Una settimana fa ci lasciava padre Adolfo L’Imperio, per tanti anni missionario in Bangladesh. Il ricordo della nipote Silvia: “Tutta la tua incredibile vita è stata un viaggio in aiuto dei poveri e dei bisognosi, non rinunciando mai al sogno di costruire un futuro di resurrezione”
Caro padre Adolfo, caro amico, fratello, caro zio,
non è facile trovare le parole per salutarti pensando che questo è il tuo ultimo viaggio, abituata come sono a vederti partire, a saperti lontano nei luoghi dove hai scelto di svolgere la tua missione e dove ho imparato a condividerti per un bene più grande.
Non è facile raccontarti, ripercorrere una vita così intensa e significativa. Non è facile decidere quali episodi riportare qui oggi, tra i tantissimi che hanno reso straordinaria la tua esistenza.
Ed è ancora più difficile per me, che vengo sopraffatta dalla tua storia, ancor prima che dalla tristezza che sento come nipote di fronte alla perdita dello zio più caro. Ma devo e voglio, per restituirti tutta la mia ammirazione e la gratitudine che non ho saputo esprimerti come avrei voluto.
Si può essere buoni, caritatevoli e dediti agli altri e lo si può essere con la determinazione, la forza, l’energia incredibile che tu ci hai messo. Una vocazione, la tua, che parte da lontano, dal tuo dedicarti, poco più che adolescente, ai giovani dell’Azione cattolica, donandovi tutto il tuo tempo libero dal lavoro di perito che ti vedeva già allora impegnato alla costruzione di strade e opere di utilità pubblica.
Proprio questa tua voglia di costruire ti ha portato in giro per il mondo, dapprima a formarti e poi a dedicarti completamente agli altri. Lo hai fatto con il Pontificio Istituto per le Missioni Estere (il Pime), che è una confraternita bellissima, amorevole, operosa, e nella quale hai trovato la forza della carità e della solidarietà più vera fino all’ultimo dei tuoi giorni, circondato dalle cure e dall’affetto di quella che è stata per te un’altra famiglia, oltre la nostra.
Questo tuo impegno si è svolto soprattutto come padre missionario in uno dei Paesi più poveri e flagellati del mondo: il Bangladesh. Ti sei prodigato per piccole e grandi opere, dal gioco dei bambini, a tutto quello che rendesse più accettabile la vita a popoli che non hanno nulla, dallo sfamarli, cosi come nel rendere possibile l’istruzione, la salute, le comunicazioni e usando tutta la tua esperienza per la costruzione di strade, ponti, chiese, e anche lì hai trovato un’altra famiglia, oltre la nostra.
La realizzazione più importante e più felice che hai compiuto è il santuario della Madonna di Rajarampur, luogo di pellegrinaggio da tutto il Bangladesh, e la cappella del Rosario di Danjuri, il sito che hai amato di più e dove vuoi tornare per l’eterno riposo.
Ma il tuo impegno è stato incessante, non solo per le costruzioni, anche per la forte spinta spirituale che ti impegnava alla catechesi soprattutto rivolta agli adulti. Un impegno ancor più rilevante, pensando che hai vissuto periodi storici difficilissimi in quelle terre, dove la guerra per l’indipendenza del Bangladesh ha visto nel conflitto con il Pakistan molti, moltissimi morti, anche tra i tuoi confratelli, e che tutt’ora vede terribili attacchi diretti e indiretti alle missioni presenti.
Hai affrontato il tuo compito senza tentennamenti, senza risparmiarti, vincendo con la fede dei giusti le paure provocate da così tanti rischi. La tua serenità, la tua gioia nel dedicarti agli altri, quella disponibilità verso tutti e ancor più verso gli ultimi, ti ha reso una persona amatissima, tanto da creare intorno a te un’aura di stima, di amore cristiano, come a restituirti un profondo ringraziamento. Il tuo impegno, e quello di tanti dei tuoi confratelli, rendono questo mondo migliore e ci danno l’occasione di essere liberati da un po’ di peccati della nostra anima non sempre indulgente, non sempre disponibile, non sempre solidale.
Tutta la tua incredibile vita è stata un viaggio in aiuto dei poveri e dei bisognosi, non rinunciando mai al sogno di costruire un futuro di resurrezione. Per questo, avendo conosciuto la tua straordinaria energia interiore, sin da bambina mi ero convinta che tu avessi una particolare dispensa rispetto alla morte e che questo momento non sarebbe mai giunto.
E poi, quando una settimana fa, ho potuto vederti riabbracciare la tua cara sorella, mia madre, e ho visto tendervi quell’ultima carezza di un affetto infinito, trasparendo dal tuo volto e dal tuo sguardo una consapevole serenità, allora ho capito che era per lei il tuo estremo saluto, dolce epilogo di una esistenza compiuta, piena, oserei dire perfetta.
Averti vissuto è stata una benedizione, un regalo prezioso che porterò sempre con me, insieme a mia madre, e alle tante famiglie che ti hanno amato.
Grazie per l’esempio che sei stato e sempre sarai.
Tua nipote, Silvia