Lo scriveva già Michel Foucault: «non esiste società più “assicurativa”, più preoccupata e interessata alla salute… di quella totalitaria». A Oriente come a Occidente
«Quando vuoi pregare,
quando vuoi sapere quel che sa la poesia,
sporgiti, e senza esitazione
cerca il gesto più piccolo che hai…» C. L. Candiani
Era inevitabile che il Covid-19 diventasse uno strumento politico, anzi biopolitico, in grado di condizionare il destino democratico di molti Paesi, ben oltre le restrizioni raccomandate dalla pandemia.
Nei mesi scorsi abbiamo speculato sull’origine del virus, sui silenzi e le censure del regime cinese. Contemporaneamente, con notevole visibilità mediatica e tanti leader a braccia aperte, la Cina disseminava i suoi aiuti e il suo modello. Ché se prima sembrava il “modo giusto” per contrastare la pandemia, ora sembra essersi trasformato in una logica politica diffusa, fatta di controlli capillari, distanze e divieti, spesso contraddittori. E che interpreta la coesione sociale in tutte le sue forme non più come una ricchezza da incoraggiare, ma come una potenziale minaccia alla salute da scoraggiare, a vantaggio di una atomizzazione della società, già promossa dai social, facili collettori di risentimenti che non di rado sfociano in episodi di violenza e intolleranza da caccia all’untore.
Quello che però sconcerta è che da tempo non si riesce più a fare politica se non sotto la pressione di un’emergenza, del terrorismo che riaffiora puntuale, del dissesto ambientale o del crollo di un ponte e ora del virus, con l’aggravante che di tutto ciò non riusciamo più a farne a meno. Preferiamo rimanere in situazioni come queste, obbligate dalla cronaca e dalle emozioni forti che suscita, piuttosto che impegnarci nei tempi lunghi del pensiero e nella fatica del dibattito politico, accontentandoci invece di una leadership decisionista fatta solo di disposizioni suggerite dai comitati tecnico-scientifici. La chiamano la politica delle passioni dove il tempo lungo dell’attenzione alla realtà, lascia il posto agli istanti brevi dell’emozione, più facilmente manipolabile dai flussi di immagini, titoli, tweet (1). E che spesso azzera la storia e le competenze di un popolo, costretto a mutuare modelli (ridicoli) altrove.
La cronaca di questi giorni, non solo a Hong Kong, è lì a dirci che qualcuno non si lascia sfuggire l’occasione per guadagnare potere e che una mascherina-contro-il-virus oggi può diventare un bavaglio-contro-la-libertà domani. Perché in fondo, scriveva M. Foucault, «non esiste società più “assicurativa”, più preoccupata e interessata alla salute… di quella totalitaria» (2). A Oriente come a Occidente!
Spesso queste disposizioni pandemiche sembrano ingombrare solo la vita di cittadini comuni mentre i soliti traffici, il commercio sovrannazionale di armi tanto per fare un esempio, continuano indisturbati. Papa Francesco ha ripetutamente chiesto il medesimo zelo contro «la pandemia della guerra» che da sempre contagia e uccide molto di più. Penso inoltre alla pandemia da stupefacenti o a quella della tratta di esseri umani che trova spesso nelle autorità persone compiacenti. O alla pandemia dell’usura che, complice il ritardo della politica, devasta persone e imprese. Basterebbe «seguire i flussi di denaro per capire il Sistema» (3), diceva qualcuno trent’anni fa! Ma chi osa disturbare le banche?
Non si potrà continuare come se l’emergenza fosse solo il Covid-19. Perché diventerebbe presto un alibi per non affrontare altri problemi, altre pandemie. Anche qui in Cambogia dove vivo, il clima non è dei migliori. È appena passato un poliziotto per chiedermi quando sono rientrato in canonica e se questa notte dormo qui. So che spesso telefona ai miei collaboratori per sapere dove sono. Ma è soprattutto la perdurante chiusura della scuola a favorire un voluto gioco al ribasso, una tendenza al disimpegno, al compromesso, che renderà molto difficile la ripresa.
In mezzo a simili contraddizioni, si vorrebbe solo vivere dignitosamente, godendo di un numero essenziale di diritti. Fermo restando per tutti il dovere di rispettare le leggi vigenti e la propria coscienza.
Temo infatti che l’illegalità e volgarità di ciascuno, quella spicciola quanto virale, unita a una sciatteria politica che promuove simili attitudini, potrebbero portare a una repressione legalizzata o al semplice permanere in un continuo stato di mediocrità che ci fa più poveri e umanamente miseri.
Sia ben chiaro, il futuro è fatto solo di sudditanza. La nostra libertà è così fragile che necessita sempre di un padrone. Con occhi vitrei e a mandorla, con capelli biondi e ciuffo o colbacco peloso, non lo so ancora, so però che un padrone non diventerà mai un padre.
Allora, con sempre più convinzione, sto con papa Francesco che ha recentemente parlato di «un esercito che non ha altre armi se non la solidarietà, la speranza e il senso di comunità». E ha chiamato quei militanti «poeti sociali, che dalle periferie dimenticate creano soluzioni dignitose per i problemi più scottanti degli esclusi» (4).
L’immagine dei «poeti sociali» allude alla capacità di sporgersi e senza esitazione cercare i gesti più piccoli che abbiamo… per curare e per condividere.
- Si legga in www.losguardo.net/it/politica-delle-passioni
- M. Foucault, Bio-potere e totalitarismo, in S. Forti, La filosofia di fronte all’estremo, Torino 2004, 100-101.
- Fu già la strategia di Giovanni Falcone contro la mafia. Guarda qui
- Lettera di Papa Francesco ai movimenti popolari, aprile 2020