Sono tra i 21 e i 35 milioni nel mondo le vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale o lavoro forzato, il 70 per cento donne e bambine. Anche in Italia ci sarebbero dalle 50 alle 70 mila donne costrette alla prostituzione. E circa 400 mila lavoratori (di cui l’80 per cento immigrati) rischiano di ritrovarsi sfruttati e ridotti in condizioni servili. Un nuovo libro di Anna Pozzi racconta i molti volti delle nuove schiavitù del XXI secolo.
La tratta di esseri umani è la peggiore schiavitù del XXI secolo. Un crimine contro l’umanità. E riguarda il mondo intero. Milioni di persone private della loro libertà e dignità. Milioni di uomini, donne e bambini sfruttati, brutalizzati, spogliati dei loro diritti fondamentali, comprati e venduti come merci qualsiasi, usati e abusati, gettati via quando non servono più.
I nuovi schiavi del XXI secolo non portano più pesanti catene di metallo. I gioghi moderni prendono la forma di truffe, ricatti, minacce, violenze, ma anche manipolazioni e condizionamenti psicologici. Potentissimi. Come sono potenti i nuovi trafficanti e sfruttatori: uomini e donne senza scrupoli, che si arricchiscono sul commercio di carne umana, una delle attività meno perseguite e più redditizie al mondo.
Hanno nomi, volti, storie, i nuovi schiavi del XXI secolo. E sono ovunque. In Italia, si chiamano Queen, Natalia o Li e sono costrette a prostituirsi in strada, in locali e appartamenti o nei centri massaggi delle nostre città. Si chiamano Mamadou, Viktor o Appiah e lavorano 10, 12 persino 14 ore al giorno nei campi per pochi spiccioli. Sono donne, uomini e bambini costretti a mendicare. O madri che cercano di mantenere i figli lasciati a casa, accettando lavori domestici o di cura in condizioni servili.
Allargando un poco lo sguardo, i nuovi schiavi sono le ragazze e i bambini venduti dai terroristi in Medio Oriente; le migliaia di uomini e minori costretti a lavorare in condizioni subumane nelle miniere dell’America Latina o nelle enormi fattorie del nord America; sono i pescatori schiavizzati nel sud-est asiatico o i bambini-soldato dell’Africa. E sono moltissimi altri, secondo forme e modalità che si sono evolute e diversificate nel tempo, sino a raggiungere le nuove frontiere dello sfruttamento, che vanno dalle spose-bambine alle gravidanze surrogate.
Tutti, in un modo o nell’altro, subiscono un processo di privazione della loro umanità. Non sono più persone, ma oggetti, qualcosa su cui guadagnare, speculare, imporre il proprio potere e il proprio dominio, vendere e comprare, come se il denaro potesse acquistare tutto, anche un essere umano. Tutti vengono da situazioni di estrema vulnerabilità. Sono i figli e le figlie di un mondo alla deriva, segnato da guerre e povertà estrema, da ingiustizie e diseguaglianze, da corruzione, violenze, persecuzioni e discriminazioni. Ma anche dall’incapacità – o dalla non volontà – di governi locali e istituzioni internazionali di affrontare efficacemente questo complesso fenomeno. Non si tratta solo di perseguire i criminali in giustizia, ma anche di agire su due fronti fondamentali: quello delle cause che obbligano milioni di persone a lasciare le loro case, spingendole spesso nelle reti dei trafficanti; e quello della domanda, soprattutto di lavoro servile o di sesso a pagamento, in continua crescita nei Paesi più sviluppati.
Nessuno può farcela da solo. La tratta di esseri umani è un fenomeno globale, che va combattuto insieme. Senza esclusioni, dal singolo cittadino ai vertici delle nazioni Unite. Ciascuno assumendosi la propria responsabilità. Quella contro la tratta di persone e le nuove schiavitù del XXI secolo è una lotta comune per i diritti e la dignità di ogni essere umano.
Anna Pozzi
San Paolo, 2016
pp. 215, euro 14,50