Nella Repubblica democratica del Congo nel caos per il rifiuto di Joseph Kabila a lasciare il potere a mandato scaduto, l’arcivescovo di Kinshasa ha lanciato un fortissimo appello: «Sono finiti i giorni in cui si mantiene il potere con la forza; i giovani in piazza non reclamano altro che un po’ di dignità»
È un Natale scosso dalle violenze quello della Repubblica democratica del Congo, da alcune settimane scosso dalla crisi politica provocata dal rifiuto del presidente Jospeh Kabila di abbandonare il potere nonostante il suo mandato sia terminato. Vi sono state manifestazioni dell’opposizione represse in maniera molto dura dall’esercito. Il tutto mentre nuove notizie di scontri giungono anche dalla regione del Nord del Kivu, dove arrivano notizie di nuovi scontri su base etnica che avrebbero provocato nelle ultime ore almeno 35 vittime.
In questo clima incandescente in occasione del Natale ha fatto sentire con forza la sua voce l’arcivescovo di Kinshasa, il cardinale Laurent Monsengwo Pasinya, con un invito accorato ad abbandonare la logica delle armi. Ma anche con una richiesta molto chiara a Kabila, affinché rispetti quanto previsto dalla costituzione del Paese.
«Mentre Dio manda il suo Figlio per diventare uno di noi, per insegnarci come vivere con sobrietà, giustizia e pietà (Tt 2, 12) – ha detto il porporato nell’omelia natalizia – , c’è chi ribolle giorno e notte morte e uccisioni; le armi crepitano. È più facile uccidere che non uccidere. È più facile cedere alla violenza che resistere. Ma è più bello essere un costruttore di pace che di violenza. Non c’è alcuna grandezza nell’usare le armi per uccidere le persone. Aver preso il potere con la forza non giustifica che lo si possa togliere con le armi. Sono finiti i giorni in cui si prendeva il potere con le armi; è passato il tempo in cui cerca di mantenere il potere con la forza, uccidendo la propria gente, questi giovani che non reclamano altro che il diritto di poter vivere con un po’ più di dignità!
Stiamo attenti, cari fratelli e sorelle, perché saremo chiamati a rendere conto al Signore delle sofferenze che imponiamo agli altri, chiudendo gli occhi sulla miseria del nostro popolo. Stiamo attenti, cari fratelli e sorelle, perché – come dice Gesù – “chi uccide con la spada, perirà di spada” (Mt 26, 52)».
«La pace del Natale è per tutti, senza eccezioni – ha proseguito l’arcivescovo di Kionshasa – perché è annunciata a tutti gli uomini che Dio ama. E la pace del cuore e la pace della mente; la pace dell’integrità del corpo, ma soprattutto di un’anima retta, in comunione con Dio, capace di cercare Dio e i beni eterni. Ed è per questo che dobbiamo tenere in considerazione l’appello di Papa Francesco, che ha esortato tutti i congolesi ad essere artefici di riconciliazione e di pace, e tutti coloro che hanno responsabilità politiche ad ascoltare la voce della propria coscienza, sapendo vedere la sofferenza crudele dei propri compatrioti e avendo a cuore il bene comune (Udienza generale, Mercoledì 21 dicembre, 2016)».
«La pace del Natale – ha concluso il cardinale Monsengwo – esclude assassinii, omicidi, violenze. Implica la giustizia, l’amore, la verità, senza le quali ci si espone al malcontento, alla frustrazione, alle agitazioni se non alle rivolte; al contrario dell’armonia sociale, essenziale per la riconciliazione: chi rispetta la Costituzione non ha nulla da temere dalla giustizia. Chi vede i suoi diritti violati si sente protetto dalla costituzione. Che l’Emmanuele, nostra pace, ci renda costruttori di pace. La Vergine Maria, Nostra Signora del Congo e Madre del Redentore, interceda per la pace nel nostro Paese».