Il 22 maggio a Lione la beatificazione della laica francese che 200 anni fa diede vita all’Opera della Propagazione della fede. Spalancando il cuore al mondo
Questo mese vedrà anche un altro evento importante per i missionari di tutto il mondo: il 22 maggio a Lione in una cerimonia presieduta dal prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, il cardinale Luis Antonio Tagle, verrà proclamata beata la laica francese Pauline Jaricot (1799-1862), figura fondamentale nella storia dell’apostolato missionario.
Per spiegare la grandezza di questa figura basta probabilmente dire che se ogni anno in ottobre in tutto il mondo la Chiesa celebra la Giornata missionaria è grazie a un’intuizione nata con lei. A Lione nel 1822 Pauline Jaricot fondò, infatti, l’Opera della Propagazione della fede, un gruppo di fedeli animati dalla volontà di sostenere anche economicamente l’opera evangelizzatrice dei missionari nel mondo. Un’esperienza che dalla Francia si propagò poi in fretta in molti Paesi, fino a diventare uno dei quattro rami che costituiscono ancora oggi le Pontificie Opere Missionarie, cioè la rete di iniziative che nelle Chiese di tutto il mondo tengono viva l’attenzione all’annuncio del Vangelo e che in Italia hanno il volto della Fondazione Missio.
La scelta di Papa Francesco di beatificare Pauline Jaricot non è un semplice omaggio a un’istituzione. Molto più importante è la riscoperta della sua figura straordinaria, capace di spalancare il cuore al mondo in un tempo di crisi, per molti versi simile a quello che stiamo vivendo oggi.
Pauline era nata in una famiglia di ricchi produttori della seta lionesi il 22 luglio 1799. Dopo aver vissuto un’adolescenza agiata, un’infermità e la scomparsa della madre la segnarono profondamente: nel 1816 decise di sbarazzarsi di tutti i gioielli, iniziando a vestire come le operaie dell’azienda di famiglia che frequentava sempre più assiduamente. Fece un voto privato di castità, ponendosi al servizio dei poveri. Scelte personali che avvenivano in un contesto ben preciso: quello della Francia che stava uscendo dagli anni tormentati e anticlericali della Rivoluzione e della stagione napoleonica. Gli anni in cui alla sbornia di “libertà, uguaglianza e fraternità” si contrapponeva la restaurazione, con la pretesa di un mero ritorno ai valori del passato.
In questo contesto Pauline nel 1818 ebbe un’intuizione: mobilitarsi perché la Francia ripartisse da un ideale grande come l’annuncio del Vangelo ai popoli. Gli anni seguiti alla Rivoluzione erano stati un tempo difficile per le Missions Etrangères de Paris, il seminario dei missionari francesi fondato a metà del Seicento. Le partenze si erano ridotte al lumicino, i missionari lontani vivevano in condizioni di estrema precarietà. Pauline Jaricot – che conosceva bene questa situazione attraverso il fratello Philéas, aspirante missionario – si lanciò così in un’impresa: raccogliere ogni settimana da sempre più persone una moneta per aiutare la diffusione del Vangelo. Un aiuto concreto da accompagnare con la preghiera in piccoli gruppi. Ma, soprattutto, un’iniziativa popolare: dieci persone che si ritrovano insieme e coinvolgono altre dieci persone; e furono proprio le sue amiche operaie le prime a raccogliere la sfida. I “gruppi missionari” non nacquero – dunque – a tavolino, ma dal fermento di un laicato cattolico che voleva essere protagonista in una nuova stagione. Non a caso tra i primi a lasciarsi coinvolgere a Lione ci sarà anche un altro grande giovane francese di quella generazione, il beato Federico Ozanam, che poi nel 1833 alla Sorbona di Parigi insieme a un gruppo di coetanei darà vita a un’altra idea feconda: le Conferenze della carità di San Vincenzo de Paoli.
Nel maggio 1822 – quando l’Opera della Propagazione delle fede fu costituita ufficialmente – di dieci in dieci gli associati erano già diventati 500. E a macchia d’olio quell’idea si stava estendendo rapidamente alla Francia, all’Europa e al mondo intero. Nel 1835 Pauline si sarebbe poi recata a Roma da Papa Gregorio XVI che l’avrebbe incoraggiata a proseguire nel suo impegno a sostegno dell’evangelizzazione.
Nel frattempo, però, Lione veniva scossa dai moti operai; perché nella Francia della restaurazione non c’era spazio per la fraternità. Jaricot non fu indifferente nemmeno a quanto vedeva accanto a casa sua: cercò di mediare tra gli operai in rivolta e l’esercito mandato per reprimere. Poi, nel 1845, si lanciò lei stessa in una nuova impresa: impegnò la sua fortuna per comprare un sito industriale a Rustrel e farne una fabbrica modello che intitolò a Nostra Signora degli Angeli. Economicamente fu un fallimento, anche per il tradimento di alcuni amministratori: passò gli ultimi anni della sua vita a cercare di rimborsare i creditori, morendo in assoluta povertà il 9 gennaio 1862. Nonostante tutto questo, però, l’Opera per la Propagazione della fede aveva continuato a crescere: già nel 1841 era presente in 444 diocesi con centinaia di migliaia di aderenti. Nel 1922 – nel centenario della fondazione – Pio XI l’avrebbe riconosciuta come un’opera Pontificia. E quattro anni dopo sarebbe nata ufficialmente la Giornata missionaria mondiale. MM
Il legame con la nostra rivista
Per Pauline Jaricot uno degli obiettivi dell’Opera della Propagazione della fede era rendere tutti partecipi di quanto avveniva in missione. Per questo – accanto alla raccolta delle offerte – fin dal 1822 l’Opera da lei voluta iniziò a pubblicare gli Annali, cioè le relazioni dei missionari sulle loro attività. Nel 1868 poi, poco dopo la sua morte, a Lione nacque anche un bollettino settimanale intitolato Les Missions Catholiques. Fu proprio dalla traduzione di questo strumento che 150 anni fa a Milano nacque anche la nostra rivista.