Vietnam: blog e social solo «a uso personale»

Vietnam: blog e social solo «a uso personale»

Severe restrizioni per 12 milioni di internauti vietnamiti a rischio di monitoraggio informatico da parte delle autorità. Mentre la nota blogger Tha Phong Tan – per uscire dal carcere – ha dovuto accettare l’esilio

Il Partito comunista vietnamita è sotto pressione, dovendo scegliere nel gennaio prossimo la nuova leadership. Di conseguenza inasprisce il controllo sulla società civile per evitare interferenze.

Nonostante la relativa novità dell’uso di internet e le rigide regole imposte dal governo al suo utilizzo, quello vietnamita sta diventando un entusiasta popolo di “internauti”, con oltre un terzo della popolazione che utilizza abitualmente la grande rete. La crescente popolarità dei social media è diventata però anche una delle preoccupazione delle autorità, sempre timorose di una destabilizzazione. Si stima che 12 milioni di vietnamiti siano a rischio di monitoraggio informatico da parte delle autorità

Una situazione che comunque non è servita a disattivare voglia di comunicare e di conoscere. Anche di condividere opinioni e informazioni su temi che i mass media ufficiali abitualmente ignorano o condannano. Per questo nel settembre 2013 il regime ha promulgato il Decreto 72, per limitare ulteriormente quelle che considera manifestazioni di dissidenza. Con i nuovi provvedimenti, blog, forum, chat, strumenti come Twitter e Facebook sono destinati esclusivamente a “fornire e scambiare informazioni di carattere personale”. Escluso quindi – passibile di severe punizioni – lo scambio di informazioni e idee su temi di carattere politico, economico e sociale e proibita pure la distribuzione di articoli e libri online. La nuova legge obbliga anche le aziende straniere attive su Internet ad avere i loro server nel Paese, sollevando il disaccordo di molti – inclusi Google e Facebook – che vi vedono un limite concreto alle loro prospettive di investimento in Vietnam.

Una serie di iniziative che rischiano di confermare anche quest’anno il Paese attorno alla 170ma posizione (su 179 in totale) dell’Indice della Libertà d’informazione, ma che poco sembrano interessare le autorità, impegnate in un’offensiva contro i media indipendenti.

Da tempo, la dissidenza verso il governo e il Partito unico, che ha come oggetto soprattutto la corruzione e la gestione dell’economia, ha trovato espressione sulla grande rete, in particolare nei social media, con una parallela intensificazione della repressione per reati a mezzo internet, soprattutto verso ideatori e gestori di blog, incarcerati a decine in tempi recenti

In quella che i critici del regime vietnamita hanno condannato come una mossa per liberarsi degli oppositori, due settimane fa la nota blogger Tha Phong Tan, condannata nel 2012 a dieci anni di prigione per “propaganda contro lo stato”, è stata scarcerata ma è subito partita verso gli Stati Uniti. Probabilmente una mossa concordata con la mediazione di Washington che, ha sottolineato Phil Robertson, vice-direttore per l’Asia di Human Rights Watch, “segnala la pratica cinica di liberare dissidenti di alto profilo in cambio dell’esilio immediato”.

L’ex donna-poliziotto convertita alla causa della moralizzazione e dei diritti umani nel suo paese ed espulsa dal Partito comunista nel 2006, ha raggiunto negli Stati Uniti Nguyen Van Hai un altro dei due blogger processati e condannati con lei, rilasciato nell’ottobre 2014 a seguito di uno sciopero della fame.

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Foto: Flickr / Michael Coghlan