanno a lavorare. Gli uomini sono impiegati come manovalanza casuale mentre le donne operano come addette alle pulizie a tempo parziale in 2-3 diverse case ogni giorno. La riabilitazione comunitaria si prefigge di coinvolgere e professionalizzare il più possibile genitori e parenti dei disabili, ma anche di aiutarli, non farli sentire soli e incoraggiarli in un compito tanto nobile quanto esigente in termini di tempo e amore richiesti.
QUALI ATTIVITÀ?
Una diagnosi è stata già formulata per venti bambini, per i quali è stato intrapreso un percorso di sviluppo individuale; alcuni di questi (12) hanno solo problemi motori, mentre altri (8) hanno sia disabilità motorie che mentali. I due gruppi vengono seguiti con percorsi di fisioterapia, terapia occupazionale e insegnamento speciale. Nove bambini vengono accompagnati con la scuola speciale, mentre 17 frequentano scuole pubbliche con il supporto del progetto.
QUALI LE SFIDE PRINCIPALI?
Assicurare ai bambini diversamente abili la possibilità di sviluppo e la terapia occupazionale adeguata che li abiliti secondo le loro capacità a partecipare attivamente alla vita della società; incoraggiare i genitori e parenti a prendersi la responsabilità per il cammino dei loro figli; assicurare tempi di assistenza specializzata ai bambini che non solo contribuiscano al loro sviluppo, ma permettano anche ai loro genitori di non sentirsi soli con una simile responsabilità.
STORIE DI RINASCITA.
Vi possiamo raccontare qualche storia di rinascita vissuta in questi ultimi mesi dai bambini seguiti dalle suore. Cominciamo da Anshu, 12 anni, cerebroleso. Trovato lo scorso febbraio durante una visita in una casa, non riusciva a muovere né gli arti superiori né quelli inferiori, era tutto contorto e incapace di sedersi o di sdraiarsi diritto. A giugno, dopo esercizi attivi e funzionali, arrivava finalmente a sedersi e reggere il collo, con l’ausilio di un carrello cominciava a muovere i primi passi, era rilassato e felice anche se ancora lontano dall’indipendenza.
Surash e Tapasya hanno invece entrambi 5 anni. Oltre ad aver registrato un importante progresso funzionale, sono stati aiutati nel riconoscimento della loro disabilità. Ottenendo il certificato e la registrazione, ambedue beneficeranno delle sovvenzioni per persone diversamente abili. Piccoli passi verso un futuro di speranza.