Padre Ibrahim: «Anche ad Aleppo la vita vince sulla morte»

Padre Ibrahim: «Anche ad Aleppo la vita vince sulla morte»

In un libro la testimonianza del francescano parroco nella città martoriata: «La soluzione per la Siria è nelle mani dei potenti della Terra. La comunità internazionale deve manifestare la vera volontà, attraverso i fatti, di cercare il bene del popolo siriano, derubato della sua dignità».

 

«Questa guerra non è una guerra del popolo siriano». Padre Ibrahim Al Sabagh, dal 2014 parroco francescano della cattedrale latina di Aleppo, è in Italia per presentare il suo libro, “Un istante prima dell’alba” (Edizioni Terra Santa), una sorta di diario di guerra tra le cui pagine è però racchiuso il segreto della vita che, ogni giorno e a dispetto di tutto, «vince sulla morte». «A noi cristiani – spiega – non è permesso giudicare la realtà in modo pessimista, perché uno sguardo unicamente negativo è una tentazione che porta alla disperazione e diventa ingiustizia: ingiustizia innanzitutto verso lo Spirito Santo, che conduce la storia al bene che Dio ha promesso». Ecco, dice, «noi speriamo contro ogni speranza».

Martoriato da una guerra civile, dal 2011 il popolo siriano è ormai allo stremo. La cronaca racconta come tutte le parti in campo abbiano condotto operazioni sfociate in esecuzioni di massa, arresti, rapimenti e torture. Come se ciò non bastasse, l’embargo internazionale impedisce i commerci con la conseguenza di fare impennare i prezzi dei prodotti venduti sul mercato nero. L’80% delle persone è senza lavoro e il 92% delle famiglie vive sotto la soglia della povertà. Manca il cibo, l’acqua potabile e persino medicinali salvavita. «Noi abitiamo nella parte governativa della città – dice padre Ibrahim, che vive nel quartiere occidentale di Aziziyeh, controllato dall’esercito regolare siriano – e non sappiamo molto di che cosa succede nell’altra parte», occupata invece da gruppi armati jihadisti che reclamano la costruzione dello Stato islamico. «Però, purtroppo – continua il parroco – conosciamo bene quello che noi subiamo ogni giorno». E, comunque, «a pagare sono sempre gli innocenti, tanto ad Est quanto ad Ovest».

Aleppo, che fino a cinque anni fa contava circa 4 milioni di abitanti, oggi è abitata da appena un milione e 400mila persone. «”Qui almeno abbiamo un posto nel cimitero”, dice chi rimane. Alcuni sperano in una soluzione, altri sono disperati: vorrebbero fuggire ma non hanno un visto né i soldi necessari». Per venire incontro alle necessità dei siriani, in questo angolo di mondo i frati francescani realizzano una «carità creativa»: aiutano ogni mese migliaia di famiglie con viveri e medicine, si adoperano nella riparazione delle case danneggiate, nel sostenere gli studi degli universitari e le rette scolastiche dei ragazzini. «Talvolta, pensando a me stesso – racconta padre Ibrahim -, dentro di me rido perché, amante di alti studi teologici, mi trovo ad Aleppo a fare il vigile del fuoco, l’infermiere, il badante e, da ultimo, il sacerdote».

In questo scorcio di ottobre, dalla Siria arrivano intanto nuove notizie sempre più drammatiche. Ieri i ribelli jihadisti che si trovano a Sud-Ovest hanno lanciato un’offensiva militare con l’intenzione di rompere l’assedio dei quartieri orientali di Aleppo; hanno costretto ll’esercito siriano ad arretrare in alcuni quartieri. E nuovi bombardamenti dei ribelli hanno causato la morte di almeno 15 civili ad Aleppo Ovest e il ferimento di altre 100 persone. Due giorni prima era stato un raid aereo – russo o comunque dell’aviazione di Assad – a distruggere una scuola vicino a Idlib, uccidendo 22 bambini.

«La soluzione per la Siria è nelle mani dei potenti della Terra. La comunità internazionale – è l’appello di padre Ibrahim – deve manifestare la vera volontà, attraverso i fatti, di cercare il bene del popolo siriano, derubato della sua dignità».