Khalid Albaih, l’arte per la libertà

Khalid Albaih, l’arte per la libertà

L’artista sudanese sarà a Brescia per una mostra personale al Museo di Santa Giulia e per una serie di eventi all’interno del Festival della pace.Ascolta anche il PODCAST

«L’arte consiste nel disturbare. E i cartoons sono il modo migliore per raggiungere questo obiettivo, perché non è necessario essere un professore, un intellettuale o frequentare un museo per capire il significato di un fumetto». Artista multimediale, Khalid Albaih è un vignettista sudanese, nato e cresciuto in esilio – tra Doha e, attualmente, Oslo – famoso in tutto il mondo per aver accompagnato, ma anche ispirato, con le sue immagini satiriche e irriverenti, molti movimenti di protesta, da Beirut al Cairo sino a Khartoum e non solo, soprattutto al tem­po delle cosiddette Primavere arabe. Si definisce un “virtual revolutionist” – un “rivoluzionario virtuale” -, ma la sua arte, diffusa soprattutto attraverso Internet o il suo profilo FB Khartoon!  (un gioco di parole tra Cartoon e Khartoum), si è spesso tradotta in qualcosa di molto concreto, specialmente nelle piazze del mondo arabo. Tra le sue opere più famose, ad esempio, c’è il ritratto di Hosni Moubarak riprodotto con stencil in piazza Tahrir al Cairo con la scritta Misr che significa Egitto, ma che può essere letta anche come Musr, “perenne”.

Il suo impegno di attivista ha impregnato sempre di più la sua arte. O, viceversa, la sua arte è diventata strumento di lotta contro le ingiustizie, per i diritti umani e la libertà di espressione. E proprio per questa sua peculiarità è stato scelto per la quinta tappa del percorso di ricerca intrapreso da Fondazione Brescia Musei insieme al Comune e al Festival della Pace che propongono, a partire dal 9 novembre al Museo di Santa Giulia, una personale di Khalid Albaih, curata da Elettra Stamboulis. Sotto la sua curatela si sono susseguite in questi anni le mostre personali della curda Zehra Doğan sul tema delle carceri (2019), del cinese dissidente Badiucao (2021) e della russa Victoria Lomasko (2022).Mentre lo scorso anno, la mostra “Finché non saremo libere” – cura­ta da Ilaria Bernardi – riuniva le opere delle artiste iraniane Sonia Balassanian, Farideh Lashai, Shirin Neshat, Soudeh Davoud e Zoya Shokoohi.

Proprio una di queste artiste, Zoya Shokoohi, lo scorso 11 ottobre ha passato simbolicamente il testimone a Khalid Albaih, che a Brescia ha realizzato alcune opere specificamente per la mostra che nel titolo – “La stagione della migrazione a Nord” – riprende l’opera di un grande scrittore sudanese, Altayib Salih, la cui voce narrante fa da filo conduttore al progetto espositivo. È un tema di grande attualità, declinato nelle sue molte sfaccettature: dall’identificazione di un luogo da chiamare “casa” al confronto con lo straniero e il diverso; dalla visione che il cosiddetto Occidente (inteso più come “categoria” ideologica che geografica) ha dell’Africa ai segni che ogni viaggio lascia impressi nella memoria.

Sono tutti elementi che si ritrovano anche nel percorso di vita dello stesso Albaih, che è nato in esilio in Romania. Il padre diplomatico e la madre attivista per i diritti umani sono stati poi costretti a lasciare il Sudan durante il regime di Omar el Bashir. Cresciuto a Doha, avrebbe desiderato lavorare come vignettista per qualche giornale. Ma dopo il rifiuto da parte di diversi media tradizionali che temevano forse la sua satira corrosiva del potere, ha cominciato a promuovere il suo lavoro sui social media, nello stesso periodo in cui molti giovani del mondo arabo iniziavano a manifestare la loro frustrazione e il loro dissenso nei confronti di regimi autoritari e autoreferenziali. La Primavera araba, “scoppiata” in Tunisia e diffusasi rapidamente in molti altri Paesi, ne ha fatto uno dei suoi simboli. I suoi disegni sono apparsi nelle piazze così come nel web, diventando presto virali. «Credo nell’open source – sostiene l’artista – e i miei disegni possono essere riprodotti liberamente a condizione che non siano venduti per trarne un profitto». Crede anche nel dialogo, Albaih, sebbene i suoi soggetti e il suo stile possano apparire spesso provocatori. «Voglio costruire ponti, far parlare le persone, creare piattaforme di dialogo. Anche se questo non vuol dire che non dica la mia».

«Con “La stagione della migrazione a Nord” – spiegano gli organizzatori – Fondazione Brescia Musei prosegue il percorso di narrazione del contemporaneo attraverso l’arte avviato nel 2019, in un itinerario che invita alcune delle voci più significative della scena artistica internazionale a portare le proprie riflessioni negli spazi del Museo di Santa Giulia. L’arte contemporanea e i diritti umani si incontrano nell’ambito dell’iniziativa, mirata a creare un punto di sintesi per artisti dissidenti e attivisti generalmente poco valorizzati nel mercato dell’arte ufficiale, ma spesso noti attraverso la rete o nel mondo ampio di chi si permette ancora di avere una voce critica sul presente e immaginare un futuro». (info: bresciamusei.com)

 

L’AFRICA AL FESTIVAL

Khalid Albaih sarà anche tra i protagonisti dell’edizione 2024 del Festival della pace di Brescia, dedicato quest’anno all’Africa. Con lui ci saranno Godeliève Mukasarasi, sopravvissuta al genocidio del Ruanda e impegnata in percorsi di riconciliazione, e Blessing Okoedion, nigeriana, scampata alla tratta e presidente dell’associazione Weavers of Hope (Tessitrici di speranza). Parteciperanno a una serie di incontri pubblici e nelle scuole a partire da sabato 9 novembre, alle ore 17, nell’Auditorium Santa Giulia, per il convegno: “Africa: percorsi di lotta e di rinascita”. Programma completo sul sito: festivaldellapace.it