Padre Piero Gheddo raccontato dagli amici Bernardo Cervellera, Marina Corradi, Giorgio Torelli e Marco Tarquinio al Pime in occasione della presentazione del libro «Inviato speciale ai confini della fede»
Esempio di un giornalismo ancorato sui fatti anziché su tesi precostituite. Maestro nell’andare a cercare volti di speranza anche negli abissi più tragici della storia. Testimone appassionato della bellezza della missione ad gentes.
Sono solo alcune delle definizioni di padre Piero Gheddo offerte nella serata di mercoledì 30 novembre durante la presentazione del volume «Inviato speciale ai confini della fede», l’autobiografia che il decano dei giornalisti missionari italiani ha da poco pubblicato per l’editrice Emi. Una serata tenutasi al Centro missionario Pime di Milano durante la quale alcuni amici illustri del missionario del Pime a lungo direttore della rivista Mondo e Missione hanno commentato il volume che riassume la straordinaria esperienza umana e giornalistica di padre Gheddo, oggi forzatamente a riposo dopo tanti anni trascorsi a visitare le frontiere della Chiesa e dello sviluppo in più di 80 Paesi (riposo comunque solo fisico, come ben sanno i lettori che continuano a leggere i suoi contributi sul suo blog).
È stato il superiore generale del Pime padre Ferruccio Brambillasca a introdurre la serata, ricordando il profondo «amore per la missione» di padre Gheddo. «È questo amore ad avergli sempre permesso di scrivere con passione sulla Chiesa e per la Chiesa». Anche il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, ha voluto farsi presente attraverso un breve videomessaggio nel quale ha espresso il grazie della Chiesa ambrosiana: «Attraverso la modalità semplice del racconto – ha spiegato – ha educato all’apertura al mondo. E oggi nelle nostre comunità cominciamo a vedere i frutti di ritorno di questo impegno».
«Gheddo è stato il mio maestro – ha raccontato padre Bernardo Cervellera, anche lui missionario del Pime e oggi direttore dell’agenzia AsiaNews -. Ho sempre ammirato la sua capacità di far incontrare tra loro realismo e speranza anche di fronte a situazioni terribili. Un ottimismo mai facilone, ma fondato sulla fede in Colui che ha redento il mondo». Cervellera ha sottolineato anche lo stile dell’uomo Gheddo, a partire dal rigore nelle sue giornate lavorative, che cominciavano alle 5 della mattina. «Uno stile quasi monastico – ha commentato il direttore di AsiaNews -, emblema di un giornalismo inteso come servizio alla verità».
Amico di padre Gheddo era anche Egisto Corradi, grande inviato del Corriere della Sera e poi del Giornale. «In Vietnam loro due erano gli unici a uscire da Saigon per andare a vedere davvero quanto succedeva, senza fermarsi alle visioni ideologiche più comode», ha ricordato Marina Corradi, sua figlia, oggi editorialista di Avvenire. «Ha compiuto reportage in tantissimi Paesi, eppure Gheddo non è famoso come tanti altri inviati. Perché? – si è chiesta ancora Marina Corradi -. Forse la risposta sta nella fatica ad ammettere che anche il bene fa notizia».
«Montanelli lo stimava moltissimo e lo citava nelle sue risposte ai lettori – ha aggiunto Giorgio Torelli, altra firma illustre che con padre Gheddo ha condiviso molto -. Ha dovuto affrontare anche contestazioni. Una volta messo mano all’aratro, però, non è mai tornato indietro». Torelli, con una serie di gustosi aneddoti, ha raccontato anche il Gheddo meno conosciuto, «quello del Pierino oltre che padre Piero». Come quella volta che – ospite a pranzo di Giovanni Paolo II ai tempi della redazione dell’enciclica Redemptoris Missio – fece scivolare in tasca qualche grissino per portare agli amici un segno di quell’incontro speciale a tavola col Papa…
«Avvenire ha un debito speciale di riconoscenza nei confronti di padre Gheddo – ha commentato infine il direttore del quotidiano cattolico, Marco Tarquinio -. I suoi sono racconti basati sui fatti, non opinabili, lontanissimo dall’idea di un giornalismo a tesi. Il suo giornalismo ha saputo rompere le scatole, nel senso letterale del termine: ha saputo rompere tanti schemi in cui viene inscatolata la realtà. Facendo ad esempio scoprire tutta la ricchezza delle giovani Chiese. Oggi c’è una certa cultura che preferisce ignorare il pianto dei poveri – ha concluso Tarquinio -. Ma il giornalismo di Piero Gheddo ci insegna che il mondo va proprio dalla parte di chi sa piangere con loro».
E l’interessato? Impossibilitato a esserci fisicamente ha comunque salutato i presenti attraverso una breve videointervista con Gerolamo Fazzini, che ha curato il libro. Ha ricordato anche lui alcuni episodi della sua lunga attività giornalistica. Ma soprattutto ha rivolto una parola speciale ai giovani: «Quando leggo il brano di Vangelo in cui Gesù dice “Vi farò pescatori di uomini” mi commuovo – ha raccontato -, perché per me è stato davvero così. E ho ricevuto il centuplo. E se anche voi avvertite che il Signore vi chiama, non abbiate paura a rispondere con un sì».