Hong Kong, «primarie» dei democratici nel mirino

Hong Kong, «primarie» dei democratici nel mirino

La polizia ha sequestrato i computer del Public Opinion Research Institute che domani e domenica doveva sovrintendere le elezioni primarie per la scelta dei candidati dell’opposizione democratica in vista del voto dell’Assemblea legislativa in programma il 6 settembre

 

Nuovo duro colpo per l’opposizione democratica a Hong Kong nel clima di grave tensione che accompagna l’entrata in vigore della legge sulla sicurezza voluta da Pechino. Questa sera la polizia ha fatto irruzione nella sede del POSI (Public Opinion Research Institute) sequestrando i computer con l’accusa «di utilizzo disonensto». L’iniziativa è politicamente molto rilevante: il POSI – infatti – è co-organizzatore delle elezioni «primarie» che le forze che si oppongono alla linea politica dell’attuale governatrice Carrie Lam hanno indetto per domani e domenica. Evidente – dunque – il messaggio di intimidazione nei confronti dell’iniziativa, per a quale dovrebbero essere allestiti 250 seggi in tutta la città.

Già eri il ministro per gli Affari costituzionali del governo di Hong Kong, Erick Tsang, aveva dichiarato in maniera minacciosa che «quanti hanno organizzato e pianificato e i partecipanti alle elezioni primarie dovranno stare molto attenti e fare molta attenzione a non violare la legge». Già qualche settimana fa i quindici maggiori esponenti dell’opposizione democratica a Hong Kong erano stati arrestati e stanno affrontando un processo.

Le «primarie» sono un passaggio decisivo in vista delle elezioni di settembre. A promuoverle sono stati infatti il giurista Benny Tai e l’ex parlamentare Au Nok-hin con un obiettivo ben preciso: individuare per ciascuna delle 35 circoscrizioni territoriali candidati condivisi in maniera da evitare la dispersione del voto tra le forze dell’opposizione. L’obiettivo sarebbe quello di replicare quanto accaduto nello scorso mese di novembre, quando il fronte dei democratici vinse a valanga nelle elezioni distrettuali, quelle che eleggono le amministrazioni locali. Una prospettiva che Pechino teme molto e alla quale non è difficile collegare l’entrata in vigore della legge sulla sicurezza.