Nello scorso weekend settemila persone sono state vaccinate presso la cattedrale di Abu Dhabi, e nei prossimi giorni toccherà alla chiesa di Mussaffah, nell’area industriale dove vivono gli operai stranieri. «Così usciremo insieme dalla pandemia»
Una campagna a tappeto per vaccinare entro marzo metà dei suoi dieci milioni di abitanti: è il piano anti Covid degli Emirati Arabi, federazione del Golfo Persico crocevia del business globale e in cui la quota della popolazione immigrata raggiunge in alcune aree il 90% del totale. Per raggiungere il suo obiettivo di immunizzazione di massa – per ora sono state inoculate un milione di dosi – l’intraprendente governo emiratino ha messo in campo tutte le risorse possibili coinvolgendo anche le diverse organizzazioni di base che rappresentano punti di riferimento per la società. In prima file le parrocchie cattoliche, “seconda casa” per centinaia di migliaia di fedeli originari di Asia, Medio Oriente e Africa Subsahariana.
Nel corso del weekend appena passato, dunque, settemila persone sono state vaccinate nelle strutture della cattedrale di Abu Dhabi, grazie alla presenza, dalla mattina alla sera, di otto medici e uno staff di personale ausiliario, assistito da una ventina di volontari della parrocchia che si sono occupati dell’accesso ordinato, del distanziamento, della registrazione dei presenti nel vasto cortile del compound.
Il vescovo Paul Hinder, vicario apostolico dell’Arabia meridionale, così come vari sacerdoti della cattedrale di St. Joseph, tra cui il parroco padre Johnson K. Joseph, hanno già ricevuto la seconda iniezione. «Per la vaccinazione del vescovo era presente la stampa, in modo che monsignor Hinder, in quanto leader riconosciuto, incoraggiasse le persone a seguire i consigli delle autorità sanitarie partecipando alla campagna nazionale», spiega il cappuccino padre Gandolf Wild, vicesegretario al Vicariato .
L’iniziativa di St. Joseph, pensata in particolare per i fedeli che nel weekend frequentano la chiesa, si è trasformata in un servizio allargato anche a tutti i cittadini residenti nella zona, e non solo: «Verso mezzogiorno di venerdì abbiamo deciso di consentire l’accesso anche ai non parrocchiani: la notizia si è presto diffusa sui social e in molti hanno cominciato a dirigersi verso la cattedrale, riuscendo a ottenere in tempi rapidi l’iniezione, vista l’efficienza dell’organizzazione», racconta padre Gandolf. «Il giorno dopo, già dal mattino lunghe code di persone si allungavano, sempre disciplinate, nelle strade fuori dal nostro compound».
Se la cattedrale di Abu Dhabi è stata la prima ad aprire le porte alla campagna vaccinale emiratina, altre chiese si sono già organizzate per fare altrettanto: il prossimo weekend toccherà a St Paul, nel quartiere di Mussaffah, un’area industriale dove sorgono numerosi labour camp: zone in cui risiedono, spesso in condizioni difficili, i lavoratori stranieri impiegati soprattutto nei cantieri edilizi.
«Diciamo alle persone, anche nelle nostre omelie, che dobbiamo combattere insieme contro la pandemia, e che tutti i nostri preti e il personale si sono vaccinati, così da fugare eventuali dubbi e timori», racconta padre Maxim Cardoza, sacerdote a St. Paul.
Per raggiungere gli obiettivi della campagna “Insieme guariamo” sarà necessario assicurare 50 mila iniezioni di dosi al giorno. Per questo, ad integrare gli sforzi governativi che hanno visto la realizzazione capillare nelle diverse arre del territorio di tensostrutture in cui operano squadre di medici, infermieri e tecnici, è così importante il coinvolgimento attivo delle organizzazioni a cui fanno riferimento le diverse comunità nazionali presenti nel Paese e quello, appunto, delle istituzioni religiose. E le parrocchie cattoliche, anche di fronte a questa nuova sfida, non si sono tirate indietro.