È ancora forte l’emozione e il cordoglio per le oltre 130 vittime dell’enorme incendio che la scorsa settimana ha devastato la regione di Valparaíso in Cile. Un paesaggio ormai divenuto cenere. Ci si interroga su cause e responsabilità
Sono più di 40 mila le persone direttamente colpite. E oltre ai morti, sono decine le persone disperse e migliaia le case distrutte. Secondo il Servicio Médico Legal del ministero della Giustizia cileno, dei 130 deceduti ne sono stati identificati appena 40. Per dare un’identità a tutti gli altri, le autorità dovranno confrontare il materiale genetico fornito dai parenti dei dispersi con quello delle vittime.
Tra lunedì 5 e martedì 6 febbraio, mentre il numero delle vittime continuava a crescere, il presidente Gabriel Boric ha dichiarato il lutto nazionale. L’intervento del capo dello Stato ha poi toccato il delicato argomento dell’origine degli incendi, troppo spesso causati dall’intervento umano: «È difficile pensare che possano esistere persone così miserabili e senza cuore, capaci di causare tanta morte e tanto dolore. Ma se queste persone esistono, le cercheremo. Dovranno affrontare il peso della legge».
Pochi giorni dopo, il 9 febbraio, monsignor Jorge Velasco, vescovo di Valparaíso, ha diffuso un messaggio di cordoglio e vicinanza alla popolazione: «Visitando le nostre comunità colpite sono stato testimone del dolore che migliaia di famiglie stanno vivendo. Molti piangono i membri della famiglia che non sono più con noi. Gli altri sono impotenti davanti a chi ha perso tutto ciò per cui aveva lavorato duramente nel corso degli anni – e continua – Molte famiglie delle nostre comunità, operatori pastorali, parenti di sacerdoti di questa diocesi, membri delle nostre comunità educative hanno perso le loro case e molti di loro sono in uno stato di salute delicato».
In mezzo a tanto dolore, però, si sta facendo largo anche una grande opera di solidarietà: centinaia di volontari, infatti, stanno aiutando le vittime, sia nello sgombero delle macerie sia nella distribuzione di beni di prima necessità. Insieme a Caritas Cile e Caritas Valparaiso, è stata istituita una colletta nazionale per le vittime e per chi non ha più nulla.
Le immagini devastanti di questi incendi in Cile hanno fatto il giro del mondo e hanno suscitato molte domande. Le principali cause, infatti, sono legate ai forti venti e alle alte temperature, ma anche all’alta densità di popolazione e alla siccità. Il Cile infatti sta attraversando una crisi idrica senza precedenti che oramai si protrae da oltre 15 anni.
Gli incendi di Valparaíso sono stati particolarmente devastanti anche se messi a confronto con altri eventi simili avvenuti di recente in altri Paesi. Lo scorso agosto è andata parzialmente distrutta la città di Lahaina, sull’isola di Maui, alle Hawaii, dove sono morte 100 persone. In Europa, i peggiori dopo il Duemila sono stati quelli dell’estate del 2018 attorno alla località greca di Mati, vicino ad Atene, dove morirono 101 persone.
Secondo un rapporto di Greenpeace, anche l’Italia è “Un paese che brucia”. E il cambiamento climatico contribuisce a quel mix di caldo, vento e siccità che favorisce gli incendi (spesso però provocati dall’uomo). A spiegare la correlazione tra gli incendi, visti in maniera più ampia, e i cambiamenti climatici è anche un altro studio pubblicato nel 2022 dal del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep). Le stime parlavano chiaro già due anni fa: il numero di incendi estremi è aumentato del 14 per cento. Una stima destinata a crescere in questo decennio e a non arrestarsi facilmente. Per questo i governi dovrebbero unirsi e prendere decisioni realmente sostenibili.