L’EDITORIALE:
«Imparare a vivere con altri, molti e diversi, non è facile e fa paura a tutti. Ma chi specula sui migranti pone una firma sotto la sua personale dichiarazione di fallimento morale e civile»
Le migrazioni sono molto più di un fenomeno, di un dibattito o di un problema. Sono povertà e umiliazione. Lacrime e sangue. Fuga disperata e morte. Si parla di persone. Non di cose o concetti. Sarà bene quindi considerarne, con molta umanità la realtà, le cause e i problemi immaginando di essere al posto di queste persone. Ci potrebbe capitare. Le migrazioni peraltro esistono da sempre. Ognuno di noi discende quasi certamente da un antenato che in un passato più o meno remoto viveva in un’altra parte della Terra e poi ha dovuto spostarsi a causa della povertà, di un conflitto o di un cataclisma. Il dovere di solidarietà quindi lo scopriamo dentro di noi, non fuori.
Le cause odierne delle migrazioni sono quelle di sempre, ma la misura – in linea generale – è più ampia. Perché tutto è più grande: il numero degli abitanti del pianeta, le guerre, le aree di povertà, le possibilità di comunicare e di viaggiare, l’offerta di lavoro fuori dal proprio Paese. Con le migrazioni bisogna quindi convivere, come con un fatto inevitabile da governare e valorizzare anziché demonizzare o sottovalutare.
Questo fenomeno complesso, insieme a contributi positivi di incontro e arricchimento reciproco, presenta infatti anche il conto dei suoi limiti, che sono quelli della persona umana: il diverso modo di pensare, di vivere e di stare insieme. L’ideologia è forse l’insidia più pericolosa: il voler assolutizzare il proprio credo etico, politico o religioso per asservirvi tutti gli inquilini del pianeta. Da qui ingiuste ambizioni da una parte e paura dall’altra. Ma c’è anche un problema di distribuzione e disponibilità delle risorse che deve essere meglio curato.
Accogliere i migranti si deve, ma creare possibilità di sviluppo, produzione e lavoro nel loro Paese è cosa ancora migliore. Invece non succede. Non in misura adeguata. In questo senso giocano spesso il basso livello di istruzione, il clima, il settarismo, ma in misura ancora superiore la voracità di chi sta già bene e controlla i flussi finanziari. Le Nazioni Unite, oltre che i singoli Paesi, mancano di una strategia e di una volontà globali. Troppi interessi!
Imparare a vivere con altri, molti e diversi, non è facile e fa paura a tutti. Italiani, irlandesi e altri popoli subirono umiliazioni spaventose quando si trattò di essere accolti da gruppi che si ritenevano superiori in America o in Australia. Gli immigrati non sono persone senza limiti e difficoltà. Sono nati e cresciuti in un contesto e improvvisamente trapiantati in un altro. Lo stress da adattamento non è superabile in una generazione.
Resta il fatto che quando i profughi sono in mezzo al mare vanno soccorsi. Sempre e in ogni caso. Siano essi rifugiati politici, economici o persino criminali. Le convenzioni internazionali non lasciano dubbi al riguardo e obbligano tutti. Dopo il salvataggio, le autorità procederanno di volta in volta a seconda dell’occorrenza. È quindi nel giusto l’Italia. Lo sono i suoi marinai, militari, personale medico, cooperanti e volontari. Fanno fede della sensibilità umana e cristiana del Paese. Chi specula sui migranti, invece, senza capire e senza aiutare, solo per fare soldi o campagna elettorale, sbaglia. Semplicemente pone una firma sotto la sua personale dichiarazione di fallimento morale e civile.