Serve per annunciare un lutto, ma anche per animare canti e danze durante i funerali: che sono occasioni per onorare i defunti e per stringere le relazioni tra i vivi
Una delle cose che hanno attirato la mia attenzione nei primi mesi di missione è stato il “villaggio nel villaggio”: ovvero il cimitero. Spesso è il luogo più bello e curato. Quasi ovunque i cimiteri hanno lo stesso stile, sempre puliti e ordinati. Talvolta mi sono chiesto perché la gente conservi quasi meglio le tombe delle proprie case.
Anche quand’ero in Italia per la mia formazione, sono rimasto molto colpito dalla bellezza dei cimiteri. Ad ogni festa della commemorazione dei morti, si andava al cimitero di Monza per visitare i defunti e per pregare per loro. Ogni volta ero impressionato dalla bellezza delle tombe e delle decorazioni floreali. È giusto che i ricordi dei nostri cari siano sempre belli: perché i ricordi diventano memoria.
Nonostante questo, però, quando sono arrivato a Ouassadougou in Costa d’Avorio, è stata una sorpresa vedere che i cimiteri sono quasi più belli degli stessi villaggi. Poi mi sono reso conto che è perché qui la gente celebra la morte. Non perché la amino, ma perché la accolgono e perché rispettano i defunti.
Ecco perché anche il funerale è sempre una festa, dove tutti sono coinvolti attivamente. Una festa che non può cominciare senza il suono del tam tam. Un suono che innanzitutto comunica chi è morto, se un adulto, un bambino o una donna – e dove è morto – se nel villaggio, nei campi o in un’altra città. Quando suona il tam tam (parlante), tutti si radunano e cominciano i funerali.
La morte è un grande avvenimento: è la dipartita di un proprio caro verso il mondo degli antenati. Non è solo un affare di famiglia, ma di tutte le famiglie di tutto il villaggio. Si piange per il defunto, si piange per e con la sua famiglia. Ma la morte non è solo pianto; è anche canti, musica e danza al ritmo del tam tam, per non abbandonare la famiglia sola nel dolore. Danze, musica e incontri continuano per diversi giorni, per accompagnare i membri della famiglia del defunto. È un’occasione che unisce le persone e i villaggi.
Questo segno di rispetto e di venerazione dei morti si realizza anche nelle tombe. «Ci ricordano che non siamo qui come padroni della terra – mi ha detto un anziano del villaggio – ma come ospiti per un breve periodo di tempo. Queste tombe sono il nostro futuro e ci dicono che dobbiamo vivere bene il nostro presente: sono la nostra scuola di vita. Ci ricordano anche che tutti i defunti meritano rispetto. Sono come musei che raccontano la storia, tesori che custodiscono i misteri della vita. Sono la nostra “foto di famiglia”».
È così che ho capito perché le tombe sono più belle delle case.