La scena del capitolo 25 del Vangelo di Matteo – ma anche la storia di suor Nelly Léon Correa da 25 anni accanto alle donne incarcerate in Cile – ispirarano la riflessione dell’editoriale di aprile. Con un ricordo particolare alle tante persone arrestate a Hong Kong per le loro convinzioni democratiche
«Ero in carcere e siete venuti a visitarmi…». La scena del capitolo 25 del Vangelo di Matteo, immortalata dal celeberrimo Giudizio universale con il quale Michelangelo ha affrescato la Cappella Sistina, ha ispirato la devota tradizione delle sette opere di misericordia corporale. Temo però che molti cristiani non pratichino questa parola di Gesù. I suoi discepoli, credo, dovrebbero almeno una volta vivere ognuna di esse, inclusa quella più impopolare: visitare i carcerati.
Molti stanno lontani dalle prigioni pensando che le persone detenute se la sono cercata. Ma le carceri, oggi come ieri, sono abitate anche da tanti innocenti che vengono messi a tacere a causa delle loro idee o della loro fede. Gesù stesso è stato arrestato e ha trascorso una notte nel palazzo del potere, in attesa di giudizio.
Non credo, poi, che Gesù intendesse che solo gli innocenti meritino la nostra visita e vicinanza. La suora cilena Nelly León Correa dedica la sua vita alle detenute: la sua storia, narrata in questo numero, mi ha colpito e fatto ripensare ad alcuni momenti della mia vita missionaria.
A Hong Kong visitavo donne detenute provenienti da Africa, America Latina e Asia, arrestate spesso per traffico di droga all’aeroporto e poi condannate a detenzioni lunghissime. Non avendo familiari o conoscenti in città, nessuno le andava a trovare. I loro racconti erano strazianti: si narravano come vittime di raggiri, minacce o di false promesse, ingannate talvolta proprio da coloro a cui erano legate affettivamente. Quanto dolore e solitudine!
La comunità cattolica di Hong Kong ha una spiccata attenzione verso le persone detenute, con un programma ben strutturato di pastorale carceraria, affidata a diaconi e a volontari. Lo stesso cardinale Joseph Zen ha dedicato le ultime energie della sua vita (ora è troppo malato per uscire di casa) a visitare persone in prigione, in particolare quelle arrestate per le loro convinzioni democratiche. Ha condotto alcune di loro al Battesimo. Ne ha parlato con Papa Francesco nell’ultimo incontro in Vaticano nel gennaio 2023.
Tra coloro che sono incarcerati ho anche alcuni amici: non solo sono condannati pretestuosamente, ma sono tra le persone migliori che conosca. L’anno scorso ho incontrato uno di loro: Lee Cheuk-yan, fondatore dei sindacati di Hong Kong, uomo libero e forte. Un’occasione emozionante e indimenticabile.
Visitare i carcerati vuol dire riconoscere tutti come fratelli e sorelle in umanità: nelle persone detenute si nasconde il volto di Gesù. L’ha detto lui stesso!