L’organizzazione per l’assistenza ai disabili sostenuta dalla Fondazione Pime in Cina ha superato la dura prova della pandemia, facendosi carico di alcune piccole altre realtà che si sono ritrovate in difficoltà. E oggi è presente in 40 città
Uscire dalla pandemia scoprendosi più grandi di prima. Tra le storie più belle che la grande prova che tutti abbiamo vissuto negli ultimi anni ci ha lasciato in eredità, ce n’è una che viene proprio dalla Cina, il Paese dove tutto è cominciato e che ancora oggi per molti versi sta facendo più fatica a rialzarsi. Una storia di solidarietà che coinvolge Huiling, la realtà fondata dalla laica cattolica cinese Teresa Meng Weina per l’assistenza ai disabili in un Paese dove fino a poco tempo fa l’handicap era ancora considerato culturalmente una vergogna. Un’associazione che i missionari del Pime – in particolare padre Fernando Cagnin – hanno aiutato a far diventare negli anni un punto di riferimento per centinaia di famiglie in tutta la Cina, con il sostegno concreto di tanti benefattori in Italia attraverso la Fondazione Pime.
Con l’emergenza Covid improvvisamente Huiling si era ritrovata in una situazione difficilissima con rette locali e servizi bloccati e persone fragili particolarmente esposte. Eppure oggi possiamo dire che da questa esperienza è uscita non solo indenne, ma addirittura con la disponibilità a prendersi cura di ancora più persone. «Puntando sui valori più che sulle opere in sé, abbiamo indovinato la strada – racconta padre Cagnin, che continua a seguire questo percorso da Hong Kong -. Negli anni ci ripetevamo: facciamo le cose giuste, anche quelle piccole, nascoste, apparentemente insignificanti. Non investiamo sugli edifici là dove non è indispensabile, diamo priorità alla formazione del personale, registriamo le nostre attività, pubblichiamo i bilanci in maniera trasparente…».
Tutte queste accortezze hanno permesso a Huiling di reggere la prova, che pure è stata durissima in Cina: come noto, infatti, il governo di Pechino per frenare il contagio ha bloccato rigidamente e per molto tempo tante attività, allentando solo alla fine del 2022 le restrizioni. Essere riusciti a sopravvivere è stato, dunque, un risultato prezioso, anche guardando al contesto più generale di chi nel Paese si occupa di disabilità. «Tanti altri gruppi non ce l’hanno fatta – conferma padre Fernando -. Per questo abbiamo dato mandato al nostro personale di attivarsi per aiutarli. Immaginate un gruppo di dieci o trenta genitori che hanno aperto un piccolo istituto e ora non riescono più ad andare avanti. Che cosa succederebbe se queste realtà venissero meno? Così ci siamo detti: insegniamo loro il nostro metodo di lavoro. E se accettano le nostre regole li assorbiamo».
Ecco allora il paradosso: durante il Covid l’organizzazione sostenuta dai missionari del Pime non solo ha resistito, ma si è addirittura ingigantita: «Abbiamo trasformato Huiling in una realtà a due livelli – spiega Cagnin -. Da una parte il nucleo tradizionale, un po’ più forte; dall’altra quello degli associati che abbiamo assorbito. Così siamo diventati una realtà con quasi 500 dipendenti che mettendo insieme tutte le sedi presenti in 40 grandi centri della Cina raggiunge circa 3.000 assistiti. Sedi che si trovano quasi tutte nei capoluoghi, città con milioni di abitanti, perché lì le leggi funzionano meglio, ma si può anche provare a far crescere una rete di donatori locali, indispensabili oggi accanto ai benefattori italiani per un’esperienza che sta crescendo tanto».
La fine delle restrizioni imposte dalla politica “Zero Covid” in Cina, inoltre, ha permesso anche di far ripartire l’esperienza più bella di Huiling: gli spettacoli che i ragazzi portano in giro per tutta la Cina. «La ripresa è stata lenta e faticosa – osserva padre Cagnin -. Durante il Covid molti nostri operatori hanno continuato a lavorare come volontari, tentando di salvare il salvabile; altri li abbiamo comunque persi. Per questo ci siamo dovuti impegnare a fondo nella formazione dei nuovi, far incontrare la loro cultura con servizi all’avanguardia e la solidità dei nostri valori umani e cristiani. Considerando anche le realtà nuove che abbiamo assorbito, l’impegno a formare i nostri operatori resterà la prima delle urgenze anche per tutto l’anno prossimo».
Ma il teatro permette di ridare davvero la parola ai ragazzi disabili: «Non ci serve fare pubblicità o altro – insiste padre Fernando -. Ci basta far arrivare sul palco i nostri ragazzi e lasciare che portino in scena la loro vita. In un loro spettacolo, per esempio, parlano di questo tema: io vorrei sposarmi con questa ragazza, ma i miei genitori non mi lasciano e la società non ha leggi in grado di proteggermi. Lo condiscono anche con i canoni della tragedia cinese. E, allora, a quel punto fanno tremare il teatro: scatta il passaparola tra la gente. Siamo arrivati ad avere in sala anche 1300 persone insieme, tre piani di posti gremiti. Nel pubblico capita di trovare anche quelli del governo locale che prima ci avevano snobbato e alla fine scattano le foto della serata. Quando vedi le persone reagire così, capisci che cosa rappresenta oggi per la Cina Huiling».