Essere artigiani del proprio destino. Riprendendo l’invito di Papa Francesco, fratel Fabio Mussi, missionario del Pime in Ciad, ha avviato una serie di iniziative di sensibilizzazione e alcuni progetti che coinvolgono soprattutto studenti e donne per contrastare il disboscamento e favorire la piantumazione di nuovi alberi
Ogni sera, proprio fuori della missione di Am Timan, nella regione del Salamat, nel Sud-est del Ciad, le strade si animano di un via vai di gente per il mercato della legna per la cucina. Già a partire dal primo pomeriggio iniziano ad arrivare giovani donne con decine di asini stracarichi. E a partire dalle 16 inizia il mercato vero e proprio con animate discussioni tra venditrici ed acquirenti, in genere tutte donne.
Senza alcuna pretesa scientifica, ho stimato che solo nel mercato fuori casa la legna che viene venduta corrisponde a due grandi alberi al giorno. Significa che ogni anno ne vengono abbattuti almeno 730 per rispondere a una necessità essenziale: preparare da mangiare per le famiglie del nostro quartiere. Se poi si prendono in considerazione tutti e 4 i mercati “rionali”, il numero diventa enorme: quasi 3.000 alberi abbattuti ogni anno solo per la nostra cittadina di 20 mila abitanti.
Secondo le Nazioni Unite, dal 1990, il mondo ha perso 178 milioni di ettari di foresta, ovvero una superficie grande come la Libia.
Papa Francesco ci ricorda nelle sue ultime encicliche che ogni essere umano deve essere «artigiano del proprio destino». Le recenti encicliche “Fratelli tutti” e “Laudato si” da un lato ci “interpellano” e dall’altro ci aiutano a orientarci nel ricercare risposte adeguate alla realtà attuale in un’ottica cristiana.
Spesso ci accontentiamo di soluzioni proposte da grandi istituzioni che fondano le loro azioni, a volte, su una visione di “efficacia immediata”, altre su programmi faraonici irrealizzabili. Con il rischio di dimenticare i problemi concreti che sembrano “banali”, ma che domandano soluzioni elaborate e ben programmate.
Quindi, se vogliamo essere un po’ coerenti, dovremmo iniziare a rimboccarci le maniche e “cercare” soluzioni non teoriche, ma realistiche e praticabili nel nostro contesto, facendo tesoro anche dei «migliori frutti della ricerca scientifica oggi disponibile” (LS 15). Quindi le parole del Papa ci invitano a valorizzare i risultati delle esperienze altrui e del progresso scientifico, adattandoli alle diverse situazioni di vita per il bene di tutti.
Una responsabilità per ciascuno di noi
Insieme ad alcune persone di Am Timan, interessate alla sfida della deforestazione e dell’avanzata del deserto, abbiamo iniziato a guardarci attorno e ricercare delle soluzioni endogene e realizzabili a breve e medio termine. Abbiamo constatato quanto il problema fosse certamente complesso e di non facile soluzione, ma non per questo deve essere accantonato e delegato solamente allo Stato o ad Organismi Internazionali. Ci siamo domandati a lungo: «Che cosa possiamo fare noi adesso con i mezzi a nostra disposizione?»
Innanzitutto abbiamo iniziato con un’analisi della situazione per capirne innanzitutto le cause e le ragioni profonde. Che sono sostanzialmente due. La prima è il fatto che in Ciad, ma anche in altre parti dell’Africa, non esistono alternative realistiche alla legna per cucinare. La seconda, non meno importante, è che il commercio di legna fornisce lavoro e sussistenza a un numero importante di donne e dunque di famiglie.
Sempre nella Laudato Si’, Papa Francesco dice che «ogni cambiamento ha bisogno di motivazioni e di un cammino educativo». Questo significa che a volte non bisogna accontentarsi delle soluzioni già preconfezionate, ma ricercarne di nuove e più coerenti con i valori proposti dall’Enciclica.
Così, come primo passo, abbiamo deciso di partire dalla scuola per educare i giovani a proteggere il Creato, la nostra “casa comune”, piantando degli alberi che produrranno legna da ardere. Abbiamo sensibilizzato innanzitutto gli insegnanti su questo tema da trattare con gli alunni. E in modo progressivo sono stati coinvolti ragazzi e ragazze delle scuole elementari, medie e del liceo nel preparare il terreno per piantare gli alberi.
Il terzo passo è stato appunto la piantumazione. Con la collaborazione attiva degli alunni, suddivisi per classi di età, sono stati piantati circa 1.000 alberi di neem, una pianta molto adatta al clima saheliano e con una buona rapidità di crescita. È una cifra irrisoria davanti ai 2.920 alberi necessari per la cucina ogni anno, ma riteniamo sia un buon inizio che vorremmo ripetere ogni anno.
Adotta un albero
Con l’avvio del nuovo anno scolastico nel settembre 2022, abbiamo fatto partire anche un’altra iniziativa con gli alunni delle elementari l’iniziativa, dal titolo “Adotta un albero”. Ogni bambino, infatti, è invitato a mettere una targhetta con il suo nome sull’albero che si impegna seguire per tutto il percorso scolastico. Certamente l’esempio e l’apporto pedagogico degli insegnanti è essenziale. Anche questa è una grande scommessa, che vale la pena di seguire. A tempo opportuno, poi, si potrà programmare la “potatura” degli alberi per recuperare una buona quantità di legna da vendere sul mercato.
Boschi produttivi e cucine “migliorate”
Inoltre, abbiamo previsto di coinvolgere gruppi di donne nella creazione di “boschi produttivi”. È un progetto a medio-lungo termine che potrà realizzarsi anche con il sostegno delle autorità amministrative che dovranno mettere a disposizione delle cooperative di donne, 5 o 10 ettari di terreno per la piantumazione di diverse essenze di alberi forestali. Anche questa iniziativa ha lo scopo di creare un’attività generatrice di reddito in quanto la legna potrà essere venduta.
Infine, vorremmo promuovere la diffusione di “cucine economiche migliorate” che permettono di risparmiare circa il 50% di legna e tempo per la cottura degli alimenti. Queste “cucine” sono generalmente realizzate in lamiera e hanno il vantaggio di poter essere trasportate e di durare a lungo. Sono “economiche” anche perché i costi di produzione non sono elevati
Una speranza e un impegno
Certo, questi piccoli progetti possono apparire come una goccia in un mare di bisogni. Ma, come diceva Marc Twain, parlando dei pionieri, «non sapevano che era un’impresa impossibile, allora l’hanno realizzata». Anche a noi piacerebbe seguire questo criterio. Il primo passo lo abbiamo fatto. E invitiamo ciascuno a fare il suo. A volte non conta tanto – o solo – il risultato, quanto aver osato provare e realizzare anche ciò che sembra impossibile.