Dopo l’intrervento del cardinale Pietro Parolin, la Caritas ha ospitato un evento in cui sono risuonate le voci del Sud globale: «Bisogna assicurare un esito giusto sulla questione della finanza climatica, per rafforzare e promuovere lo sviluppo sostenibile. Il tempo di agire è adesso»
Dopo Dubai, un’altra Conferenza Onu sui cambiamenti climatici (COP 29) si è tenuta in queste settimane un Paese produttore di petrolio come l’Azerbaigian. Ma accanto alle pressioni esercitate dalle lobby degli idrocarburi, anche la Chiesa cattolica ha provato a far sentire la propria voce. Lo ha fatto innanzitutto attraverso l’intervento del cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, che ha portato il messaggio di Papa Francesco, ribadendo la necessità di creare una «nuova architettura finanziaria internazionale» che ripaghi il «debito ecologico» che il Nord globale deve al Sud globale, visto «l’uso spropositato delle risorse naturali». Serve un nuovo modello «incentrato sull’uomo, coraggioso e creativo, basato su equità, giustizia e solidarietà». Tale modello è necessario e urgente per aiutare le nazioni più povere – e in particolare quelle più vulnerabili ai disastri climatici – a sviluppare economie a basse emissioni di carbonio per garantire un futuro sostenibile per tutti.
Mentre la conferenza si avvicina alla conclusione, un evento speciale per i delegati ospitato dalla Caritas ha evidenziato la necessità che la COP29 fornisca un sostenuto programma finanziario al Sud del mondo. Senza un tale accordo, l’opportunità di prevenire una crisi climatica irreversibile andrebbe persa. Per questo, però, occorre agire immediatamente per un accordo finanziario coraggioso.
Uno dei temi principali è quello della mitigazione, ossia la riduzione delle emissioni, che va di pari passo con la questione finanziaria, come ha ricordato Victor Genina, direttore del settore Sviluppo umano integrale di Caritas Internationalis. Secondo Genina «i debiti finanziari ed ecologici sono due facce della stessa medaglia. Qui alla COP29, dobbiamo garantire un accordo sul Nuovo Obiettivo Quantificato Collettivo (NCQG) che affronti il tema del debito ecologico del Nord del mondo, senza creare ulteriori oneri finanziari. Dovrebbe consistere in sovvenzioni pubbliche, non prestiti, che non farebbero altro che prolungare l’ingiustizia che intendiamo affrontare».
Chimwemwe Sakunda Ndhlovu, coordinatrice nazionale della Caritas del Malawi, ha condiviso l’esperienza del suo Paese: «Paesi come il mio stanno già sperimentando l’impatto della crisi climatica, con i cicloni e la siccità che hanno portato a una grave insicurezza alimentare. È essenziale che il nuovo obiettivo finanziario sia abbastanza sostanziale da soddisfare il debito del Nord Globale e includa sotto-obiettivi per aiutare le comunità colpite a ricostruire le loro vite».
Ma se il continente europeo è riuscito nel 2023 a ridurre le proprie emissioni dell’8,3%, molti altri Paesi hanno invece continuato a incrementarle. Secondo Damiana Lanusse, coordinatrice del settore advocacy di Caritas dell’America Latina, ha lanciato un allarme alla vigilia della fine della Cop29 di Baku: «Bisogna assicurare un esito giusto sulla questione della finanza climatica, per rafforzare e promuovere lo sviluppo sostenibile all’interno della nostra regione. In vista della Cop30 in Brasile del prossimo anno, chiediamo un’urgente e inclusiva transizione globale. Il momento per agire è adesso».