Il Vangelo che libera da magia e paura

CRONACHE DALL’ALTRO MONDO
Parola di Dio e vita di fede possono essere strumenti di liberazione, ma si deve accogliere con pazienza e rispetto la diversità dell’altro

Il “fattore-magia” è molto sentito in Papua Nuova Guinea e se non lo si comprende nella sua profondità rischia di diventare un ambito di scontro con la gente. Anche perché non stiamo parlando di giochi di prestigio o di illusionismo, ma di sortilegi e rituali che si crede possano danneggiare le persone. Visitando i malati dei villaggi si nota che è veramente raro che la gente faccia risalire la causa del loro malessere a qualcosa di naturale. È molto radicata l’idea che malattie e incidenti non siano dovuti ad agenti patogeni, virus o affini, ma dipendano fondamentalmente da qualche maleficio.

Ho vissuto uno di questi casi da vicino e, pur nella sua tragicità, è stata un’occasione per avvicinarmi di più alla gente. è stato anche un modo per comprendere meglio come il Vangelo possa essere strumento di liberazione e come si debba accogliere la realtà dell’altro, rispettandone scelte e lentezze nel cammino.
Un giovane leader cristiano, Matthew, dopo aver ricevuto il sacramento del matrimonio, mi ha chiesto di poter diventare catechista. Abbiamo così intrapreso un percorso di formazione durante il quale sono stata colpita dai suoi discorsi e da come vivesse in prima persona, coinvolgendo la famiglia, il cammino di fede e di preghiera. Poi ha cominciato ad avere problemi alla gola con una lenta perdita della voce. Nella mia mente ho associato la malattia al fatto che fosse un gran fumatore e ho incoraggiato lui e la famiglia a fare tutti gli esami possibili per verificare le cause e trovare la cura più adatta.

La situazione però andava peggiorando e le terapie prescritte venivano progressivamente abbandonate per dare spazio alle cure tradizionali dei cosiddetti curatori di villaggio che con parole e gesti rituali si propongono di trovare sia le cause che le soluzioni al problema. Questi rituali venivano affiancati dalla preghiera della famiglia e di tutta la comunità, e il lato magico e la vita di fede si andavano progressivamente mischiando. La famiglia non ha accettato il ricovero in ospedale perché ci lavorava un conoscente che temevano avrebbe fatto qualche sortilegio. E così per Matthew non c’è stato più nulla da fare: ha lasciato la moglie e la figlia di soli quattro anni il giorno in cui la comunità cristiana si apprestava a celebrare la festa patronale, marcandolo in maniera indelebile per tutti.

Questa vicenda mi ha messo di fronte a una realtà tanto complessa, quanto difficile da accettare. Il Vangelo e la fede che sono certa fanno parte della vita di questa famiglia sembravano aver ceduto il passo all’aspetto magico della malattia.
In un primo momento la sua morte mi è sembrata una sconfitta anche del messaggio evangelico, apparentemente incapace di illuminare questa situazione; poi mi sono resa conto che in realtà la Parola di Dio ha un ruolo diverso da come forse ero più incline a pensare. La Parola si incarna, sempre e comunque e la sua forza va oltre le apparenze.
In una realtà dove l’aspetto magico è dominante con tutto il suo bagaglio di timori e paure, il Vangelo si fa compagno di strada discreto, ma costantemente presente e interpella noi missionari, specialmente gli occidentali, a farci fratelli e compagni di viaggio di questa gente, rendendo noi stessi ancor più visibilmente segno di una presenza con la quale le credenze magiche non possono competere. MM