Dal 4 maggio è ripresa l’attività commerciale in tutto il Paese africano, pur restando in vigore numerosi divieti. Contro il parere dei medici, che temono una ripresa del contagio
«Papà, ma che cos’è questo Coronavirus? Perché non posso uscire a giocare?». Tutto è iniziato con una serie di domande simili a queste, che il figlio di cinque anni del filmmaker Niyi Akinmolayan gli posto quando il contagio ha iniziato a circolare anche in Nigeria. Il genitore, classe 1982, fondatore degli Anthill Studios di Lagos e regista di numerosi film, ha deciso che i bambini avevano diritto a una risposta appositamente pensata per loro. È nato così un film di animazione di circa un minuto e mezzo, che è diventato popolare durante il lockdown, iniziato il 30 marzo scorso nel Paese africano. Il protagonista è un ragazzino che vuole uscire a giocare a pallone ma viene fermato dalla sorella maggiore, che lo ammonisce: “Porterai a casa il virus e infetterai tutti. La mamma si ammalerà e non ci sarà più il riso jollof. Il papà si ammalerà e addio uscite per andare al cinema. Poi il governo porterà via mamma e papà”. Il ragazzino, incredulo, apre la porta… e un virus-mostro gli si para davanti. La storia si conclude con l’invito a stare a casa e a lavarsi bene le mani.
Akinmolayan ha reso disponibile il suo video gratuitamente per aiutare le famiglie nel dialogo con i figli su questo tema non facile da spiegare. Oltre all’inglese, sono state realizzate anche versioni nelle tre principali lingue della Nigeria: hausa, igbo e yoruba. Una bella idea, che viene da un Paese che è la punta di diamante in Africa nella produzione cinematografica. I film di Nollywood (dall’unione di Nigeria + Hollywood) trattano spesso tematiche religiose e sociali, dall’Aids all’emancipazione delle donne. L’animazione in 3D è meno frequente, ma Anthill Studios vanta alcune produzioni.
Sicuramente il virus-mostro di Akinmolayan sarà riuscito a convincere i bambini a non uscire. Il vero problema, tuttavia, è la gestione degli adulti durante una pandemia come questa, soprattutto nel Paese che, con i suoi quasi 200 milioni di abitanti, è il più popoloso di tutta l’Africa. Dopo cinque settimane di lockdown, il presidente Muhammadu Bukari ha deciso di allentare le restrizioni. Da lunedì 4 maggio, nella capitale amministrativa Abuja, nello stato di Ogun ma soprattutto nella metropoli più importante, Lagos, con oltre 21 milioni di abitanti, è ripresa l’attività commerciale. Banche e mercati hanno ricominciato ad affollarsi, e le vie erano gremite di gente. Scuole, bar, cinema e luoghi di culto rimangono ancora chiusi, ma le prime immagini del post lockdown mostrano Lagos stracolma di persone.
I numeri del contagio in Nigeria restano ancora bassi: solo 98 morti (al 6 maggio) e circa 3000 contagiati, tra i quali figurano anche 34 medici. Eppure, la situazione è tutt’altro che tranquilla. Soprattutto in una megalopoli come Lagos, la parziale riapertura potrebbe allargare i contagi a macchia d’olio. Anche altre zone – c’è un focolaio nello stato di Kano, nel nord del Paese – il rischio Coronavirus persiste.
Le autorità hanno esortato la popolazione all’uso della mascherina e al distanziamento sociale, ma far rispettare questa indicazione per le strade di Lagos sembra un’utopia. Non solo molti girano senza coprire bocca e naso, ma la quantità di persone in circolazione è tale che stare lontani l’uno dall’altro risulta complicato. Restano comunque vietati gli spostamenti fra una regione e l’altra della Nigeria, è proibito far salire più di quattro persone sui veicoli commerciali e continua a vigere il coprifuoco fra le 8 di sera e le 6 del mattino.
C’è da chiedersi, di fronte a questa situazione, cosa abbia spinto il presidente Buhari ad assumersi la responsabilità di riaprire le attività commerciali. «Molti dei nostri cittadini hanno perso i mezzi di sussistenza», ha dichiarato in un discorso pubblico. «E molte attività hanno dovuto chiudere. Non si può aspettare che ci sia il vaccino: dobbiamo riaprire». È il consueto dilemma dei Paesi che hanno larghi strati della popolazione che sopravvive lavorando alla giornata: uscire rischiando di diventare una possibile vittima del Coronavirus o restare in casa, sani ma destinati a morire di fame. Periodi prolungati di lockdown sono un lusso possibile dove esistono ammortizzatori sociali o modalità di lavoro alternative.
Molta gente a Lagos, intervistata nei giorni scorsi dai media, si è detta felice di poter tornare a lavorare. Forte preoccupazione, invece, è stata espressa dal personale sanitario. La Nigerian Medical Association si è subito opposta a un allentamento graduale del lockdown, definendolo una decisione prematura. Secondo i medici, un’eventuale crescita incontrollata del contagio metterebbe a duro rischio il sistema sanitario del Paese africano, che al momento dispone di soli 3500 posti letto liberi e destinati a pazienti Covid-19. Una volta occupati, l’unica strada percorribile resterebbe quella di lasciare gli eventuali malati a casa.
Immagini: Niyi Akinmolayan / Anthill Studios