Il paese vive un’emergenza umanitaria perenne e la situazione non accenna a migliorare. Ma la presenza del missionario laico Maurizio Barcaro e una scuola appena ricostruita sono segni di una ripartenza possibile
E’ difficile trovare un aggettivo per descrivere la situazione di Haiti. “Grave” è sminuente; “disastrosa” è un termine troppo spesso utilizzato dai mezzi d’informazione e non rende più l’idea di un contesto giunto a tali estremi. Forse per capire a che punto è arrivato questo piccolo Paese caraibico può esserci utile un aneddoto di una delle lettere di Maurizio Barcaro, missionario laico sul posto, a riguardo delle richieste dei bambini haitiani per Babbo Natale: «Un pallone, una bambolina, che non ci siano spari nell’aria così che possano uscire a parlare con gli amici, che torni la benzina».
Haiti è il Paese più povero dell’emisfero settentrionale, incastrato in uno stato di miseria a causa di un’instabilità politica che dura ormai da trent’anni. Ma in realtà colpi di Stato, dittature e regimi militari, corruzione endemica e omicidi politici hanno logorato quest’isola sin dall’inizio della sua storia post coloniale. Solo nel 1991, quasi 200 anni dopo la dichiarazione d’indipendenza dalla Francia, il Paese è riuscito a eleggere democraticamente un presidente, e solo nel 2001 un capo dello Stato è arrivato (vivo) al termine del suo mandato. Una lunga tradizione di violenza che ha visto l’ultimo episodio nel luglio 2021, in cui è rimasto vittima il presidente Moïse. Altrettanto drammatica e lunga è la storia di calamità naturali che hanno colpito Haiti. Madre natura sembra essersi accanita sull’isola, dal momento che l’ha colpita nel 2004 con un uragano, poi con un terremoto e un’epidemia di colera nel 2010, di nuovo con un uragano nel 2016 e infine con un altro terremoto l’agosto scorso.
Di fatto, Haiti vive in uno stato di emergenza umanitaria ormai da anni, con larghe fasce della popolazione che vivono in estrema povertà abitando vaste baraccopoli, mentre le ultime disgrazie hanno portato a un aumento vertiginoso della criminalità. Bande di uomini armati tengono in scacco l’economia, bloccando carburante e merci. Non solo: Maurizio Barcaro, nelle sue comunicazioni, riporta che i banditi hanno messo in atto «sequestri di persona, furti in pieno giorno, blocchi stradali per derubare chiunque passa con la macchina o i camion. Queste bande, che si combattono fra di loro per il controllo di certe zone, operano quasi indisturbate, coscienti che la polizia locale non riesce ad arginare la loro azione. La polizia è mal pagata, manca di mezzi per essere efficace sul campo e non riesce a operare con determinazione. È in un contesto del genere che la gente deve vivere ad Haiti ultimamente. Come parlare di sviluppo se non c’è una stabilità politica e se la criminalità tiene in ostaggio tutto un Paese?».
Il Pime, proprio grazie a Barcaro, opera ad Haiti da molti anni, con numerosi sostegni a distanza attivi, diversi progetti periodici realizzati e, naturalmente, nei momenti di maggior bisogno. Subito dopo il sisma dell’agosto 2021 l’Istituto ha riaperto il Fondo Emergenza S112 dedicato al Paese, per poter agire tempestivamente inviando aiuti alla popolazione più in difficoltà. Ma esistono anche programmi di sostegno che vengono messi in atto in maniera più discreta, rivolti a coloro che «non riescono nemmeno ad arrivare davanti al nostro portone per chiedere aiuto» racconta Barcaro. «Sono d’accordo con il detto “Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno; insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita”. È facile dirlo stando dietro alle scrivanie, con la cuoca, l’ottimo stipendio e altri privilegi. Ma vi assicuro che non è per niente facile mettere in pratica l’aforisma di Confucio. La missione invece è nata con queste parole del Vangelo: “In verità io vi dico: tutto quello che fate a uno solo di questi miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me”.
La nostra presenza qui non risolverà certo i problemi del Paese, ma fa la differenza nella vita della gente che aiutiamo». Il Pime è vicino in particolare ai bambini, grazie ai sostegni a distanza che garantiscono loro l’accesso all’istruzione. «Nel marasma di questo Paese l’unica costante nella loro vita è la scuola. Fargli perdere la possibilità di frequentarla sarebbe come abbandonarli», spiegava Barcaro in una testimonianza poco dopo il sisma del 2021. Il Fondo S112 è servito anche a ricostruire una scuola crollata a L’Asile, nel Sud del Paese, la zona più colpita dal terremoto, che aveva distrutto anche la chiesa e molte delle abitazioni. Nella cittadina erano arrivati solo degli aiuti sanitari, e il parroco non aveva speranze di reperire aiuti per la ricostruzione presso le istituzioni ecclesiali locali. Maurizio Barcaro ha potuto inviare a L’Asile sette capi muratori che hanno assoldato personale locale per iniziare la ricostruzione della scuola. Un lavoro non semplice, visti tutti gli ostacoli sul percorso. Aumento dei prezzi dei materiali, carenza di carburante, strade bloccate dai banditi hanno comportato diversi ritardi. Nonostante questo, tutto il villaggio ha contribuito come poteva alla ricostruzione, dalle donne che hanno cucinato per gli operai, al parroco che ha fornito loro delle tende per dormire, fino ai ragazzi che portavano acqua per il cantiere. Nel frattempo, le lezioni per i bambini sono andate avanti in aule di fortuna ricavate da tendoni blu.
«Il mio rispetto per questo popolo aumenta di giorno in giorno» racconta Maurizio Barcaro. «Passano da una prova all’altra con molto coraggio e dignità. Piangono, si disperano, ma giusto il tempo necessario, poi si tolgono la polvere dalle spalle e la vita continua». MM