Quasi 1.700 giovani hanno partecipato al campeggio giovanile organizzato dall’arcidiocesi di Belém. Un’occasione di incontro, preghiera e riflessione sulla propria vita, a cui hanno partecipato anche alcuni ragazzi della parrocchia del Pime di Santa Luzia
È giunto alla sua terza edizione il campeggio giovanile organizzato dal 4 al 7 luglio dall’arcidiocesi di Belém, nello stato brasiliano del Pará, nel cuore dell’Amazzonia. Un’iniziativa che quest’anno ha avuto numeri record. Basti pensare che tre anni fa iniziò con 470 giovani, l’anno scorso si arrivò a 1.170, mentre quest’anno le adesioni sono state ben 1.672, con giovani provenienti non solo dalle diocesi vicine, ma anche da comunità ecclesiali evangeliche o neo-pentecostali, in processo di avvicinamento o ritorno al cattolicesimo.
Il settore gioventù dell’arcidiocesi amazzonica, grazie all’abile regia di monsignor Antônio de Assis Ribeiro (sdb) vescovo ausiliare di Belém, ha messo in piedi una ricca iniziativa di fraternità, con un programma giornaliero fitto di appuntamenti. Dalle 5.30 della mattina alle 23.30, i giovani hanno avuto l’opportunità di avere tempi di preghiera personale e comunitaria, momenti formativi sul senso della vita e sul cammino di fede, condivisioni in gruppi e sano divertimento. Molte le confessioni, grazie a un numero importante di sacerdoti disponibili ad ascoltare i giovani. Non è mancata la proposta vocazionale. Tra le centinaia di tende del campeggio, infatti, si è fatto spazio anche alla “tenda vocazionale”, nella quale alcune congregazioni religiose, istituti missionari e nuove comunità hanno condiviso un po’ del loro carisma con i giovani.
Sono stati, soprattutto, tre giorni vissuti all’insegna della speranza. Il tema-guida del campeggio – “Giovani, pellegrini di speranza” – ha voluto, infatti, lanciare uno sguardo verso il prossimo Giubileo del 2025 e aiutare i partecipanti a mantenere accesa la fiamma della speranza cristiana, in mezzo a tante sfide, ostacoli e situazioni difficili a livello individuale, familiare e sociale. Proprio in questa direzione, monsignor Alberto Taveira Corrêa, arcivescovo di Belém, nell’omelia della Messa di apertura, ha incoraggiato a non arrendersi. Commentando l’episodio evangelico del paralitico trasportato alla presenza di Gesù e da lui guarito (cfr. Mt 9,1-8), il presule ha chiesto ai giovani di vivere l’esperienza del campeggio come occasione propizia per prendere in mano la propria vita e metterla dinanzi al Signore, liberarsi da tutto ciò che pesa e la rende più faticosa, per poi ritornare a casa e comunicare a tutti il bene ricevuto.
Dalla parrocchia Santa Luzia, comunità affidata ai missionari del Pime, hanno partecipato dieci giovani, alcuni per la prima volta, altri già al loro terzo appuntamento. Tra questi Maria Lisboa (18 anni) sintetizza così le sue impressioni: «Il campeggio giovanile rappresenta un momento di unione tra i giovani che sono alla ricerca di un’unica cosa: la santità. Esperienze come questa sono incredibili perchè ci strappano dalla monotonia del quotidiano e ci uniscono affinché possiamo animarci e incoraggiarci a vicenda. Tra i tanti momenti vissuti, certamente l’adorazione eucaristica mi ha segnata di più, perché mi sono sentita in comunione con altri giovani nello stesso proposito: chiedere al Signore che ci aiuti e ringraziarlo per tutto ciò che viviamo, anche quando non è facile».