Costretta a fuggire dalla Colombia, è riuscita a ricostruirsi una vita in Ecuador anche grazie al Jesuit Refugee Service. E ora difende i diritti umani dei migranti e in particolare delle donne, che spesso subiscono violenze e hanno meno opportunità
Ci sono storie che tengono viva la speranza, specialmente quando, pur con le enormi difficoltà iniziali, rivelano la possibilità di cambiamenti significativi che mutano per sempre la vita dei suoi protagonisti. Una di queste è quella di Angie Torres Angulo. Aveva solo 15 anni quando è stata obbligata a lasciare la sua casa in Colombia, a causa del conflitto armato che dilagava nel Paese: la sua città era stata dichiarata una delle più pericolose, e l’unico modo per sfuggire alle violenze era allontanarsi. Arrivata in Ecuador con la famiglia, è riuscita a trovare rifugio e a dare un nuovo inizio alla sua vita, anche se con non poche difficoltà. Un incontro in particolare ha rappresentato la svolta decisiva che ha spinto la giovane a rimettersi in gioco per aiutare gli altri e difendere i diritti umani dei più vulnerabili.
«Ho incontrato una madre con i suoi bambini, il padre non era con loro – racconta Angie a JRS, il servizio dei gesuiti per i rifugiati -. Hanno fatto il mio stesso viaggio, attraversando il confine tra Colombia ed Ecuador. È stato molto difficile per lei all’inizio: doveva trovare un lavoro e, nel frattempo, prendersi cura dei figli, dato che erano ancora troppo piccoli per andare a scuola. Viveva in un posto poco sicuro, soggetto a violenza e con pessime condizioni sanitarie. La sua casa si allagava ogni volta che pioveva. Le serviva aiuto». È dunque a partire dalla testimonianza di questa madre che Torres ha sentito per la prima volta la necessità di fare qualcosa per supportare coloro che, come lei, avevano perso la loro casa ed erano stati obbligati a lasciare la terra d’origine, andando incontro a un destino incerto: «Questa situazione mi ha spinto a volermi battere per loro. Volevo aiutare le persone ad andare avanti».
Angie vive in Ecuador da otto anni con la famiglia. Anche per lei, all’inizio non è stato semplice: ci sono voluti due anni prima che le venisse garantito lo status di rifugiata. «Come richiedente asilo non avevo molti diritti, come quello all’educazione o a un lavoro che garantisse un salario accettabile», ricorda. Per un anno ha cercato di ottenere l’accesso a scuola, ma solo grazie all’aiuto di alcune organizzazioni e al JRS è riuscita a riprendere gli studi e quest’anno si laurea in Ingegneria forestale. È convinta che la cura dell’ambiente sia un elemento fondamentale anche per le questioni migratorie: l’impatto del cambiamento climatico, infatti, influisce molto sulle migrazioni sia nei Paesi di origine che in quelli di arrivo.
Ma quella dell’educazione non è stata l’unica sfida che ha dovuto affrontare: anche la relazione con la comunità locale si è rivelata piuttosto difficoltosa. Nonostante le culture dei due Paesi siano molto simili, la discriminazione contro i colombiani è molto radicata. «Mi è capitato spesso di essere vittima di atti di violenza, a volte ho dovuto imitare il modo di parlare locale per essere trattata equamente nei luoghi pubblici», ha raccontato la giovane.
L’Ecuador è un Paese dove confluisce periodicamente un grande numero di immigrati; infatti, molte persone degli Stati vicini vi si rifugiano a causa di conflitti e di altre situazioni di violenza e sofferenza. Per questo motivo sono molte le ong presenti sul territorio, e tra queste anche il JRS che gioca un ruolo fondamentale. Proprio grazie a questa organizzazione e ai suoi corsi sulla cittadinanza, Torres ha potuto informarsi sulle condizioni dei rifugiati: «Ho imparato molto su temi come la discriminazione, la cultura della pace, l’interculturalismo, sulle nuove forme di machismo e più in generale sui diritti umani. Con questi strumenti e queste consapevolezze, posso mobilitarmi per chi ne ha bisogno».
Così Angie oggi dedica moltissimo tempo a sensibilizzare le persone sui diritti dei migranti, specialmente quelli di donne e ragazze, attraverso specifiche campagne e seminari nelle scuole. Sta anche lavorando per creare percorsi di supporto alle donne sopravvissute a episodi di violenza di genere. Tutte le attività da lei organizzate sono pensate sia per la comunità ecuadoregna che per quella dei rifugiati. Lavorando insieme, anche il rapporto con la popolazione locale è migliorato: «Abbiamo scoperto che ci sono molte più cose che ci uniscono di quelle che ci differenziano».
Il focus sulle questioni di genere nel contesto delle migrazioni nasce da un bisogno di cui Torres ha fatto esperienza in prima persona: «Come donne, secondo me, siamo molto più soggette alla violazione dei nostri diritti, sia nel Paese di partenza che in quello di arrivo – spiega Angie -. Quando arriviamo nello Stato che ci ospita, spesso soffriamo una doppia discriminazione: come donne, e come straniere».
«Penso che dovremmo innanzitutto rendere visibili i nostri diritti, perché anche se già esistono, molte di noi non ne sono a conoscenza. Poi dovremmo esercitarli e rafforzarli – insiste Torres -. Se ne siamo consapevoli e li valorizziamo, possiamo combattere per essi e assicurarci che vengano osservati. Possiamo reclamarne il rispetto quando sentiamo che vengono violati ed essere coinvolte nei vari processi decisionali per esercitarli e renderli, appunto, visibili». Sui diritti delle donne migranti, in particolare, sostiene che «deve essere stabilito un principio di parità, che garantisca pari condizioni e opportunità di lavoro, e perché questo accada gli stereotipi di genere devono essere sradicati in molti contesti e luoghi. Questa lotta si fa ancora più importante dato che, come rifugiate, la discriminazione che subiamo è maggiore».
Per divulgare il suo messaggio a livello internazionale, Angie ha partecipato con la Delegazione del JRS al Forum Globale sui Rifugiati, che si è tenuto a Ginevra, il dicembre scorso. Esso riunisce ogni quattro anni gli Stati membri delle Nazioni Unite a livello ministeriale, persone rifugiate e comunità di accoglienza, attori dello sviluppo, organizzazioni della società civile, religiose e internazionali, autorità locali, università e ricercatori, parlamentari, organizzazioni sportive e tutti coloro che hanno un ruolo nel sostegno alle persone rifugiate, con l’intento di riflettere sulle opportunità e sulle necessità di azione e cura di tutti i rifugiati.
Significativo in questa occasione è stato l’appello di Angie Torres indirizzato alle autorità di tutto il mondo: «È il momento che tutti i governi prendano in considerazione i nostri bisogni tenendo conto delle nostre voci e opinioni, perché viviamo e percepiamo le conseguenze del viaggio migratorio ogni giorno». In occasione della Giornata internazionale della donna, ha inoltre rivolto un messaggio a tutte le donne e le ragazze che a loro volta combattono o che vorrebbero unirsi alla causa: «Non molliamo, continuiamo a combattere, e a piccoli passi otterremo grandi cambiamenti. Le rivoluzioni si costruiscono camminando fianco a fianco».