Da Belém, traduzione portoghese di Betlemme, ci arrivano gli auguri di speranza di padre Sorrentino
«Andiamo fino a Betlemme per vedere quel che è accaduto e che il Signore ci ha fatto sapere» (Lc 2,15). Vi scrivo proprio da Betlemme. Sì, dalla “Betlemme amazzonica”, nello Stato brasiliano del Pará. Belém, infatti, è la traduzione in portoghese di Betlemme. È una metropoli che conta più di 1,3 milioni di abitanti, ricca di storia, arte e cultura, che però non sempre ha goduto di buona fama: fino a non molto tempo fa, infatti, era classificata tra le città più violente al mondo. Oggi, qualcosa sembra migliorare, ma resta ancora molto da fare, specialmente in termini di cultura preventiva.
Proprio su questo aspetto stiamo investendo nella nostra comunità parrocchiale, che sorge nella zona portuale, ai margini del fiume Guamá, in uno dei quartieri più popolosi di Belém segnato da una forte disuguaglianza sociale e dalla violenza.
Anche qui, tuttavia, tra agglomerati di palafitte e case, il Signore nasce nuovamente. Viene a liberarci dal peccato, dall’egoismo e dalla violenza. Ci dice che non solo Belém, ma tutta l’Amazzonia è terra fiorente di vita e di speranza, nonostante le dure ferite inferte dallo sfruttamento, dalla distruzione delle foreste, dall’inquinamento dei fiumi e dallo stato di abbandono nel quale versano molte popolazioni indigene. Ci insegna, soprattutto, che è possibile vincere il male con il bene, anche quando il traffico di stupefacenti, la prostituzione e l’aggressività dilagante sembrano avere la meglio in questo contesto.
Me lo ricordano i nostri ragazzi. Mentre vi scrivo, dalla sala accanto al mio ufficio i suoni dei loro flauti e il canto delle loro voci sono la conferma che «nuovi cieli e nuova terra» possono diventare realtà. Non è un pensiero “romantico”. Dall’anno scorso, infatti, nella nostra parrocchia, tre volte a settimana, funziona una piccola scuola di musica per bambini e adolescenti. La musica educa, unisce e alimenta la passione per il bello. È un passo concreto, nel segno della povertà di mezzi e della semplicità della mangiatoia di Betlemme. Nella stessa linea, ogni domenica e lunedì, il capannone accanto alla nostra chiesa funge da oratorio, dove bambini e adolescenti imparano a stare insieme, a pregare, a rispettarsi, a divertirsi in fraternità. In tutto ciò il Vangelo si fa «carne» in una realtà piena di contraddizioni.
Germogliano già alcuni frutti, proprio tra gli adolescenti. Infatti, c’è chi ha chiesto il Battesimo ed è entrato nel catecumenato; chi ha compreso più in profondità quel «gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8) e ha scelto spontaneamente di impegnarsi in qualche servizio; infine, chi invita altri amici a partecipare alla vita parrocchiale.
Ecco «quel che è accaduto e il Signore ci ha fatto sapere…» (Lc 2,15), qui, nella nostra Betlemme. Naturalmente, è solo ciò che si riesce a scorgere. Certamente, è molto di più ciò che avviene all’interno dei cuori e ciò che in futuro – speriamo – germoglierà.
Auguro anche a voi di celebrare il Natale di Gesù nel segno della speranza, ricordando, pur in mezzo a tante difficoltà, che «Egli viene a salvarci» (Is 35,4).