Vivere per qualcuno non per qualcosa

EDITORIALE
Occorre fare un passo avanti. Tutti. Per questo ci piace pensare al Natale felice di chi farà qualcosa per qualcun altro

 

L’Italia vota una controversa riforma costituzionale che, indipendentemente dal risultato favorevole o contrario, può lasciare il Paese lacerato e diviso. Un esito di cui non si sente il bisogno. C’è altro che preoccupa. A cominciare dalla crisi economica, che non intende andarsene e costringe di nuovo molte famiglie a un Natale di incertezza e paura. E poi le difficoltà dell’Europa che sembra voler abbandonare al loro destino migliaia di migranti che affrontano le acque ora gelide del Mediterraneo. I ragazzi africani e asiatici nelle nostre città e nei nostri paesi, però, passeranno il Natale da soli in un ostello, in una caserma in disuso o in un ex seminario. Non saranno invitati nelle famiglie. Pochi di noi andranno a Messa, mentre un numero un po’ più ampio stapperà uno spumante tra le quattro mura domestiche, che però sentiamo sempre meno sicure. Ai più avvertiti darà forse un po’ di coraggio il pensiero che il portoghese Antonio Guterres, già Alto Commissario per i Rifugiati, si insedia il primo gennaio al vertice delle Nazioni Unite. Avrà qualche idea in più per la soluzione dei conflitti e dei problemi che tanto ci angustiano?

Occorre fare un passo avanti. Tutti. Esso consiste nel pensare che si vive per qualcuno e non per qualcosa. La crisi infatti è anche spirituale. Si alimenta e nello stesso tempo si manifesta nell’affermazione ossessiva dei diritti e nella messa tra parentesi dei doveri reciproci, nell’individualismo, nel calo di vita associativa e di partecipazione, nella rinuncia a sentirsi una comunità anzitutto familiare e poi parrocchiale, cittadina, nazionale, europea, mondiale… L’isolamento, però, incattivisce e conduce a vedere i problemi e i difetti, pur reali, impedendo lo sbocciare dell’ottimismo e la ricerca di soluzioni.

Ci piace, quindi, pensare al Natale felice di chi farà qualcosa per qualcun altro: un’adozione a distanza, un invito a pranzo a un giovane immigrato o a un senzatetto, un pacco dono a una famiglia di disoccupati, un po’ di compagnia a un malato in casa o in ospedale… Saremo col pensiero e con la preghiera, a Natale, sulle navi che salvano i migranti nel Mediterraneo, con medici, paramedici e militari che allungano la mano verso i gommoni e a volte traggono a bordo corpi senza vita. Saremo nella devastazione di Aleppo e Mosul, dei conflitti disumani e senza regole del Medio Oriente, le cui cronache ingenerano un dubbio più che fondato sulla possibilità di attribuire a certi combattenti una carta d’identità che ne certifichi l’appartenenza al genere umano. Possiamo almeno indignarci in silenzio?

Viviamo il Natale anche coi missionari, a cui questa rivista ci tiene legati, la loro gente e le loro lotte. Da loro e dal Centro missionario Pime di Milano a tutti voi i migliori auguri di pace e serenità! Buon Natale!