Le norme tuttora impediscono alle coppie di avere più di due bambini e se un terzo viene dato alla luce è prevista una multa. Ma il South China Morning Post racconta la “storia di successo” dell’imprenditrice Zhang che, desiderando una famiglia numerosa, ha potuto averne sette pagando 155mila dollari
Più di 1 milione di yuan (155 mila dollari) in “tasse di mantenimento sociale”. E’ quanto Zhang Rongrong, imprenditrice 34enne del Guangdong, ha pagato insieme al marito per poter avere sette figli. A raccontare la storia è il South China Morning Post, il quotidiano di Hong Kong, che affronta con il ritratto di una famiglia numerosa di successo la questione della Cina ancora alle prese con le conseguenze della politica del figlio unico. Tuttora infatti le norme di Pechino stabiliscono un tetto di due figli per coppia, superato il quale scattano delle vere e proprie multe che il governo cinese impone a chi dà alla luce un numero di bambini superiore al consentito.
Era il 1979 quando il governo cinese, per contrastare l’incremento demografico, aveva introdotto la politica del figlio unico, con la drastica norma che vietava alle coppie di avere più di un figlio. Una scelta che si è rivelata un’arma a doppio taglio: le preoccupazioni riguardo al rapido invecchiamento della popolazione e al calo dell’indice di natalità hanno portato nel 2015 alla sua abolizione. Dal 1° gennaio 2016 in Cina è entrata in vigore la nuova politica dei due figli. Ma questo non è bastato a risolvere il problema della crisi demografica: se in un primo momento si è avuto infatti un aumento delle nascite, successivamente il numero di neonati ha continuato a diminuire. I dati mostrano che nel 2019 il numero di bambini nati è sceso di 580.000 rispetto all’anno precedente, raggiungendo il livello più basso dal 1961.
I prezzi degli immobili alle stelle, l’istruzione costosa e l’aumento dei costi sanitari rendono l’educazione dei figli una sfida sempre più costosa. Ma per Zhang, avere una famiglia numerosa non è affatto un problema. E’ nata e cresciuta nella regione del Chaoshan, o Teoswa, nel Guangdong orientale, nel sud del Paese, dove le famiglie tradizionalmente erano numerose, con una preferenza per i figli maschi: se i primi due figli sono femmine, si spera in un figlio maschio con il terzo o il quarto.
La scelta di Zhang non è dettata però da questo tipo di motivazione: i suoi primi due figli erano stati un maschio e una femmina. ha voluto sette figli semplicemente per non sentirsi sola. “Quando mio marito è via per viaggi e anche i più grandi sono via per studiare, ho ancora altri bambini intorno a me… Quando sarò vecchia, potranno venire a trovarmi a turno”, ha raccontato al South China Morning Post.
È importante sottolineare che aggirare il pagamento della quota di mantenimento sociale per i figli “extra” è praticamente impossibile per le coppie cinesi: senza di questo il bambino non può ottenere il documento di registrazione della famiglia, che garantisce i diritti fondamentali come, ad esempio, l’istruzione. Ma basta essere come Zhang, che nel Guangdong gestisce una casa di abbigliamento, un’azienda di gioielli e un’attività di skincare perché non sia un problema. Dopo il settimo figlio però anche lei si fermerà perché – racconta – il marito, che a causa del suo lavoro, ha sempre meno tempo da dedicare alla famiglia.
Sullo sfondo resta ovviamente la questione chiave: che società è quelle dove a stabilire il numero dei figli sono le possibilità di pagare un’ammenda che ti permette di infrangere quanto scritto nella legge? In un contesto in cui sempre più donne rimandano l’idea di avere figli o scelgono di non averne affatto, nella Cina di oggi c’è chi può averne ben sette perché semplicemente ha il denaro per farlo.