Il giudice di Sud Gauteng ha dichiarato legittima la class action richiesta da migliaia di minatori del Sud Africa colpiti da silicosi per chiedere risarcimento danni a 32 compagnie estrattive di oro e pietre preziose
È successo di venerdì 13, ma per migliaia di minatori questa giornata ritenuta sfortunata dai superstiziosi si è rivelata la data della giustizia. Stiamo parlando dei lavoratori sudafricani che finalmente si sono visti riconoscere la possibilità di ricevere un’indennità di risarcimento per i danni causati da silicosi, un morbo tipico di chi è esposto all’inalazione di polveri sollevate dall’estrazione di pietre che causa insufficienza respiratoria e scompenso cardiaco esponendo i malati ad un più alto rischio di contrarre la tubercolosi.
Il giudice Phineas Mojapelo presso l’Alta Corte di Sud Gauten ha dichiarato legittima la class action richiesta dai minatori sudafricani per ottenere il risarcimento danni da ben 32 compagnie estrattive d’oro nel Paese e ha definito l’azione collettiva “l’unico strumento realistico” da perseguire.
Il verdetto arriva a quattro anni dalla richiesta di 56 minatori di proseguire il processo nei confronti dei gruppi minerari, tra i quali spiccano i nomi di Harmony Gold, Gold Fields, AngloGold Ashanti, Sibanye Gold, African Rainbow Minerals (ARM) e Anglo American.
Gli avvocati dell’accusa ritengono che queste società non abbiano attuato tutte le misure necessarie per tutelare la salute dei propri dipendenti, causando dunque intenzionalmente la malattia di alcuni di loro e la morte di molte altre. La silicosi – se si rispettano i tassi di densità di silicio cristallino nell’aria stabiliti dalla legge – è una malattia perfettamente evitabile ma l’industria dell’oro del Sud Africa non applica le regole e continua a causare impunemente nuovi casi di infezione. Infatti, quasi nessuno degli ex minatori contagiati ha ottenuto un risarcimento né per il danno fisico né per il pagamento delle cure mediche, nonostante esistano delle indennità ad hoc per i minatori con malattie polmonari che però hanno un iter burocratico complesso.
Un minatore ha testimoniato davanti al giudice: «Non ci davano le maschere e ci mandavano nella miniera. I medici dicono che non andrà meglio, e tutto quello che voglio è far sentire la mia voce. Non voglio che i minatori futuri soffrano come sto facendo io».
Tra i legali in prima linea in questa battaglia – che ha come obbiettivo quello di porre fine all’impunità di cui gode l’industria mineraria – c’è Richard Spoor, il cui studio rappresenta da solo circa 30mila minatori colpiti, di cui 1200 sono già deceduti.
Alla class action dovrebbero prendere parte sia i minatori contagiati sia le famiglie degli ex lavoratori deceduti a causa della silicosi o della conseguente tubercolosi. Si stima che le persone coinvolte per il solo contagio della silicosi siano 100mila, la maggior parte localizzate nella provincia del Capo orientale ma anche provenienti dal Lesotho, dai cui confini in passato si è reclutata manodopera.
Dopo la pronuncia di oggi, i minatori continueranno la loro battaglia per vedere riconosciuto il diritto alla salute che viene negato proprio in un settore, quello estrattivo, che genera enorme ricchezza ai suoi azionisti.