Cresciuto in Vietnam, ingegnere elettronico nell’ex Unione Sovietica, oggi fra Dinh Anh Nhue Nguyen è preside del Seraphicum a Roma. Dove promuove la lettura della Bibbia con gli occhi dell’Asia
La sua vocazione è nata a Saigon; ma è maturata nel crepuscolo dell’Unione Sovietica. Fino a portarlo oggi alla guida di un’Università pontificia. È la storia singolare di fra Dinh Anh Nhue Nguyen, 46 anni, biblista vietnamita, dal marzo scorso a Roma preside del Seraphicum, la Facoltà teologica dei frati minori conventuali.
Lo incontriamo nella sede dell’ateneo alla Laurentina, dove ci parla della «mano di Dio» nella sua vita. Ma anche della sfida che oggi gli sta più a cuore: promuovere la lettura della Parola di Dio con gli occhi dell’Asia. Fra Anh Nhue è nato a Quin Nhon nel 1970, negli anni più duri della guerra del Vietnam. Proprio in cerca di un rifugio più sicuro – quando lui aveva appena tre anni – la sua famiglia si trasferì a Saigon, oggi Ho Chi Minh City. «Lì, frequentando le attività per la gioventù cattolica promosse dai Padri Redentoristi, è nata la mia vocazione – racconta -. Al resto poi ci ha pensato il Signore. E non solo in Vietnam…».
Sì, perché nel 1989 il giovane Anh Nhue parte infatti per l’allora Unione Sovietica dove a Tula – città a 200 chilometri da Mosca – frequenta la facoltà di ingegneria elettronica.
«Fu un’opportunità non scontata – ricorda -, un frutto della perestrojka, quella di Gorbaciov e quella che stava iniziando in Vietnam. Io dietro, però, vedo comunque la mano di Dio». Da Tula, nei primi anni, viaggiava per quattro ore in treno per andare a Messa a Mosca. Fino a quando – con la fine dell’Unione Sovietica e l’apertura alla libertà religiosa – anche lì arrivarono i missionari francescani polacchi. «A Tula c’era ancora la chiesa cattolica, costruita prima della Rivoluzione d’ottobre – spiega -. Il regime, però, l’aveva trasformata in un laboratorio di medicina forense. Padre Janusz Moroz cominciò a radunare i fedeli che, in maniera sotterranea, avevano mantenuto vivo il cattolicesimo; ed ebbe l’intuizione di venire a cercare anche noi studenti stranieri dell’università. Ricordo bene la prima Pasqua che celebrammo insieme a Tula, in un appartamento. Padre Janusz accese un vecchio cero pasquale, prendendo il fuoco dal fornello a gas della cucina…».
Nel 1994, Anh Nhue aveva completato i suoi studi sulla progettazione e la produzione di impianti elettronici («la forma mentis matematica e tecnica poi mi è rimasta», assicura). E fu allora – dentro quell’esperienza di rinascita di una comunità cristiana – che il cammino della sua vocazione prese la strada del postulandato tra i frati minori conventuali. I primi mesi li trascorse in Russia, poi iniziarono i cinque anni di formazione in Polonia. Nel 1999, infine la decisione dei superiori di mandarlo a studiare a Roma proprio al Seraphicum.
«Da allora sono sempre rimasto qui – racconta -. Studente, poi dottorando in teologia biblica alla Gregoriana, infine dal 2006 insegnante. E ora ho l’incarico di preside di questa bellissima Facoltà».
Nel mezzo – nel 2015 – anche un riconoscimento significativo per un giovane biblista: fra Anh Nhue è stato infatti il primo vincitore del premio internazionale cardinal Martini, per la sua tesi di dottorato dedicata alla lettura della Parola di Dio a partire dalle categorie dell’Asia.
«Ho messo a confronto alcune pagine della Bibbia con la tradizione popolare vietnamita, mostrando consonanze interessanti – spiega il frate biblista -. Per esempio: nel libro dei Proverbi c’è un versetto che dice “meglio un amico che è vicino di un fratello che è lontano”. Ma c’è anche un nostro detto che suona praticamente uguale. E se questo proverbio è Parola di Dio, in qualche modo lo sono anche i “semi del Verbo” presenti nella tradizione vietnamita. Penso anche alla categoria del primogenito: in Estremo Oriente questa parola ha un significato che forse ci può aiutare a capire meglio perché il Nuovo Testamento insista tanto nel riferirsi in questo modo a Gesù».
Questo studio prosegue anche ora nel nuovo incarico. «Qui al Seraphicum – continua fra Anh Nhue – siamo riusciti a fondare il Franciscan Institute for Asian Theological Studies (Fiats) per affrontare proprio il tema dell’inculturazione della Parola di Dio e della fede nei diversi contesti asiatici. Vogliamo metterci al servizio della Chiesa universale in questa opera, accogliendo chiunque voglia approfondire quest’aspetto». Attualmente gli iscritti al Seraphicum sono circa un centinaio e provengono dalle missioni francescane di tutto il mondo: Europa, America, Asia, Africa; la Facoltà ha due specializzazioni: cristologia e francescanesimo contemporaneo. Il Fiats nasce proprio per aprire l’Istituto anche alla formazione di sacerdoti diocesani, che possano far crescere il livello dell’insegnamento e della ricerca teologica in Asia.
Siamo pronti a offrire i corsi anche gratuitamente – spiega fra Anh Nhue -. Il problema restano il vitto e l’alloggio: stiamo cercando borse di studio e benefattori».
Ma perché la cristologia in Asia oggi è una sfida così importante?
«C’è molta confusione tra i credenti sull’unicità di Cristo e della religione cristiana – risponde il preside del Seraphicum -. Confusione causata anche da una cattiva comprensione della teologia del post Concilio: aprire al dialogo tra le religioni non vuol dire rinunciare a professare che Cristo per noi è il centro dell’universo e della storia. La domanda vera oggi è: come annunciare Cristo unico salvatore del mondo in un mondo pluriculturale e plurireligioso, senza offendere nessuno ma partendo dalla nostra vita?».
l suo Vietnam lo trova oggi «profondamente cambiato nelle infrastrutture, negli stili di vita, ma l’uomo è rimasto lo stesso. Certo, con questi cambiamenti è più esposto alle tentazioni del mondo secolarizzato, c’è bisogno di cristiani e sacerdoti formati».
Ma intanto il Vietnam è già una Chiesa aperta alla missione ad gentes. «Verbiti, salesiani, anche frati minori mandano missionari vietnamiti non solo in Asia, ma anche in Europa e America Latina.
Sono convinto che il Vietnam – conclude fra Anh Nhue – potrà dare un grande contributo al mondo globalizzato con la ricchezza delle proprie vocazioni»