Una scuola di alpinismo ha permesso a tanti giovani peruviani di scalare le loro montagne, trovare un lavoro dignitoso e finanziare alcuni progetti. L’originale iniziativa dell’Operazione Mato Grosso
«Un tempo i ragazzi della Cordillera Blanca, sulle Ande peruviane, assistevano passivamente all’andirivieni degli alpinisti nordamericani ed europei, che rappresentavano per loro modelli inavvicinabili, ma che, purtroppo, non sempre si dimostravano attenti all’ambiente umano e alla cultura locale. Poi qualcosa è cambiato». Chi racconta è Giancarlo Sardini, classe 1964, bresciano, un amante della montagna che ha fatto della sua passione un lavoro e un’occasione di solidarietà.
Se parliamo di lui su una rivista missionaria è perché Giancarlo ha speso la sua professionalità mettendola a servizio di un ambizioso progetto di solidarietà, «trasformando dei pastori in guide di alta montagna». È anche grazie a lui, infatti, se è andato in porto un progetto che pareva un’utopia: la Escuela de Guias Don Bosco en los Andes, ossia una scuola di andinismo (come si chiamano le scalate sulle Ande ndr) grazie alla quale tanti giovani peruviani hanno trovato un’opportunità di lavoro dignitoso. Un’avventura ripercorsa in Sulle Ande con le scarpe bucate (pp. 318, euro 20), che Giancarlo, con la collaborazione di Valerio Gardoni, ha pubblicato per i tipi di Montura Editing.
Volontario fin dal 1985 dell’Operazione Mato Grosso (Omg, la realtà fondata dal salesiano padre Ugo de Censi nel 1967, che oggi conta centinaia di presenze in vari Paesi latinoamericani), è sposato dal 1989 con Marina Loda, ha due figlie, Marta e Marianna, di 29 e 26 anni. Con la famiglia ha passato oltre 16 anni tra il 1997 e il 2013, come volontario Omg sugli altipiani boliviani e peruviani. Attacca Giancarlo: «Avevo vent’anni quando mi venne proposto di partecipare a un campo estivo del gruppo in Val Formazza. La vita di gruppo, il lavoro per i poveri e la ricostruzione del Rifugio Claudio e Bruno, insieme all’ideale della carità che cementava il nostro fare, si rivelò per me un mix affascinante».
Da allora il suo impegno nell’Omg si è rafforzato. Continua Giancarlo: «Una ventina e più di anni fa, per la prima volta, alcuni giovani peruviani, invogliati da padre Ugo, salirono sul Pisco (5.752 m), la più abbordabile delle cime della zona, dalla quale si gode uno spettacolo impareggiabile. Nel 1990, guidati dal bresciano Battistino Bonali, uno dei più promettenti alpinisti del momento, una sessantina di giovani peruviani legati all’Omg ritornarono su quella montagna, con l’entusiasmo di chi, scoprendo il proprio mondo, comincia a prenderne piena coscienza e ad appropriarsene. Pochi giorni dopo, in 25, salirono sull’Huascaran Norte (6.665 m): i primi giovani del posto, i primi poveri, a mettere piede sulla Regina della Cordillera Blanca, ad ammirare dall’alto le loro valli, i loro paesi». Era la premessa di un sogno che di lì a qualche anno si sarebbe concretizzato.
Sardini coinvolge Bonali in un’altra opera di solidarietà. «Battistino era reduce da una grande impresa sull’Everest e accettò di collaborare con noi alla ristrutturazione del Rifugio Laeng, nel Bresciano, per poi affidarlo in gestione a volontari dell’Omg. Fu in quell’occasione che Bonali mi confidò l’ambizioso progetto che stava coltivando: la ripetizione della via Casarotto sull’Huascaran (un’impresa epica compiuta per la prima volta da Renato Casarotto nel 1977 impiegando 17 giorni). Purtroppo, l’anno successivo, nel corso di quell’avventura, Battistino e il suo compagno Giandomenico Ducoli avrebbero perso la vita». La tragica morte dei due amici alpinisti è uno choc anche per l’Omg. Ma il progetto della Scuola per le guide prende forma comunque, solo qualche anno più tardi, dalla volontà di «salire in alto per aiutare chi sta in basso».
«Nel 1997 abbiamo avviato la formazione di giovani campesinos, dando inizio alla scuola di guide a Marcará, un punto strategico sulla Cordillera. Terminata la fase organizzativa, abbiamo avviato una serie di esplorazioni, disegnando nuovi trekking sia nella Cordillera Blanca che nella più selvaggia Huayhuash. Grazie a questa iniziativa, nel corso degli anni, decine di giovani hanno potuto trovare lavoro come portatori, cuochi e guide ad alpinisti noti in tutto il mondo».
Dal punto di vista squisitamente alpinistico, non sono poche le soddisfazioni raccolte.
«Nel 2006 – spiega Sardini – abbiamo organizzato la prima spedizione peruviana in Patagonia, permettendo all’aspirante guida Jaime Ramirez Quiroz di stabilire sull’Aconcagua, la vetta più alta delle Americhe (6.956 m), il nuovo record di velocità in salita e discesa, con il tempo di 14 ore e 59 minuti. Ancora: il 3 ottobre 2009, in Bolivia, la squadra dell’Escuela Don Bosco ha stabilito un nuovo record di velocità sulla montagna più frequentata della Cordillera Real, il Huayna Potosí (6.088 m), grazie a Cesar Rosales, 26 anni, che ha impiegato 2 ore e 21 minuti. Normalmente, per compiere quell’ascensione gli andinisti impiegano due giorni».
Sulla Cordillera Blanca, l’Omg ha pure realizzato una serie di rifugi, con l’apporto di centinaia di volontari: «Quattro perle di rara bellezza, tutte tra i 4 e i 5 mila metri, che rappresentano altrettanti punti d’appoggio per chi voglia scalare le vette circostanti». Con gli introiti di questa attività vengono finanziati progetti promossi dall’Omg, in particolare per la cura degli anziani e dei più bisognosi: la solidarietà ad alta quota.