Nella Casa del Pime di Rancio di Lecco il Covid-19 ha portato via anche padre Luigi Carlini, 75 anni, rientrato appena l’anno scorso dall’Amazzonia. Qualche mese fa ci aveva detto: «La grazia più grande? Camminare insieme a tutti, anche coi carcerati»
Il Pime piange in queste ore un altro suo missionario – il nono ormai – morto a causa del Covid-19. Si tratta di padre Luigi Carlini, 75 anni, che appena l’anno scorso si era trasferito nella Casa dei missionari anziani a Rancio di Lecco dopo ben 48 anni spesi accanto alla gente del Brasile.
Padre Luigi era nato a Follo, una frazione di La Spezia, il 16 giugno 1945. A 15 anni era entrato nel Seminario del Pime a Vigarolo e aveva poi proseguito il percorso formativo a Monza e a Milano. Nel 1972 era stato ordinato sacerdote nella sua La Spezia dal vescovo diocesano, mons. Giuseppe Stella; e il legame con la propria Chiesa d’origine non sarebbe mai venuto meno nella sua vita di missionario. Destinato al Brasile ha svolto il suo ministero per 48 anni in Amapá, la regione dell’Amazzonia alla foce del Rio delle Amazzoni. Ha operato prima nell’arcipelago di Bailique, poi nella fondazione delle parrocchie di Porto Grande e Laranjal do Jari e infine in alcune parrocchie della città di Macapà (Sacro Cuore di Gesù e Jesus Bom Samaritano). Tra gli ambiti a cui ha dedicato più energie c’è stata a lungo la pastorale carceraria. L’anno scorso, infine, per raggiunti limiti di età, aveva consegnato le dimissioni al vescovo di Macapà e fatto ritorno in Italia.
Proprio in quell’occasione lo avevamo intervistato su questo sito e aveva riassunto così il suo lungo ministero tra la gente dell’Amapà: «Il Signore mi ha dato la grazia di sapere camminare insieme alle persone, accanto a loro. Con tutti, anche con chi sta in una prigione. Un giorno, in prigione, un uomo pianse molto con me perché vedeva che ero trattato come un detenuto. Ma io anche lì ho sempre agito nello stesso modo: è la relazione personale che crea lo spazio per mostrare il volto di Dio. Se fossi entrato nelle carceri tra i detenuti in un modo diverso, loro non avrebbero accolto questo spazio di misericordia, questa occasione per la conversione. Quando Gesù diceva: “Fai questo in memoria di me”, non stava solo chiedendo di dire Messa, ma stava chiedendo di portare Messa nella vita, nella vita di tutti i giorni. In questo cammino sono anche cresciuto e cambiato. Cresciuto e cambiato molto».