Gaetano Nicosia, 101 anni, salesiano, è stato per quasi mezzo secolo il responsabile del lebbrosario di Coloane, nei pressi di Macao
Negli anni Sessanta a Macao, in una zona della remota isola di Coloane, esisteva un lebbrosario abbandonato a se stesso. La disperazione era tale che molti si uccidevano, lanciandosi da un dirupo.
Nell’agosto del 1963, il catanese Gaetano Nicosia, missionario salesiano – che lo scorso 3 aprile ha festeggiato i 101 anni – si offrì di trasferirsi in quel luogo. In poco tempo avvenne una trasformazione prodigiosa: le casette coloniali vennero ristrutturate e si costruì un bacino idrico per l’acqua potabile; fu installata una dinamo per produrre energia, che servì anche un villaggio vicino; si cementò la strada principale; furono costruiti un pollaio e un porcile; e venne acquistato un pezzo di terreno per farne un orto…
Nel frattempo, venne costituito un Consiglio di villaggio per prendere le decisioni insieme e sulla bacheca veniva esposto mensilmente il resoconto delle entrate e delle uscite.
Le persone idonee al lavoro si rendevano utili nelle coltivazioni o nell’allevamento, fabbricando mattoni e facendo la manutenzione a case, strade e giardini. Alcuni hanno imparato a fare i meccanici, altri i muratori, falegnami, sarti, cuochi, infermieri o autisti. Tutti venivano retribuiti e anche chi era inabile al lavoro percepiva qualcosa in caso di bisogno. Nel villaggio circolava una moneta che valeva solo al suo interno. Molti lebbrosi, grazie alle cure assidue, sono guariti completamente e dimessi. In pochi anni, il missionario salesiano, che ha vissuto con e come loro, senza lasciarsi condizionare dalla paura del contagio, ha dato dignità, benessere e salute agli sventurati abitanti di questo angolo di mondo abbandonato. E anche la fede cristiana. «Era un inferno – disse una volta un lebbroso – ora è un paradiso». Un paradiso dove padre Gaetano è diventato per tutti l’“angelo dei lebbrosi”.
Nel 2015, la sua storia è diventata anche un docufilm: Father Nicosia, the Angel of Lepers. Presentato a Hong Kong, Toronto e in diverse città italiane, è entrato nella selezione del Dallas Asian Movie Festival. Quella di don Nicosia è anche la prima storia che io stesso avevo raccolto per il volume “Cinque secoli di italiani a Hong Kong e Macao”, a cura del Consolato d’Italia a Hong Kong (Brioschi 2014).
Gaetano Nicosia è nato a San Giovanni La Punta, in provincia di Catania. Aveva solo tre anni quando, nel febbraio 1918, il padre fu ucciso in guerra. «Mia mamma – ricorda – aveva 27 anni: non si è mai più risposata, ha sempre lavorato per crescere noi due figli. Andava a Messa tutte le mattine e mi ha sempre sostenuto». Il fratello maggiore, Salvatore, ha oggi 104 anni!
A San Giovanni La Punta è nato anche Gabriele Maria Allegra, il famoso francescano, ora beato, che ha tradotto la Bibbia in cinese. Gaetano e Gabriele Maria erano compagni d’infanzia. Si sono ritrovati poi missionari a Hong Kong e a Macao. Amici fraterni per tutta la vita. Nel collegio salesiano di Caltagirone, Gaetano ricorda che c’erano delle riviste missionarie. «Una riportava la foto di un lebbroso. Istintivamente non riuscivo a guardarla, ma poi ho pensato: ma è una persona come me! Gesù perdonami!».
A 16 anni Gaetano decide di farsi lui stesso salesiano ed entra nel collegio di Gaeta. Era il 1932: «Mia mamma era dispiaciuta. Era contenta che mi facessi salesiano, ma non voleva che andassi così lontano». Non sapeva ancora che, pochi anni dopo, la sua prima destinazione sarebbe stata addirittura Hong Kong! Vi giunge il 12 novembre 1935 e inizia il noviziato, con 13 compagni da vari Paesi del mondo. Alcuni di loro, durante la persecuzione comunista in Cina, moriranno in carcere per la fede. La costituzione fisica di Gaetano era gracile e il maestro dei novizi lo voleva rimpatriare. Ma viene trattenuto dall’allora superiore, il valtellinese Carlo Braga, il “don Bosco della Cina”, un vero padre per generazioni di salesiani, di cui è iniziata la causa di beatificazione. «Mi recai da don Braga, e in lacrime gli chiesi di darmi un’altra possibilità», ricorda padre Gaetano. Tra la sorpresa di tutti, Braga gli disse: «Domani mattina farai la professione semplice. Mi raccomando ora, non farmi perdere la faccia!».
Nel 1939, Nicosia è a Macao ad assistere i ragazzi dell’orfanotrofio salesiano. Erano gli anni della guerra e Macao era piena di rifugiati dalla Cina e da Hong Kong. La gente moriva per strada di fame e di freddo: «Nella nostra scuola avevamo 800 studenti – racconta il salesiano -: come abbiamo fatto a sfamarli? Ce l’abbiamo fatta, in qualche modo. Dalla Thailandia, ogni venerdì, arrivava una nave carica di riso. Grazie al governatore, i salesiani furono autorizzati a provvedere ai loro ragazzi».
Tra di loro c’era anche don Luigi Montini, l’unico ad avere il coraggio di visitare il villaggio dei lebbrosi abbandonato da tutti. Era cugino di Giovanni Battista Montini (il futuro beato Paolo VI), allora uno dei principali funzionari della Santa Sede. Don Montini ottenne aiuti sostanziosi per edificare una scuola agricola nella remota isola di Coloane, per orfani e rifugiati dalla Cina. Sempre grazie all’aiuto del Papa venne aperto il Colegio don Bosco. Ai salesiani fu affidato anche il Yuet Wah College, fondato nel 1925 a Canton e trasferito a Macao con 300 studenti. Nicosia insegnava catechismo e viveva con i ragazzi. Nello stesso tempo studiò teologia e, il 25 marzo 1946, fu ordinato prete presso la bella chiesa di San Giuseppe, nel seminario diocesano di Macao.
Il giovane prete chiese di essere inviato missionario nella Cina continentale, al seguito di Michele Alberto Arduino, il nuovo vescovo di Shaozhou. La città, ora chiamata Shaoguan, si trova nella provincia di Guangdong, ed è la seconda località dove Matteo Ricci risedette dal 1589 al 1595, fondandovi una comunità cristiana. Erano anni di guerra civile, di disordini e di pericoli. Shaozhou cadde in mano comunista, fortunatamente senza versamento di sangue, il 7 ottobre del 1949, una settimana dopo la proclamazione della Repubblica popolare cinese. Nicosia, che aveva sempre lavorato tra i ragazzi, venne espulso dai comunisti dopo poco più di un anno. Al “ponte della libertà” di Lowu, l’entrata per Hong Kong, c’era il “portinaio della Cina”, padre Ambrogio Poletti del Pime, ad accoglierlo. Faceva così con tutti i missionari espulsi.
Per 11 anni fu assegnato alla scuola di San Luigi di Hong Kong. Ma sentiva una certa insoddisfazione. Sognava una missione con i più poveri e soprattutto con i lebbrosi. Il nuovo superiore era disposto a lasciarlo partire per un lebbrosario della lontana Colombia. Ma prima della partenza arrivò un’inaspettata richiesta: il vescovo di Macao Paulo José Tavares chiese ai salesiani di prendersi cura del lebbrosario di Ka Ho, nell’isola di Coloane. C’erano un centinaio di lebbrosi, in stato di abbandono. Nessuno, neppure i medici assegnati dal governo, osava recarsi nell’isolato villaggio, raggiungibile solo con una barca.
Vi andò, entusiasta, Gaetano Nicosia, vivendovi per ben 48 ininterrotti anni, dal 1963 fino al 2011. Già nel 1970 i risultati erano ottimi: tra le 112 persone del villaggio, 40 vennero dimesse. Nicosia si dava da fare per trovare un lavoro e sostenere finanziariamente coloro che lasciavano il villaggio, spesso vittime di stigma sociale. La gente evitava persino i familiari degli ex lebbrosi, che di conseguenza venivano rifiutati anche dalle loro stesse famiglie. Alcuni preferirono perciò tornare al villaggio di Nicosia.
La trasformazione era stata anche religiosa. All’inizio c’erano solo una quindicina di cattolici, ma un po’ alla volta Nicosia portò tutti alla fede. L’ultimo battezzato da don Gaetano risale al 2009. La vita cristiana impostata da don Nicosia era intensa e con tutte le devozioni tipicamente salesiane. Il lebbrosario cominciò a essere frequentato da tante persone amiche: il vescovo Tavares; il gesuita Luis Ruiz e Lancelot Rodrigues, due famosi preti di Macao, divennero grandi amici del lebbrosario, e da lì presero ispirazione per iniziare loro stessi, a partire dagli anni Ottanta, un’intensa opera a favore dei lebbrosi in Cina. E naturalmente l’amico biblista Allegra, che ogni anno vi trascorreva i giorni di Natale e di Pasqua.
L’architetto italiano Oseo Acconci costruì nel villaggio di Ka Ho la bella chiesa, intitolata a Nostra Signora dei Dolori, da cui prese un nuovo nome anche il villaggio. Il grande scultore Francesco Messina donò un suo splendido crocifisso bronzeo (alto due metri e sessanta) che giganteggia sul frontale della chiesa e la miniatura della Madonna con Bambino a destra della porta principale. Tanti, tra cui Papa Paolo VI (in ricordo dell’antico servizio del cugino), hanno aiutato il villaggio dei lebbrosi conosciuto ormai in tante parti del mondo. Nicosia si è inoltre meritato l’onorificenza di Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana.
I lebbrosi oggi sono guariti tutti e il lebbrosario è stato chiuso e verrà usato per fini culturali. Una decina di ex ammalati vivono in una residenza per anziani. Molti sono persone pienamente realizzate nella società con ruoli di prestigio: professori, impiegati dello Stato, professionisti. Tutti, in un modo o nell’altro, si ricordano del loro “angelo”, don Gaetano, che ha dedicato a loro gli anni migliori della sua lunghissima vita.