In libreria l’ultimo romanzo dello scrittore cinese dissidente Ma Jian, che critica il regime con un fantasmagorico mix di realtà e fantasia. La denuncia dello scrittore è chiara: la popolazione cinese si sta convertendo in «una massa di adulti-bambini che viene nutrita, vestita e intrattenuta, ma che non ha diritto di ricordare il passato né di fare domande»
Ma Jian è uno dei più grandi scrittori cinesi contemporanei, ma pochi in Cina sanno della sua esistenza e, soprattutto, dei suoi romanzi. Come le opere del premio Nobel per la letteratura Gao Xinjian, anche i libri di Ma sono fuorilegge in Cina. Dal 1997, lo scrittore si è trasferito in Europa, dapprima in Germania, poi in Gran Bretagna dove attualmente vive. Come ha ribadito in un’intervista, «in Inghilterra posso scrivere quello che voglio. Quindi scrivo su temi sensibili, perché ho la libertà di farlo, e dunque ho il dovere». In questi giorni, esce in italiano la sua ultima fatica, Il sogno cinese (Feltrinelli, euro 15). È il suo settimo romanzo e, come i precedenti, non può che risultare irritante agli occhi del regime.
A cominciare dalla copertina: ritrae la sagoma di un albero nodoso che si sta rompendo in mille pezzi ed è opera dell’artista Ai Weiwei, un’altra voce critica. «Nei rami frantumati», scrive Ma, «vedo la brutalità dell’autocrazia, il sé fatto a pezzi e il forte desiderio di libertà dell’animo umano. Racchiude tutto ciò che volevo esprimere con Il sogno cinese».
Per entrare nello spirito di questa storia distopica, narrata in tono satirico e graffiante, occorre ricordare che “il sogno cinese di ringiovanimento nazionale” non è un’invenzione dello scrittore, ma è realtà in Cina. Si tratta del programma del segretario generale del partito. Nel 2012, nel corso di una visita al Museo nazionale della Cina, Xi Jinping annunciò il suo manifesto, promettendo un ritorno al glorioso passato cinese e un benessere economico crescente grazie al governo comunista. Per riuscire a portare a termine il suo ambizioso progetto, nel 2018 Xi è riuscito a ottenere, con una riforma della Costituzione, l’abolizione del limite di due mandati, mantenendo potenzialmente la carica di presidente a vita. Inoltre, il pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era è entrato nella carta costituzionale cinese, facendo di lui – a detta dei politologi – il leader più potente della storia moderna del Paese dopo Mao.
Il sogno cinese va letto tenendo presente questo scenario. Il protagonista, Ma Daode, è un funzionario di partito sessantenne, arricchito e donnaiolo, che vanta una lista di dodici amanti principali, più quelle occasionali. Ha una moglie che sopporta questa situazione e una figlia che studia in Inghilterra. Nella prefettura di Ziyang è un’autorità: è infatti il direttore dell’Agenzia del Sogno cinese. Il suo compito è assicurarsi che il Sogno cinese entri nella mente di ogni abitante. E per farlo, sta progettando un microchip da impiantare nel cervello, per cancellare ogni ricordo e ogni sogno personale e privato. Peccato che il povero Ma Daode sia funestato da un disturbo di personalità: i suoi sogni finiscono per perseguitarlo anche da sveglio, impedendogli di distinguerli dalla realtà e mettendolo in grave imbarazzo.
Il passato che riaffiora è quello dei tempi della Rivoluzione Culturale in cui Daode, che era ragazzino, denunciò il padre come controrivoluzionario. Le vessazioni subite da parte della Guardie Rosse da entrambi i genitori li condussero al suicidio. Daode ha cercato di rimuovere questo ricordo, ma è perseguitato dai sensi di colpa. Non solo: le visioni che lo tormentano gli riportano alla memoria i fatti di sangue commessi da lui personalmente, in quella che è descritta come una guerra civile. Fazioni rivali di giovanissimi studenti si sono massacrate, entrambe convinte di lottare per far trionfare il pensiero di Mao. Una follia collettiva.
Mentre cerca di neutralizzare questi ricordi da incubo, Ma Daode deve occuparsi dell’evacuazione del villaggio di Yaobang – dove è stato confinato durante la Rivoluzione Culturale – per estendere l’odierno parco industriale, fronteggiando le ire dei contadini costretti a lasciare le loro case. Sulla Piazza del Giardino, nella nuova area, il funzionario ha previsto di ambientare la cerimonia del Sogno delle nozze d’oro, in cui coppie di ottuagenari vestiti da sposini celebreranno la loro unione e vivranno il loro sogno cinese. Dopo una notte orgiastica al nightclub Guardie rosse, in una stanza arredata come la carrozza privata di Mao con hostess in uniforme d’antan, Ma Daode finirà però nei guai…
Lo stratagemma narrativo delle visioni del passato, inserite in corsivo nel testo, è efficace e poco alla volta ci restituisce le immagini e gli eventi di un’epoca che oggi in Cina si tende a non ricordare. Ma Jian, classe 1953 come Xi Jinping, conosce bene quel periodo storico. La sua istruzione è stata interrotta proprio dalla Rivoluzione Culturale. La denuncia dello scrittore è chiara: la popolazione cinese si sta convertendo, in virtù del Sogno cinese, in «una massa di adulti-bambini che viene nutrita, vestita e intrattenuta, ma che non ha diritto di ricordare il passato né di fare domande». E intanto accetta «la bugia secondo la quale i responsabili del miracolo economico sono i leader del Partito, e non lo sconfinato esercito di lavoratori sottopagati». Consumismo frenetico e nazionalismo esasperato, secondo Ma Jian, sono gli ingredienti di questo miracolo, che rende accettabile ogni forma di amnesia. Come Ma Daode, i cinesi vogliono evitare di ricordare.