È stato ordinato sacerdote il primo luglio nella diocesi di Santarém dove è nato. Ma nel suo cuore c’era anche il popolo della Costa d’Avorio con cui ha condiviso gli ultimi anni da diacono. La testimonianza di padre Benedito Junior Lima de Medeiros, missionario del Pime
Sono nato ad Almeirim, un piccolo paese situato al confine dello stato del Pará con l’Amapá. Figlio di Benedito Barbosa de Medeiros e Maria do Socorro Lima de Medeiros, sono cresciuto in una famiglia molto devota che mi ha insegnato ad amare il “Papà del Cielo” nelle persone della Santissima Trinità e la “Mamma del Cielo” attraverso l’intercessione amorevole di Maria Santissima. Un amore maturato e rafforzato in una comunità che mi è sempre stata molto vicina dovunque io vada.
L’educazione dei miei genitori e il coinvolgimento nella vita parrocchiale sono stati fondamentali per il mio discernimento, influenzato, in particolare, dalla testimonianza dei consacrati che hanno servito la nostra comunità con tanto zelo e dedizione. Lontani dalle loro famiglie, hanno fatto della nostra comunità la loro famiglia e hanno donato al Signore ciò che avevano di più prezioso: le loro vite.
A 16 anni mi sono trasferito a Santana con l’obiettivo di continuare gli studi. In questo periodo ho svolto un’intensa attività accademica presso l’Università Federale dell’Amapá (UNIFAP). In una ricerca incessante per discernere la mia vocazione, ho avuto l’opportunità di vivere diverse esperienze. Tuttavia, è stata la testimonianza dei missionari del Pime che ha attirato la mia attenzione: una vita donata senza riserve per amore di Dio e dei fratelli lontani, ai confini del mondo.
In questo modo, ispirato dal carisma missionario del Pime, ho deciso di dedicare la mia vita al Signore, lasciando la mia famiglia, i miei amici, la mia lingua, la mia cultura e tutto ciò che ho amato fino a quel momento per imparare ad amare persone, culture e luoghi sconosciuti.
Dopo aver completato gli studi filosofici a Brusque (SC), sono andato al Seminario Teologico Internazionale di Monza, dove ho avuto la gioia di sperimentare il paradossale gusto della missione, con gioie e sfide che mi hanno arricchito come persona e come missionario. Ho potuto contare sulla collaborazione di formatori che mi hanno sempre incoraggiato a vivere la mia vocazione in modo sincero e fedele.
Nel 2021, mi sono consacrato completamente e per tutta la vita al servizio del Vangelo nel Pime. Il 23 marzo 2022 ho ricevuto la prima destinazione in cui sono stato invitato a vivere il mio ministero diaconale, e in futuro il ministero presbiterale, servendo il popolo di Dio e la Chiesa in Costa d’Avorio, nel continente africano.
Dopo aver studiato per un anno la lingua francese in Camerun, sono arrivato finalmente in Costa d’Avorio il 5 giugno 2023, lo stesso anno in cui il Pime ha festeggiato i suoi 50 anni di presenza in quelle terre. Sono stato accolto molto bene dai miei confratelli che mi hanno dato tutto il supporto necessario per inserirmi nelle attività pastorali, nella cultura e nella realtà locale.
Appena arrivato, sono stato destinato alla parrocchia di Santo Antonio da Padova, situata nel piccolo villaggio di Ouassadougou, a 132 km da Bouaké, nel centro-nord del Paese. In parrocchia sono stato inserito nelle attività pastorali e ho condiviso la vita comunitaria con due confratelli: padre Anand Krishina Babu e padre Rupak Lokhande.
La missione a cui sono stato designato è veramente un mondo diverso, con modi diversi di percepire e accogliere la fede cristiana rispetto alla realtà a cui ero abituato. Tuttavia, la missione mi ha aiutato a vivere pienamente la mia vocazione e a rafforzare il mio carisma missionario “ad gentes, ad vitam, ad extra e insieme”, spingendomi a rinnovare il mio “Sì” a Dio e alla missione ogni giorno.
Con il ministero che mi è stato affidato sono in grado di aiutare in diverse attività pastorali: questo mi hanno permesso di conoscere meglio la realtà della missione in cui sono stato inserito. Ho sentito, specialmente da parte dei miei confratelli l’interesse a valorizzare, in ogni occasione, la mia presenza nella missione e il mio ministero diaconale.
Per quanto riguarda gli aspetti culturali, non ho incontrato molte difficoltà, poiché al Seminario Teologico Internazionale di Monza ho avuto l’opportunità di vivere con 60 seminaristi provenienti da 11 Paesi diversi, dai quali più o meno la metà era di origine africana.
Però la cosa che mi ha veramente colpito è stata l’accoglienza della gente popolo nei miei confronti: effettivamente una grande caratteristica della cultura locale è proprio l’ospitalità. Siamo stati sempre ben accolti, specialmente nei villaggi, con grande semplicità e molta umiltà.
I molteplici aspetti della missione che ho vissuto giorno dopo giorno mi sostengono e mi spingono a vivere la mia vocazione e a desiderare ancora di più la vita missionaria sacerdotale. Principalmente perché la nostra comunità missionaria è piccola e i sacerdoti sono insufficienti per il vasto campo di missione e per le diverse comunità che attendono di ricevere i sacramenti.
Dunque, come sacerdote missionario avrò l’opportunità di annunciare il Vangelo e celebrare i sacramenti, aiutando le persone semplici nella fede a scoprire e vivere pienamente la gioia dell’amore che solo la fede in Gesù può offrire.
Certamente, ho affrontato alcune sfide personali, come le malattie locali, ma anche in quei momenti sono sempre stato ben assistito dai miei confratelli. Un’altra sfida che ho dovuto affrontare quotidianamente è stata quella della lingua, specialmente perché la parrocchia è divisa in due settori con due idiomi diversi: il baoulé e il n’gain.
Grazie a Dio e alla formazione ricevuta all’Istituto, ho avuto l’opportunità di portare alcuni strumenti per la missione che mi stanno aiutando molto, specialmente nel periodo dell’adattamento. Gli strumenti più preziosi sono stati la pazienza e la preghiera.
Con i miei confratelli ci alternavamo nel percorrere le lunghe distanze e raggiungere tutte le 23 comunità che compongono la parrocchia almeno tre o quattro volte l’anno. Inoltre, abbiamo condiviso quotidianamente la nostra vita con persone di diverse credenze e costumi, specialmente con musulmani e con coloro che praticano la religione tradizionale africana.
Tra i servizi che si offrono a queste comunità ci sono la formazione dei catechisti e la traduzione del Vangelo nella lingua n’gain, in modo che abbiano l’opportunità di ascoltare Gesù che parla a ciascuno di loro nella sua lingua, attraverso le celebrazioni, le preghiere e i canti liturgici.
Inoltre, abbiamo realizzati progetti di sviluppo umano e sociale, come l’assistenza scolastica per i bambini e l’approvvigionamento d’acqua in alcune case del villaggio. Nonostante sia una parrocchia a tutti gli effetti, la dinamica delle attività richiama una realtà di prima evangelizzazione. Noi missionari cerchiamo di servire le diverse comunità con celebrazioni e sacramenti durante varie visite nel corso dell’anno.
L’attenzione principale è rivolta soprattutto agli aspetti educativi in un contesto in cui l’istruzione è molto carente. La cultura della scolarizzazione è ancora molto difficile a causa del fatto che i genitori hanno bisogno dei figli nelle attività quotidiane del campo. Quindi, incoraggiamo e aiutiamo nella scolarizzazione dei bambini e dei giovani. I missionari venuti prima di noi hanno costruito delle scuole e persino un sistema di approvvigionamento idrico che serve alcune famiglie del villaggio, poiché l’accesso all’acqua è un problema continuo nella regione.
Durante il periodo delle vacanze scolastiche, organizziamo una sorta di colonia estiva in cui i bambini hanno l’opportunità di divertirsi e imparare. Le attività ne coinvolgono circa un centinaio e di solito si svolgono di sera, poiché durante il giorno i genitori portano i bambini nei campi.
La missione ha persino organizzato una biblioteca per rendere disponibile ai ragazzi, indipendentemente dalla cultura o dalla religione, un ambiente tranquillo per lo studio. A casa, è spesso difficile trovare questa tranquillità e, nella maggior parte dei casi, non c’è nemmeno la corrente elettrica, il che costringe alcuni studenti diligenti a studiare sotto i lampioni, per strada, in cerca di un poco di illuminazione.
Ci sono molte sfide nei settori della salute, dell’istruzione e dello sviluppo umano, politico e sociale. Tuttavia, sono stato inviato per prendermi cura delle pecore che il Signore, il Buon Pastore, mi ha affidato, sia quelle del suo gregge che quelle che non lo sono. Quindi, ho cercato di dedicare il mio ministero in modo particolare alle attività pastorali, senza trascurare i problemi e le difficoltà di questo popolo.
Così il missionario è colui che cerca sempre de vivere la contemplazione e l’annuncio del Vangelo soprattutto attraverso un’azione evangelizzatrice, ma anche colui che cerca di vivere il Vangelo nella pratica quotidiana dell’amore per Dio e per l’altro.
È importante sottolineare che non siamo inviati per fare proselitismo, ma per condividere l’amore che proviamo per Gesù, che ci ha fatto vivere la nostra vocazione in mezzo a questo popolo, fino al punto in cui essi stessi decidono, per libera e spontanea volontà, di vivere questo amore.
Così, il primo luglio di quest’anno, festa del Preziosissimo Sangue di Gesù, sarò confermato nel sacramento dell’Ordine attraverso il conferimento del ministero sacerdotale per mano di monsignor Irineu Roman, arcivescovo dell’arcidiocesi di Santarém.
Il missionario del Pime è ordinato e inviato dall’Istituto nel nome della propria Chiesa di origine. Perciò, sono molto felice di vivere il mio ministero sempre in comunione con la Chiesa particolare dell’arcidiocesi di Santarém e con la comunità parrocchiale di Almeirim, condividendo la vita e la vocazione con la nostra famiglia di apostoli nel Pime e servendo la Chiesa e il popolo della Costa d’Avorio.