Islam e jihad visti dal Cairo

Islam e jihad visti dal Cairo

Missionario e islamologo, il comboniano Giuseppe Scattolin, che vive e insegna da oltre trent’anni in Egitto, propone una rilettura dei tragici avvenimenti di questi giorni nel solco della tradizione musulmana. Con qualche “provocazione”: «Le radici della violenza islamica non sono sociologiche, ma ideologiche»

 

Leggendo alcuni commenti di questi giorni, mi sembra che non si voglia capire che le radici della violenza islamica non sono sociologiche, ma ideologiche. I kharigiti del primo secolo dell’Islam avevano anticipato tutto questo, anzi questi movimenti terroristi moderni sono stati giustamente chiamati i moderni kharigiti. Questa è una interpretazione legittima dell’islam, basata su molti testi della tradizione islamica. Ricordo che quando furono decapitati i trappisti di Tiberhine in Algeria, nel 1996 – e tutti i musulmani alzarono grida di scandalo e condanna: “Questo non è l’islam!” – un grande studioso belga, convertito al musulmanesimo, si affrettò a dimostrare che i terroristi non avevano fatto altro che mettere in pratica tutta una tradizione giuridica che giustificava il principio: i monaci cristiani, quando si mescolano alla comunità musulmana e diventano un pericolo di apostasia, devono essere giustiziati con la decapitazione. Ed evidentemente portava tutta una lista di detti di Maometto e sentenze giuridiche che sostengono tale principio.

Su tali premesse è difficile trovare una soluzione al problema della violenza nell’islam. Le radici rimangono e a seconda delle circostanze possono sempre essere attivate e ad applicate. Ma questa è la storia di tutta la politica islamica: quando il principe-sultano vuole accattivarsi la gente, innalza la bandiera dell’applicazione integrale della legge islamica. E i doppi linguaggi in materia sono infiniti. A meno che non si imposti una lettura critica dell’islam, che includa una lettura critica dei testi fondanti e di tutta la storia islamica, con una condanna esplicita della violenza in essi contenuta e una proposta seria di un islam “riformato”.

Civiltà islamica e mondo moderno

È possibile una conciliazione fra la Civiltà islamica e il mondo moderno? Varie sono le risposte date a questo interrogativo da parte delle correnti conservatrici (salafîyya) e quelle riformiste (iṣlâḥiyya). Confrontarsi con la modernità sotto tutti i suoi aspetti, dall’aspetto razionale-critico a quello dei diritti umani fondamentali, costituisce il grande problema e la grande sfida per l’islam dei nostri giorni. La modernità infatti pone una grande sfida a tutte le religioni. Non si può più ripetere il passato senza una profonda riflessione critica di esso. La fede non rifiuta la ragione, però ne deve accettare la sfida, ma anche l’aiuto che viene da essa. Il cristianesimo è passato attraverso la crisi della “modernità”, e questa è stata per molti aspetti positiva. Questa è la sfida attraverso cui ogni religione deve passare per non fermarsi al livello di un pensiero “mitico”. Anche l’islam deve passare attraverso tale “crisi” per mettersi a livello della cultura moderna. Questo comprende pure una rilettura critica delle sue fonti storiche, e di tutto il processo della sua storia. Anche qui il risultato di tale incontro-scontro con la modernità è della massima importanza per una convivenza pacifica del mondo islamico con gli altri mondi nel villaggio globale moderno. I conflitti in corso nel mondo islamico sono un segno della drammaticità di tale sfida e confronto. Il dialogo deve aiutare il mondo islamico a rispondere in modo positivo a tale alla sua situazione attuale, con la maturazione di una mentalità più aperta, critica e adulta, con l’accettazione, senza ambigue riserve, dei principi di libertà e eguaglianza civili per tutti i cittadini, diritti maturati nel mondo moderno e incarnati nella Dichiarazione universale dei diritti umani promulgata dall’Onu nel 1948. Senza tale riforma, si può solo prevedere che il futuro riserverà molti conflitti fra mondo islamico e gli altri mondi, di cui i presenti ne sono solo una premessa.

L’islam è una politica

Ma l’islam non è solo un messaggio religioso e morale per il singolo, ma intende informare tutti gli aspetti della vita umana, e fra questi l’aspetto politico gioca un ruolo fondamentale. Tale convinzione è espressa nel detto ripetuto infinite volte dai musulmani stessi: l’islam è una religione totale, esso è “religione e stato” (dîn wa-dawla). È strano notare che molta informazione nostrana ignori quasi totalmente questo aspetto politico dell’islam, aspetto storicamente inequivocabile, creando in tal modo una specie di Islam iperuranico, completamente a-storico. Maometto, il profeta fondatore dell’islam, è stato allo stesso tempo il profeta della nuova religione e il capo politico del primo stato islamico, lo stato di Medina. Questo stato rimane il modello e il punto ideale di riferimento per ogni società islamica. In esso si è realizzata l’unificazione del mondo secondo la visione islamica: un’unica religione (dîn), un’unica nazione (umma), un’unica guida (imâm). In Maometto appare chiara la coscienza che il suo messaggio religioso, cioè l’islam, è destinato a espandersi e dominare il mondo intero. Si racconta che nell’ultimo anno di vita Muhammad inviò quattro lettere ai grandi del suo tempo (l’Imperatore di Bisanzio, lo Shah di Persia, il Negus dell’Etiopia, e il Governatore dell’Egitto) invitandoli a “convertirsi all’Islam per essere salvi” (“aslim taslam”, suona il detto arabo) dal castigo sia temporale che eterno. Tale fatto rivela la chiara coscienza di una missione universale fin dal suo inizio della storia islamica, e che è diventata il movente primo delle grandi conquiste islamiche (futûḥât) che seguirono la morte del Profeta dell’Islam, e che sono continuate lungo tutta la storia islamica fino ai nostri giorni. Tale coscienza continua oggi nelle grandi organizzazioni islamiche e nei vari movimenti del “risveglio” (ṣaḥwa) islamico contemporaneo, che si propongono di continuare tale missione storica dell’islam.

Tale ideologia ha sotteso da sempre l’impresa storica dell’Islam, nelle sue espansioni e conquiste, ed essa viene ripresa ora, in modo esplicito e ripetuto, dai molti movimenti islamisti moderni (vedi i Fratelli musulmani e derivati), che si propongono di sottomettere tutto il mondo con ogni mezzo all’ordine islamico. A tale scopo però occorre prima riportare l’islam al suo modello originale. Per tale motivo la questione del successore (khalîfa) di Maometto, come centro della comunità islamica, è di primaria importanza. Molti sono stati, e lo sono tutt’ora, i pretendenti a tale incarico, soprattutto tra i movimenti tradizionalisti o salafiti.