Ha assunto proporzioni importanti la presenza in Italia di minori stranieri non accompagnati. Nel 2016 ne sono sbarcati più di 25 mila: 6 mila risultano irreperibili. Molti finiscono nelle reti della criminalità e dello sfruttamento. L’appello di Papa Francesco per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato che si celebra domenica 15 gennaio
«Mi sta a cuore richiamare l’attenzione sulla realtà dei migranti minorenni, specialmente quelli soli, sollecitando tutti a prendersi cura dei fanciulli che sono tre volte indifesi perché minori, perché stranieri e perché inermi, quando, per varie ragioni, sono forzati a vivere lontani dalla loro terra d’origine e separati dagli affetti familiari». Usa ancora una volta parole forti Papa Francesco per ricordare, in occasione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2017 che si celebra domenica 15 gennaio, un aspetto particolarmente delicato e critico del fenomeno migratorio che in questi ultimi anni sta investendo in maniera significativa l’Europa intera e l’Italia in particolare.
Quello dei minori stranieri non accompagnati è spesso un dramma nel dramma. Lo evidenzia bene lo stesso Pontefice quando fa notare che «la linea di demarcazione tra migrazione e traffico (di esseri umani, ndr) può farsi a volte molto sottile. Molti sono i fattori che contribuiscono a creare uno stato di vulnerabilità nei migranti, specie se minori: l’indigenza e la carenza di mezzi di sopravvivenza – cui si aggiungono aspettative irreali indotte dai media -; il basso livello di alfabetizzazione; l’ignoranza delle leggi, della cultura e spesso della lingua dei Paesi ospitanti. Tutto ciò li rende dipendenti fisicamente e psicologicamente». Ma, aggiunge Papa Francesco, la spinta più potente allo sfruttamento e all’abuso dei bambini viene dalla domanda». Domanda di sesso a pagamento, ma anche domanda di lavoro-schiavo. «Se non si trova il modo di intervenire con maggiore rigore ed efficacia nei confronti degli approfittatori – sostiene il Papa – non potranno essere fermate le molteplici forme di schiavitù di cui sono vittime i minori».
Per questo chiede a tutti di «puntare sulla protezione, sull’integrazione e su soluzioni durature», affinché questi minorenni non finiscano nella mani di sfruttatori senza scrupoli che li trasformano in oggetti di violenza fisica, morale e sessuale.
Sempre più numerosi, sempre più “invisibili”
Il 2016 è stato l’anno dei record. Non solo perché sulle coste italiane è sbarcato il numero più alto in assoluto di migranti: 181 mila contro i 153 mila del 2015 e i 173 mila del 2014. Ma soprattutto perché è aumentano in maniera straordinaria il numero dei minori, l’80 per cento dei quali non accompagnati: più di 25 mila minorenni, il doppio rispetto al 2015.
Un boom senza precedenti, che interpella anche il sistema di accoglienza e integrazione che richiede interventi mirati, affinché questi ragazzini e ragazzine non finiscano nelle zone d’ombra dello sfruttamento, ritrovandosi in condizioni talvolta di vera e propria schiavitù, costretti a prostituirsi o a lavorare, a chiedere l’elemosina o a commettere piccole attività criminali.
L’organizzazione Save the Children Italia ha denunciato in più occasioni questo drammatico fenomeno che assume ogni anno proporzioni più vaste. Già nel rapporto del 2015 “Piccoli schiavi invisibili: le giovani vittime di tratta e sfruttamento” tracciava un quadro sconcertante della presenza sul territorio italiano di migliaia di minori trafficati e costretti a lavorare in condizioni di grave sfruttamento.
Tra questi potrebbero esserci i 6.500 minori irreperibili al 30 novembre 2016, secondo la Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Mentre, alla stessa data, risultavano presenti e censiti nel nostro Paese 17.245 minori stranieri non accompagnati. Ovvero ragazzi e ragazze che «non avendo presentato domanda di asilo, si trovano per qualsiasi causa, nel territorio dello Stato privi di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri adulti per loro legalmente responsabili» (art. 1, comma 2, d.p.c.m. n. 535/1999).
Si tratta nella stragrande maggioranza dei casi di maschi tra i 16 e i 17 anni (l’80 per cento). Provengono prevalentemente da Egitto, Gambia, Albania, Nigeria, Eritrea, Bangladesh e Afghanistan. Molti vengono avviati al lavoro in negozi, bar, ristoranti e panifici per ripagare i debiti contratti con i loro trafficanti o per inviare denaro alle famiglie, spesso senza regolari contratti o addrittura in condizioni di vero e proprio sfruttamento. Altri si arrangiano con lavori stagionali e spesso sono vittime di caporalato sia italiano che legato alle comunità di appartenenza. Altri ancora finiscono nelle reti delle criminalità, vittime e talvolta loro stessi delinquenti, “usati” per attività come lo spaccio o l’accattonaggio, piccoli furti o altre attività illecite.
Save the Children ne parla come di un fenomeno «persistente e feroce. Stiamo constatando con maggiore frequenza nei minori non accompagnati che incontriamo nei porti di sbarco, molti ragazzi, anche piccoli, di 11, 12, 13 anni, con evidenti segni di malnutrizione, percosse e gravi e ferite. In particolare, le ragazze nigeriane sono il gruppo maggiormente coinvolto nella tratta, mentre gli adolescenti egiziani sono tra i più esposti allo sfruttamento lavorativo». Il loro numero, tra coloro che sbarcano, continua a essere molto significativo Le loro famiglie, in Egitto, si sono spesso indebitate con i trafficanti (tra i due e i cinquemila euro) per far viaggiare i figli che, una volta giunti a destinazione, sono costretti ad accettare condizioni lavorative molto pesanti e discriminatorie. In diversi casi, la guida dei gommoni su cui i trafficanti ammassano decine di immigrati è stata affidata a minori egiziani provenienti da villaggi di pescatori. In questo modo, per i ragazzi il viaggio è gratuito; per i trafficanti il rischio di essere catturati si annulla; per tutti gli altri la sicurezza diventa un mero optional.
Una situazione simile riguarda molti minori afghani non accompagnati, che compiono lunghi e pericolosi viaggi attraversando Pakistan, Iran, Turchia e Grecia, per poi dirigersi lungo la rotta balcanica verso l’Italia o il Nord Europa. Anche nel loro caso, il viaggio viene “facilitato” da trafficanti e passeur che arrivano a chiedere anche cinque mila euro. Per ripagare tali debiti, spesso questi ragazzi si fermano per qualche tempo a lavorare in Turchia o Grecia, in condizioni di sfruttamento, violenze e abusi.
Infine, i minori eritrei. Molti usano l’Italia come Paese di transito verso Svizzera, Germania, Norvegia e Svezia. Si tratta in gran parte di ragazzi di 16-17 anni ma è in crescita il numero di ragazze. Come le migliaia di loro connazionali adulti, fuggono da un Paese, l’Eritrea, che è una prigione a cielo aperto, dove rischiano di essere arruolati a vita per il servizio militare obbligatorio. In media, le loro famiglie pagano circa seimila euro per la tratta che conduce alla Libia o all’Egitto, passando per il Sudan. Poi si imbarcano sui gommoni. Molti di loro raccontano di violenze e percosse da parte dei trafficanti. Altri hanno sperimentato le terribili prigioni dell’Egitto o della Libia; altri ancora sono stati costretti ai lavori forzati per pagarsi la tratta successiva del viaggio. Anche durante il loro passaggio in Italia, sono spesso controllati da loro connazionali che chiedono altri soldi per permettere loro di raggiungere la destinazione finale. Nel caso delle ragazze, spesso sono vittime di violenza e abusi sessuali.
È quello che succede anche a donne e ragazze nigeriane. Nel 2015 ne sono sbarcate 5.600, molte delle quali minorenni (nello stesso periodo del 2014 erano poco più di mille). Nel 2016, hanno superato le 6 mila unità. «L’80 per cento di queste ragazze stimiamo che sia vittima di tratta», sostiene Federico Soda, direttore generale dell’Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). Quasi tutte arrivano con la promessa di un lavoro ben pagato, come cameriera o parrucchiera, ballerina o cantante, ma anche come semplice donna delle pulizie o badante. Tutte o quasi si ritrovano su una strada o in appartamenti e locali, costrette a prostituirsi in condizioni spesso molto coercitive e violente. Non sono le sole. Si stima che in Italia circa 2.500 minori, in gran parte stranieri, siano sfruttati nella prostituzione di strada.
Il fenomeno della tratta di minori coinvolge anche molte ragazzine dell’Europa Est: hanno tra i 16 e i 17 anni e provengono, in genere, da contesti familiari degradati e violenti e da situazioni pesanti di povertà e marginalità. Arrivano in Italia prevalentemente da Romania, Albania, Bulgaria e Moldavia, attratte da conoscenti o giovani uomini, sedicenti boyfriend, che poi le violentano e le fanno violentare dai loro “amici”. O le portano in Italia con la promessa di un lavoro per poi obbligarle a prostituirsi, in strada o sempre più spesso al chiuso, in appartamenti o night club, in condizioni di vera e propria segregazione.
Dall’Est, e soprattutto dalla Romania, vengono portate in Italia anche adolescenti di origine rom per essere sfruttate in attività criminali come borseggi e furti in appartamento. Uno sfruttamento spesso collegato al matrimonio precoce forzato, dopo il quale vengono obbligate a compiere attività illegali per restituire ai suoceri il debito contratto per il loro “acquisto”, che può variare dai 5 ai 50 mila euro. In modo simile, anche molte giovani italiane di origine rom vengono sfruttate per l’accattonaggio o attività illegali.
«Poiché si tratta di un fenomeno complesso – insiste Papa Francesco – la questione dei migranti minorenni va affrontata alla radice. Guerre, violazioni dei diritti umani, corruzione, povertà, squilibri e disastri ambientali fanno parte delle cause del problema. I bambini sono i primi a soffrirne, subendo a volte torture e violenze corporali, che si accompagnano a quelle morali e psichiche, lasciando in essi dei segni quasi sempre indelebili».
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Il Pime e i migranti
Anche il Pime è impegnato direttamente, sia nei Paesi di origine – in Asia, Africa e America Latina – nel prevenire i fenomeni di tratta e sfruttamento, sia in Italia nell’accoglienza dei migranti in diverse case sparse per il Paese. Ma è in prima linea anche nel promuovere una cultura di apertura all’altro e di integrazione. Per questo, promuove due importanti eventi, per continuare a riflettere e ad agire con rispetto e consapevolezza.
Il primo è programmato per martedì 24 gennaio, ore 21, presso il Centro Pime di Milano, in occasione della Giornata della Memoria della Shoah, organizzata in collaborazione con Gariwo, la Foresta dei Giusti. Quest’anno lo sguardo si allarga al dramma di migliaia di profughi, che hanno perso la vita o che subiscono terribili violenze e torture, fuggendo da Paesi in guerra, regimi liberticidi o da condizioni di miseria estrema. Insieme a Gabriele Nissim, presidente di Gariwo, interverranno padre Mussie Zerai, prete eritreo, presidente dell’associazione “Habeshia”, candidato al Nobel per la Pace nel 2015, e Regina Catrambone, fondatrice di MOAS, organizzazione internazionale di ricerca e soccorso in mare
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L’8 febbraio, invece, in occasione della Giornata mondiale contro la tratta di persone anche il Centro Pime di Milano, con Caritas ambrosiana e Mani Tese, organizza un convegno sul tema: “Migrazioni e tratta di esseri umani”.
Il convegno è accreditato presso l’Ordine dei giornalisti e degli assistenti sociali. È stato richiesto l’accredito per insegnanti. Nel pomeriggio, laboratori tematici per insegnanti.
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