Parla il salesiano bergamasco di cui Papa Francesco ha accettato in questi giorni la rinuncia alla guida dell’arcidiocesi di Rabaul per raggiunti limiti di età. Al suo posto arriverà un vescovo papuano. «Lo sfruttamento intensivo delle materie prime per gli interessi di compagnie straniere e l’emergenza educativa le grandi ferite che restano aperte in questa terra»
Dopo più di vent’anni di apostolato in Papua Nuova Guinea, monsignor Francesco Panfilo lascia la guida dell’arcidiocesi di Rabaul. Papa Francesco il 19 giugno ha accettato le sue dimissioni, anche se il salesiano bergamasco rimarrà amministratore diocesano fino alla presa di possesso del successore, monsignor Rochus Josef Tatamai – attuale vescovo di Kavieng – che diventerà il primo papuano a guidare l’arcidiocesi di Rabaul.
«Lascio per raggiunti limiti di età – spiega monsignor Panfilo, dal 2011 arcivescovo di Rabaul -. Già nel 2017, quando ero prossimo al mio settantacinquesimo compleanno, presentai al Papa la rinuncia per raggiunti limiti di età. Ma non fu accolta. Ora che sto per compiere 78 anni, mi sembra giusto mettermi da parte. E passare il timone al mio successore, un vescovo locale. Peraltro già attualmente presidente della Conferenza episcopale della Papua Nuova Guinea e delle Isole Salomone».
Classe ’42, originario di Vilminore di Scalve (Bergamo), monsignor Panfilo proviene da una famiglia numerosa e profondamente religiosa: su dieci fratelli, quattro sono diventati sacerdoti. Nel ’65, completato il noviziato nei Salesiani, viene inviato come chierico nelle Filippine. Vi rimane fino al ’74, anno in cui è ordinato sacerdote dall’arcivescovo Clemente Gaddi. Per tornare poi in missione, sempre nell’arcipelago filippino.
«Nelle Filippine ho trascorso 23 anni davvero intensi – ricorda -. Mi sono impegnato soprattutto nel campo dell’istruzione, diventando anche direttore di una scuola con oltre quattromila allievi a Manila, la capitale del Paese, e maestro dei novizi». Successivamente, monsignor Panfilo viene eletto provinciale dei Salesiani in tutte le isole del Pacifico. E proprio con la carica di delegato, nel 1997, è destinato alla Papua Nuova Guinea.
Il 25 giugno 2001 viene nominato vescovo di Alotau-Sideia, «una vasta diocesi che si estende su diverse isole, ma con soli 180.000 abitanti: era un continuo muoversi in barca per visitare le varie comunità». Nel 2008 era stato anche eletto presidente della Conferenza episcopale della Papua Nuova Guinea e delle Isole Salomone per un triennio.
Il 18 marzo 2010 è nominato arcivescovo coadiutore a Rabaul, diventandone titolare l’11 agosto 2011. Monsignor Panfilo sostituì il missionario tedesco Karl Hesse, diventando il secondo vescovo salesiano bergamasco dopo Vincenzo Giovanni Savio.
«L’arcidiocesi di Rabaul si estende su una superficie di circa 25.000 chilometri quadrati e ha conosciuto l’evangelizzazione a partire dall’ultimo ventennio dell’Ottocento. Nel 1922 viene eretta in vicariato apostolico e il 15 novembre 1966 in sede arcivescovile metropolitana, con tre diocesi suffraganee. Inoltre, vanta anche un beato: Peter To Rot, padre di famiglia e catechista, martirizzato dai giapponesi perché si era rifiutato di rinnegare la fede e il matrimonio religioso. Lo ha beatificato papa Giovanni Paolo II nel ’95».
L’episcopato di monsignor Panfilo è stato estremamente intenso. Con la realizzazione di nuove parrocchie («nel 2010 erano 32, oggi 45»), l’aumento dei seminaristi («a ottobre del 2019 sono stati ordinati 5 sacerdoti e 4 diaconi») e la promozione del ruolo di laici e giovani. Ma, soprattutto, monsignor Panfilo si è distinto per una forte azione sociale e formativa. «La Papua Nuova Guinea è ricca di materie prime. Ma, a causa di diverse ingerenze da parte di compagnie straniere, il Paese fatica a progredire e lo sviluppo è a metà. Qualche anno fa, si è pure arrivati ad una frizione con il Governo, visto che ai diritti dei piccoli proprietari terrieri veniva preferita la massiccia deforestazione, necessaria per ricavare piantagioni per la produzione di olio di palma».
Da qui, nasce l’esigenza di puntare sull’istruzione, per formare i cittadini di domani: «Il sistema scolastico della Papua Nuova Guinea è molto selettivo, anche perché le strutture sono davvero poche. Solo il 25% dei ragazzi arriva all’università. La metà viene “eliminata” già al termine della scuola primaria. Con la conseguenza che diversi giovani entrano in pericolosi giri malavitosi. Come risposta, nelle scuole della diocesi accettiamo il maggior numero di studenti possibile. È giusto dare loro una seconda opportunità, anche perché solo attraverso l’istruzione il Paese può costruirsi un futuro».
Inoltre, durante il mandato di monsignor Panfilo, l’arcidiocesi di Rabaul si è impegnata a liberarsi dei propri terreni, mettendoli a disposizione dei contadini, e ad avviare un progetto abitativo per i senza tetto e per le famiglie meno abbienti, nel quale si è rivelato determinante l’aiuto di un gruppo di volontari di Vilminore di Scalve. Nel 2016, a fronte del suo impegno, monsignor Panfilo ha ricevuto l’onorificenza dell’Ordine di Logohu. Riconoscimento dovuto – come spiega la motivazione – «al servizio alla comunità e alla Chiesa cattolica come sacerdote missionario salesiano, al suo lungo lavoro nella promozione e nella formazione professionale e tecnica dei giovani e al suo eminente ruolo di guida come arcivescovo di Rabaul».
«In realtà – conclude monsignor Panfilo -, in questi intensi anni di missione è più quello che ho ricevuto di quanto ho dato. Anche la mia fede ne ha tratto beneficio e vigore. E per questo non posso che ringraziare Dio ogni giorno. Dell’immenso dono che mi ha fatto».