IL COMMENTO
Il «dominio dei popoli» è una chiave di lettura importante che il Papa a Cracovia ha proposto per leggere quanto sta accadendo nel mondo di oggi
Dopo un evento di simili proporzioni, mi riferisco alla Giornata Mondiale della Gioventù 2016 di Cracovia, è opportuno dare voce al suo centro propulsore. Da molti è stata definita la GMG dei ponti, della misericordia, della testimonianza. Perché «il mondo non ha bisogno dei giovani-divano» o di «giovani pensionati a 20 anni», ha detto papa Francesco la sera di sabato 27 luglio presso il campo della misericordia a Cracovia di fronte a un milione e seicento mila giovani radunati, ma ha bisogno di giovani-ponte, «titolari» di un cambiamento possibile. Dopo gli attentati di Nizza e Monaco e l’uccisione di padre Jacques Hamel, papa Francesco ha ribadito che non ci troviamo di fronte ad una guerra di religione, ma ad «una guerra di interessi, per i soldi, per le risorse naturali, per il dominio dei popoli».
Questo riferimento al «dominio dei popoli» è una chiave di lettura importante, riproposta dal papa anche se con accenti diversi in occasione dell’incontro a porte chiuse con i vescovi polacchi, sabato 27 luglio nella cattedrale di Cracovia. «In Europa, in America, in America Latina, in Africa, in alcuni Paesi dell’Asia – ha detto papa Francesco ai vescovi – ci sono vere colonizzazioni ideologiche. E una di queste, lo dico chiaramente con “nome e cognome”, è il gender». «Oggi ai bambini, ai bambini!, a scuola si insegna questo: che il sesso ognuno lo può scegliere. E perché insegnano questo? Perché i libri sono quelli delle persone e delle istituzioni che ti danno i soldi. Sono le colonizzazioni ideologiche, sostenute anche da Paesi molto influenti. E questo è terribile». E poi ancora, il papa ha precisato la natura di tali ideologie: «Ideologie, sì, ma qual è l’ideologia di oggi, che è proprio al centro e che è la madre delle corruzioni, delle guerre? L’idolatria del denaro. L’uomo e la donna non sono più al culmine della creazione, lì è posto l’idolo denaro, e tutto si compra e si vende per denaro. Al centro il denaro». Al centro della «terza guerra mondiale a pezzi» e del conseguente commercio di armi, al centro di ogni traffico lucroso, di migranti, di organi e di uteri, con il sospetto che anche chi ripropone il paradigma delle guerre di religione come chiave di lettura, alla fine faccia lo stesso gioco e scriva a comando di chi paga.
Senza allarmismi, Francesco ha inoltre affrontato il tema della scristianizzazione dell’Europa, e del mondo in generale, come fattore che spiana la strada al prevalere di simili idolatrie e colonizzazioni ideologiche. Il papa teme una «spiritualizzazione gnostica» del fatto religioso che è già in sé scristianizzazione, e ricorda che lo gnosticismo «è stata la prima eresia della Chiesa. L’apostolo Giovanni bastona gli gnostici, [là] dove c’è una spiritualità soggettiva, senza Cristo. Il problema più grave, per me, di questa secolarizzazione è la scristianizzazione: togliere Cristo, togliere il Figlio. (…) Questo è gnosticismo». «Dio senza Cristo – ha continuato – un Dio senza Cristo, un popolo senza Chiesa. Perché? Perché la Chiesa è la Madre, quella che ti dà la vita, e Cristo è il Fratello maggiore, il Figlio del Padre, che fa riferimento al Padre, che è quello che ti rivela il nome del Padre. Una Chiesa orfana: lo gnosticismo di oggi, poiché è proprio una scristianizzazione, senza Cristo, ci porta a una Chiesa, diciamo meglio, a dei cristiani, a un popolo orfano. E noi dobbiamo far sentire questo al nostro popolo» perché non cada, vittima o carnefice, al servizio di tali ideologie. Ad una spiritualità senza Cristo, disincarnata quindi, e al rischio di un popolo senza Chiesa, orfano e in balia delle ideologie, papa Francesco contrappone e suggerisce la vicinanza. «Oggi noi, servitori del Signore – vescovi, sacerdoti, consacrati, laici convinti –, dobbiamo essere vicini al popolo di Dio. Senza vicinanza c’è soltanto parola senza carne». «La vicinanza è toccare la carne sofferente di Cristo». E la Chiesa, «la gloria della Chiesa – ha aggiunto – sono i martiri, certamente, ma sono anche tanti uomini e donne che hanno lasciato tutto e hanno passato la loro vita negli ospedali, nelle scuole, con i bambini, con i malati…». «Ricordo, – ha continuato Francesco – in Centrafrica, una suorina, aveva 83/84 anni, magra, brava, con una bambina… È venuta a salutarmi: “Io non sono di qua, sono dell’altra parte del fiume, del Congo, ma una volta alla settimana, vengo qui a fare le spese perché sono più convenienti”. Mi ha detto l’età: 83/84 anni. “Da 23 anni sono qui: sono infermiera ostetrica, ho fatto nascere due/tre mila bambini …” – “Ah… e viene qui da sola?” – “Sì, sì, prendiamo la canoa…”. A 83 anni! Con la canoa faceva un’oretta e arrivava». «Questa donna – e tante come lei – hanno lasciato il loro Paese per toccare la carne di Cristo. Se noi andiamo in questi Paesi di missione, nell’Amazzonia, in America Latina, nei cimiteri troviamo le tombe dei tanti uomini e donne religiosi morti giovani, perché per le malattie di quella terra loro non avevano gli anticorpi, e morivano giovani».
L’analisi del papa sulla colonizzazione ideologica e la scristianizzazione mi ha riportato alla posizione di Charles Péguy. Nel suo Véronique. Dialogue de l’histoire et de l’ame charnelle, scritto nel 1909, Péguy attribuiva la scristianizzazione del suo tempo ad «un errore di mistica». L’aver tolto, perso, «il mistero e l’operare della Grazia», «il meccanismo stesso del Cristianesimo». Che è il meccanismo stesso dell’umanità. «Perché non fanno altro che abolire, annullare, (…) la parte più commovente, sicuramente la più commovente; la parte più inquieta; e quella che costituisce tutta la sola parte in fermentazione; la parte che non è più solo il sale della terra, ma il sale dello stesso cielo, il fermento, il lievito del pane celeste. Tolgono la chiave alla porta; e la porta senza serratura e senza chiave resta solo una parete. (…) Tolgono, censurano il mistero stesso della creazione, e ci arrivano solo togliendo i pezzi grossi, i misteri essenziali. Tolgono la creazione, l’incarnazione, la redenzione (…) e naturalmente e soprattutto la grazia; più di ogni mistero, il mistero e l’operare della grazia». Quella grazia che in Centrafrica, e in tante altre parti del mondo, ha avuto il volto di «una suorina, di 83/84 anni, magra, brava, con una bambina…» che ha fatto nascere due/tre mila bambini.