Il re Bhumibol Adulyadej è morto ieri e in Tahailandia, dove il potere militare ha preso il controllo nel 2014. Ora si apre una prospettiva incerta con ipotesi anche preoccupanti di reazione e repressione.
DA BANGKOK. La Thailandia si è svegliata la mattina del 14 ottobre 2016 in quella che è forse la giornata più triste della sua storia moderna. Il suo sovrano, Bhumibol Adulyadej, Rama IX per discendenza dinastica, si è infatti spento a 88 anni nel pomeriggio del giorno precedente e l’annuncio è stato dato alla nazione in diretta sui telegiornali delle 19 ora locale dal primo ministro a capo del governo controllato dai militari, l’ex generale Prayuth Cha-ocha.
Con la sua scomparsa, per molti un tragedia familiare dato l’affetto e la riconoscenza condivisa dai thailandesi verso il monarca che ha regnato per 70 anni, il paese non solo entra in un periodo di lutto stretto per 30 giorni esteso per un anno ma anche in un tempo di pesante incertezza che potrebbero segnarne profondamente la fisionomia e le prospettive.
La giunta militare che ha preso il potere nel maggio 2014 con la prospettiva di un controllo prolungato sul paese proprio in concomitanza con un evento temuto per le conseguenze anche sulle élite tradizionali e sulla stabilità complessiva, non ha sanato le profonde fratture politiche, sociali, geografiche che da anni caratterizzano la vita della Thailandia dopo un decennio di tensioni, confronti anche duri e a volte letali di piazza e ripetuti interventi militari. Anzi, da un lato le ha occultate impedendo ogni pubblica manifestazione e protesta, dall’altro le ha accentuate con repressione e censura accentuate. Anche con un uso della Legge sulla lesa maestà, draconiana per le pene, applicata in misura crescente. Più che per tutelare l’istituzione monarchica come da principio, per tacitare dissenso o intimidire potenziali avversari del regime.
Questo, e anche la graduale scomparsa del sovrano dalla vita pubblica per la salute malferma, con un ricovero pressoché permanente negli ultimi anni in ospedale, hanno allentato il legame di almeno parte della popolazione, soprattutto i giovani, con la monarchia. Non interrotta, tuttavia, anche perché, proprio nelle difficoltà attuali e nell’incertezza delle prospettive il sovrano, per molti una figura sacrale, nonostante la sua incostante presenza nella vita pubblica, è rimasta per molti l’unica certezza e a volte speranza.
Erede di una monarchia passata da assoluta a costituzionale nel 1932 sovente sotto una pesante tutela di gruppi di potere e dei militari, il suo lungo regno è stato caratterizzato però da sviluppo economico e sociale, da progresso che hanno portato al paese prestigio internazionale, oltre che a farlo uscire dal sottosviluppo per proiettarlo di fatto tra quelli a medio reddito. Con molti e forse troppi limiti, però, Anzitutto la forte dipendenza dall’estero per investimenti e turismo, ma anche la crescente divaricazione sociale che lascia molti thailandesi in una condizione di sostanziale arretratezza e, negli ultimi tempi il paese nel suo complesso ad arrancare sul piano culturale e tecnologico in un contesto regionale dinamico e in sviluppo.
Una situazione che re Bhumibol – nato negli Usa e cresciuto in Europa fino al suo richiamo in Thailandia per diventarne re a 18 anni nel 1946, inizialmente sotto tutela – conosceva e contro cui si era impegnato per garantire in particolare al paese rurale tecnologie e infrastrutture. Un campione della teoria dell’autosufficienza alla pari con i tempi attuali, lo fu anche di un autoritarismo benevolente e protettivo verso la popolazione, come dimostrano sue prese di posizione determinanti in tempi di crisi politica e di deriva dittatoriale. Il suo riconoscimento il giorno al decesso, mentre il paese si è vestito di nero in segno di omaggio partecipando con folle immense e altrettanto grande commozione alle cerimonie di abluzione e di traslazione del corpo nella sede della sua esposizione pubblica nel Palazzo reale per un mese, è stato anche internazionale. Fautori di un sostanziale avvicinamento all’Occidente, aperto alle istanze internazionali pur promuovendo una identità insieme tradizionale e moderna, la figura del sovrano è stata ricordata dai maggiori leader mondiali a partire da Ban Ki-moon a poche ore dalla morte.
Sotto il suo regno, l’antico Siam ha visto numerosi colpi di stato, alcuni con successo, terribili repressioni operate da nazionalisti e militari, il coinvolgimento nel conflitto vietnamita come retrovia delle campagne belliche americane, ma anche un inserimento autorevole nella realtà regionale e internazionale. Solo in parte negata negli ultimi tempi da chi ha preteso di parlare a suo nome, amplificando in modo opportunista una voce sempre più flebile e infilando il paese nel sospetto del mondo sul piano degli abusi verso immigrati, rispetto negato a trattati e convenzioni, diritti umani e democrazia.
Ora le prospettive si aprono a ipotesi anche preoccupanti, di reazione e repressione. L’erede al trono e unico maschio tra i figli di Bhumibol Adulyadej, il principe 64enne Maha Vajralongkorn, ha sospeso al momento il suo accesso al trono segnalando di preferire lasciare passare il periodo di lutto e se il parlamento ha negato la sua designazione ufficiale, il capo del regime e premier ha indicato che invece sarà proprio il principe a sostituire sul trono chi per molti sarà insostituibile.