L’esortazione di Papa Francesco offre una visione “allargata” e “missionaria” della famiglia. Non un piccolo nucleo che si autodifende ma un luogo di relazioni aperto al mondo.
“Neppure Gesù crebbe in una relazione chiusa ed esclusiva con Maria e Giuseppe, ma si muoveva con piacere nella famiglia allargata in cui c’erano parenti e amici. Questo spiega che, quando tornavano da Gerusalemme, i suoi genitori accettassero che il bambino di dodici anni si perdesse nella carovana per un giorno intero, ascoltando i racconti e condividendo le preoccupazioni di tutti: «Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio» (Lc 2,44)”.
Possono essere moltissime le letture e i punti di vista sull’esortazione apostolica “Amoris Laetitia” sulla famiglia resa pubblica oggi, con la quale Papa Francesco conclude il percorso dei due Sinodi dedicati famiglia. Uno degli aspetti che più colpisce, arrivati al capitolo quinto, è la forza con la quale viene sottolineata la necessità che la famiglia sia aperta al mondo, a partire dalle relazioni con i parenti e la famiglia allargata fino alla solidarietà con i poveri e lontani.
L’esortazione ribadisce più volte che la famiglia non può che essere solidale e missionaria, la invita addirittura alla “creatività missionaria”. Rispetto a certa retorica sulla famiglia, allarga il respiro a partire dall’interpretazione di fecondità: la famiglia, si legge nel capitolo quinto, è “chiamata a lasciare la sua impronta nella società dove è inserita, per sviluppare altre forme di fecondità che sono come il prolungamento dell’amore che la sostiene”. E subito dopo:
La famiglia non deve pensare sé stessa come un recinto chiamato a proteggersi dalla società. Non rimane ad aspettare, ma esce da sé nella ricerca solidale.
Più avanti:
Non cadiamo nella trappola di esaurirci in lamenti autodifensivi, invece di suscitare una creatività missionaria.
Una famiglia feconda e aperta al mondo ha queste caratteristiche:
le famiglie aperte e solidali fanno spazio ai poveri, sono capaci di tessere un’amicizia con quelli che stanno peggio di loro. Se realmente hanno a cuore il Vangelo, non possono dimenticare quello che dice Gesù: « Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me » (Mt 25,40). In definitiva, vivono quello che ci viene chiesto in modo tanto eloquente in questo testo: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato» (Lc 14,12-14). Sarai beato! Questo è il segreto di una famiglia felice.
“Una coppia di sposi che sperimenta la forza dell’amore, sa che tale amore è chiamato a sanare le ferite degli abbandonati, a instaurare la cultura dell’incontro, a lottare per la giustizia” scrive il Papa e poi usa una bellissima immagine:
Dio ha affidato alla famiglia il progetto di rendere “domestico” il mondo, affinché tutti giungano a sentire ogni essere umano come un fratello.
L’esortazione si distingue da altri documenti sulla famiglia per concretezza. L’invito a costituire famiglie aperte al mondo non sfocia in un vago idealismo. Bisogna partire, dice il Papa, dalla famiglia allargata. Sì, avete capito bene, dai parenti.
Il piccolo nucleo familiare non dovrebbe isolarsi dalla famiglia allargata, dove ci sono i genitori, gli zii, i cugini ed anche i vicini. In tale famiglia larga ci possono essere alcuni che hanno bisogno di aiuto o almeno di compagnia e di gesti di affetto, o possono esserci grandi sofferenze che hanno bisogno di un conforto.
L’individualismo di questi tempi a volte conduce a rinchiudersi nella sicurezza di un piccolo nido e a percepire gli altri come un pericolo molesto. Tuttavia, tale isolamento non offre più pace e felicità, ma chiude il cuore della famiglia e la priva dell’orizzonte ampio dell’esistenza.
La famiglia che segue il Vangelo deve evitare anche un altro pericolo: quello di proporsi come modello disprezzando, sotto sotto, il percorso di altri:
Invece a volte succede che certe famiglie cristiane, per il linguaggio che usano, per il modo di dire le cose, per lo stile del loro tratto, per la ripetizione continua di due o tre temi, sono viste come lontane, come separate dalla società, persino i loro stessi parenti si sentono disprezzati o giudicati da esse.
La “fecondità” dell’amore e della famiglia consiste invece (altra splendida immagine) nel “colorare il mondo”:
i coniugi cristiani dipingono il grigio dello spazio pubblico riempiendolo con i colori della fraternità, della sensibilità sociale, della difesa delle persone fragili, della fede luminosa, della speranza attiva. La loro fecondità si allarga e si traduce in mille modi di rendere presente l’amore di Dio nella società.
Anche la famiglia quindi, per Papa Francesco, deve essere “in uscita”, missionaria:
I figli che crescono in famiglie missionarie spesso diventano missionari, se i genitori sanno vivere questo compito in modo tale che gli altri li sentano vicini e amichevoli, e così che i figli crescano in questo stile di relazione con il mondo, senza rinunciare alla propria fede e alle proprie convinzioni.
Missionaria, infine deve essere, anche la pastorale per la famiglia e la coppia (indicazione per le parrocchie!):
Oggi la pastorale familiare dev’essere essenzialmente missionaria, in uscita, in prossimità, piuttosto che ridursi ad essere una fabbrica di corsi ai quali pochi assistono.
Il Papa lancia poi una sorta di augurio, usando le parole dei vescovi della Colombia, invitando a
liberare in noi le energie della speranza traducendole in sogni profetici, azioni trasformatrici e immaginazione della carità.
Capace di immaginazione, creatività, carità. Solidale e missionaria. Un linguaggio sulla famiglia che fa allargare il respiro.
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