Dopo l’attentato subito lo scorso anno, monsignor Christian Carlassare è stato consacrato vescovo oggi 25 marzo 2022. «Sono chiamato a ripetere il mio sì alla Chiesa e al popolo del Sud Sudan», in un cammino di perdono e unità. E in attesa della visita di Papa Francesco a luglio
Ripartire dal perdono. A un anno dalla nomina, ma anche dal terribile attentato che lo ha colpito il 25 aprile del 2021, oggi, 25 marzo, festa dell’Annunciazione, monsignor Christian Carlassare è stato finalmente consacrato vescovo di Rumbek. Dove è tornato nei giorni scorsi, per ricominciare da dove aveva lasciato: dal perdono, appunto. Lo aveva invocato subito dopo essere stato gravemente ferito alle gambe. E lo ha messo al centro anche di questo giorno di festa in cui è tornato in mezzo al popolo del Sud Sudan e ai fedeli della sua diocesi che lo hanno accolto con grande gioia e calore.
«Parto con in cuore sentimenti di rinnovato affidamento sia a Dio che mai abbandona, sia alla Chiesa locale e alla comunità cristiana per camminare insieme mano nella mano», aveva detto alla vigilia della partenza questo giovane missionario comboniano vicentino di 44 anni. Succede al confratello padre Cesare Mazzolari, che ha lasciato un’impronta grandissima proprio nella diocesi di Rumbek, resistendo accanto alla gente nei lunghi anni della guerra con il Nord, quando la Chiesa rappresentava l’unico punto di riferimento per una popolazione calpestata e martirizzata. Ed è proprio sulla tomba di padre Cesare che monsignor Carlassare si è voluto recare in preghiera al suo arrivo a Rumbek, anche per ricordare simbolicamente – come aveva sempre fatto senza risparmiarsi il suo predecessore – che occorre uscire dalle logiche di guerra, odio e vendetta che continuano a funestare la società sud sudanese per guarire anche le ferite dell’anima, la memoria individuale e collettiva e provare a guardare avanti e promuovere autentici cammini di riconciliazione e unità.
«La chiesa sud sudanese è una chiesa povera – ricorda padre Christian – dove mancano sicurezze e mezzi, ma può contare sulla solidarietà e resilienza della gente. È una chiesa ferita e sofferente, ma non mancano fede e speranza nella guarigione. È una chiesa giovane che ha un lungo cammino da percorrere davanti ad essa. È una chiesa fragile e imperfetta che fa esperienza dell’amore compassionevole di Dio ed è chiamata a essere testimone di misericordia».
Pace e unità sono due parole che ricorrono continuamente nella diocesi di Rumbek così come in tutto il Sud Sudan, che continua a essere un Paese a pezzi, dilaniato da molti conflitti che infliggono alla popolazione sofferenze e miseria. «Con l’indipendenza – ci diceva il vescovo durante il suo lungo soggiorno in Italia per la riabilitazione – i sud sudanesi sono diventati nazione, ma sapevano che sarebbero dovuti diventare popolo. Purtroppo, la politica del post indipendenza non ha aiutato a creare unità, ma ha contribuito a disintegrare anche le comunità locali, specialmente in questi ultimi anni di conflitto. Per questo, anche nel mio motto di vescovo della Chiesa di Rumbek, ho scelto il tema dell’unità, dell’essere uno in Cristo. È necessario riconoscersi come persone umane, portatrici di dignità e unità e di un percorso comune che vada oltre le distinzioni e le tensioni che purtroppo dividono ancora così tanto la gente del Sud Sudan».
Di queste tensioni è stato lui stesso vittima, ma oggi, 25 marzo, festa dell’Annunciazione, è finalmente un momento di festa e di svolta, l’occasione per guardare avanti. «Non è una ricorrenza che mi sono scelto, ma mi è stata data in dono – dice il vescovo -. Il sì di Maria è una risposta bellissima al sì di Dio per l’umanità. Anch’io sono chiamato a ripetere il mio sì alla Chiesa e al popolo del Sud Sudan in maniera forse un po’ più radicale di quanto sia riuscito a vivere fino ad ora. Prego perché la gente di Rumbek possa anche dire il suo sì al cammino di Chiesa da compiersi insieme. Per questo mi affido al Signore e alle vostre preghiere».
Chi certamente sta pregando per lui è Papa Francesco che è sempre stato molto vicino a padre Carlassare: «Il Papa ha sempre dimostrato molta vicinanza alla mia storia e ha voluto ancora una volta esprimerla ribadendo la necessità di non avere paura e di ricordarsi di una assistenza che viene dall’alto. Siamo accomunati dall’amore per il Sud Sudan e sono particolarmente felice di divenire vescovo subito dopo l’annuncio della sua prossima visita nel Paese».
Papa Francesco, infatti – dopo numerosi rinvii a causa della guerra – si recherà nella capitale Juba dal 5 al 7 luglio, dopo una visita in Repubblica Democratica del Congo. «Questo viaggio – sottolinea il neo vescovo – è veramente il compimento di una sua azione di pace per questo Paese».
Guarda qui la testimonianza di mons. Carlassare dall’ospedale di Nairobi, dove era ricoverato dopo l’attentato (nell’ambito dei Mercoledì del Pime)
Guarda qui il video dell’arrivo del vescovo Christian Carlassare a Rumbek