Don Franco – scomparsoa Treviso lo scorso 24 aprile – ha realizzato con il Pime progetti in tre Paesi ed è stato amico personale di molti missionari dell’Istituto
E’ stato il prete delle missioni e dei poveri. Tanta gente, amici laici e preti, si sono raccolti, lo scorso 28 aprile, nella cattedrale di Treviso per salutare don Franco Marton (Mogliano Veneto 1936 – Treviso, 24 aprile 2016). È stato uno dei preti più amati e rappresentativi della diocesi. Molto legato anche al Pime, di cui apprezzava lo stile e l’impegno. Molti si sono riconosciuti nel suo modo di vivere la fede, la Chiesa e la missione. È stato un uomo, e un prete, pienamente conciliare. Il rinnovamento iniziato dal Vaticano II non è stato, per lui, una minaccia o un pericolo. Ma piuttosto il cammino del popolo di Dio. Un popolo che «tiene in mano la Bibbia e il giornale». La Bibbia ritorna a essere il libro dei credenti; la fede interroga la vita, facendosi azione quotidiana. Sempre dentro alla realtà degli uomini, don Franco era desideroso di annunciare il Vangelo nel mondo, stando dalla parte dei poveri.
Più di ogni altro, ha promosso il pensiero ecclesiale che la missione è un compito di ogni Chiesa diocesana e che le forze missionarie si devono mettere insieme. In quest’ottica, è stato l’anima di un cammino ecclesiale molto marcato, dal Concilio e dalla missione, e protagonista di importanti iniziative missionarie che hanno coinvolto anche il Pime, in collaborazione con la diocesi trevigiana. Pime e Treviso si sono uniti per realizzare un progetto comune di missione in Camerun, Ciad e Amazzonia. Don Marton ha ricoperto incarichi di grande responsabilità: dal 1972 al 1980, ha diretto, a Verona, il Seminario della Cei per inviare missionari in America Latina. Dal 1987 al 1992, è stato delegato vescovile per la pastorale missionaria e, per più di vent’anni, direttore del centro missionario di Treviso. È stato attivo in tutte le realtà e commissioni ecclesiali riguardanti la missione, la giustizia e la pace, la carità. Un prete “progressista”, mite e sempre in dialogo. Ha sempre operato nell’ambito ecclesiale, lontanissimo da polemiche ideologiche e dissensi. Segnato fortemente dalla malattia (il suo primo testamento risale al 1981, quando pensava di aver poco da vivere), è stato vicino a coloro che nella vita sono segnati dal dolore, dalla fatica, dal fallimento e dall’emarginazione. Ha realizzato a Treviso, con non poco coraggio, il progetto del “Cortile dei gentili”, dall’idea di Benedetto XVI: uno spazio di dialogo con le persone in ricerca, anche non credenti. Nei suoi interventi su La vita del popolo, il settimanale diocesano, ha proposto la creazione di piccoli gruppi del Vangelo tra le famiglie, in modo da accompagnare il sorgere di “comunità pastorali” tra le parrocchie.
È stato proprio da questa sua proposta che è nata l’iniziativa “Vangelo nelle case”, oggi realizzata in diocesi. Ha viaggiato, incontrando i missionari e i poveri in America Latina e in Africa. Lui stesso ha vissuto da povero. Ha scritto che quando «i cristiani usano il denaro devono sempre misurarsi con i poveri. Il Vangelo non lascia nessun dubbio o vie di scampo. E neppure la tradizione della Chiesa». Marton era ben conosciuto anche al di fuori dei confini veneti. Insieme ad altri preti italiani, tra cui don Olivo Dragoni di Lodi e don Mario Bandera di Novara, si è sempre impegnato a mettere le Chiese diocesane in stato di missione. È stato un grande amico personale di numerosi missionari del Pime, tra cui chi scrive. Lo ricordiamo con riconoscenza e affetto.