Caos e proteste: che cosa sta succedendo in Colombia?

Caos e proteste: che cosa sta succedendo in Colombia?

Continuano le proteste in Colombia, iniziate dopo l’annuncio di una riforma fiscale che avrebbe ulteriormente impoverito la classe media, già schiacciata dalla crisi economica che la pandemia ha portato con sé. Il governo ha risposto con una forte repressione attivando polizia ed esercito: almeno 25 le vittime e 87 le persone scomparse

 

da due settimane la Colombia è scossa da scontri violenti: sono 25 le persone rimaste uccise, incluso un poliziotto e almeno 87 scomparse. Continuano, infatti, le proteste iniziate il 28 aprile scorso quando decine di migliaia di persone hanno marciato per Bogotà, la capitale, nonostante la minaccia di violenza della polizia dopo che il presidente Iván Duque aveva annunciato una riforma fiscale volta a mitigare la crisi economica.

Il Paese – per essere in grado di spendere e mantenere i programmi sociali vitali come il sostegno economico ai disoccupati e le linee di credito alle imprese che lottano con la pandemia – ha bisogno di aumentare le entrate attraverso le tasse. Ma le dimostrazioni, organizzate dai maggiori sindacati, hanno visto la partecipazione di molte persone della classe media che temevano che i cambiamenti potessero farle scivolare nella povertà.

La riforma proposta, infatti, avrebbe abbassato la soglia di tassazione dei salari, colpendo chiunque avesse un reddito mensile uguale o superiore ai 2,6 milioni di pesos (684 dollari). Inoltre, avrebbe eliminato molte delle attuali esenzioni, oltre ad aumentare le tasse per le imprese. L’agitazione – alimentata dalla frustrazione per la sofferenza economica che ha generato 2,8 milioni di poveri in più rispetto allo scorso anno – ha raggiunto 247 città secondo il ministro dell’interno Daniel Palacios.

Nonostante il presidente abbia annunciato il ritiro della riforma, la rabbia popolare ha continuato a crescere. Infatti, i colombiani che manifestavano contro la povertà e la disuguaglianza, sono stati accolti con una dura repressione dal loro governo che ha risposto alle proteste con la stessa forza di polizia militarizzata che spesso usa contro i combattenti ribelli e il crimine organizzato. Video di poliziotti antisommossa che usano gas lacrimogeni e manganelli contro i manifestanti sono diventati virali sui social media, diffondendosi oltre le grandi città e in tutto il Paese. “Soffro per la Colombia, per il mio Paese. Tutto quello che possiamo fare per farci sentire è protestare e per questo ci stanno uccidendo”, ha raccontato ai microfoni del New York Times Helena Osorio, un’infermiera di 24 anni. I dimostranti ora includono insegnanti, medici, studenti, membri dei principali sindacati, attivisti e colombiani che non erano mai scesi in piazza prima d’ora.

Alcuni degli incidenti più violenti hanno avuto luogo nella città di Cali, nell’ovest del Paese, dove le strade sono state bloccate e decine di edifici sia pubblici che privati sono stati attaccati. La violenza contro i manifestanti da parte della polizia ha allarmato l’ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani. Durante una manifestazione, infatti, la polizia e l’esercito hanno sparato con armi semiautomatiche e fucili.

A Bogotá la folla ha distrutto 25 postazioni della polizia, incendiandone una e ferendo cinque agenti. Anche le stazioni degli autobus in tutta la città sono state vandalizzate. Alla fine dei cortei 45 stazioni erano fuori servizio a causa dei danni e il governo incolpa i dimostranti della violenza: “La violenza è stata sistematica, premeditata e finanziata da organizzazioni criminali”, ha affermato il ministro della difesa Diego Molano alla BBC.

Nel frattempo, il presidente Duque ha affermato che il governo è pronto al dialogo nazionale e ha annunciato la creazione di uno “spazio per ascoltare i cittadini e costruire soluzioni”. Ma “la gente non può sedersi a dialogare con un governo che di notte uccide le persone che protestano e di giorno tende una mano nella conversazione”, ha affermato Sandra Borda, analista politica ed editorialista del quotidiano El Tiempo. Le Ong per i diritti umani affermano che il numero reale di morti potrebbe essere molto più alto e hanno chiesto al presidente di trattenere la polizia dall’uso eccessivo della forza.

Il Paese – che per decenni ha eletto leader conservatori – terrà le elezioni presidenziali nel 2022. Il presidente Duque, conservatore, ha perso sempre più consenso dall’inizio della pandemia e per legge non potrà ricandidarsi per un secondo mandato alle prossime presidenziali. La risposta del governo alle proteste potrebbe essere un fattore significativo nel voto del prossimo anno. È infatti l’ex sindaco di Bogotà ed ex membro di un gruppo di guerriglieri, Gustavo Petro, espressione della sinistra, riisulta in testa nei sondaggi.